La Nuova Sardegna

Cammariere: «Quelle notti d’estate nella Valle della luna»

di Andrea Musio
Cammariere: «Quelle notti d’estate nella Valle della luna»

Il cantante ricorda gli esordi della sua carriera a Santa Teresa e a Porto Cervo Il live del 24 agosto tra gli appuntamenti più attesi di “Musica sulle Bocche” 

22 agosto 2018
3 MINUTI DI LETTURA





SANTA TERESA. Spazio anche alla musica d’autore nel fitto programma della diciottesima edizione del festival Musica sulle Bocche. Sergio Cammariere sarà la punta di diamante il 24 agosto per la seconda giornata dela rassegna musicale allestita da Jana Project. A partire dalle 21, il cantautore crotonese sarà sul palco di piazza Santa Lucia insieme ad una formazione jazz composta da Daniele Tittarelli al sassofono, Luca Bulgarelli al contrabbasso, Amedeo Ariano alla batteria e Bruno Marcozzi alle percussioni.

«Non vedo l’ora di tornare in Sardegna – racconta Cammariere – ma ancora di più a Santa Teresa. Sono un po’ gallurese dentro. La mia carriera nella vostra terra, è iniziata nel 1979. Suonavo in Costa Smeralda, al Barracuda a Baia Sardinia e poi per il Consorzio Costa Smeralda per tanti anni. Ho trascorso intere stagioni in Valle della Luna. Nelle pause tra i concerti ci andavo per stare come stesso. Lì potevo abbracciare me stesso e la natura, sentirmi parte integra attraverso i suoni e i colori di quella natura incontaminata. A Santa Teresa per me è come tornare a casa. Quella zona è una fonte di ispirazione ma non solo. I ginepri, la macchia mediterranea e il granito, sono una fonte energetica. Quando vado alla tomba dei giganti mi viene da abbracciare le pietre e sento un’energia arcaica che arriva dalla terra. Chi è sensibile e sensitivo come me, adora la Sardegna. Un posto incontaminato, ma purtroppo abbandonato, così come tutto il Sud Italia».

Ce l’ha con l’Italia di oggi?

«Da musicista non posso che indignarmi: preferisco pace e amore all’odio e alla discriminazione etnica. La musica è un linguaggio universale, per il razzismo non c’è posto. I musicisti hanno una necessità viscerale di contaminarsi, come faccio io, ma come fanno anche Enzo Favata o Paolo Fresu.Lo dimostra anche la presenza costante nel nostro Paese di musicisti stranieri. E’ il caso di Trilok Gurtu che al festival “Musica sulle Bocche” suonerà con Favata. Abbiamo bisogno delle anime di altri musicisti per completarci. Il mio concerto vuole offrire speranza, due ore in cui si ha la possibilità di aprire le corde della sensibilità, un canale di percezione diversa».

Cosa pensa delle nuove tendenze musicali?

«Nei primi dieci posti in classifica ci sono solo rapper. Io sono diventato una sorta di missionario. Faccio pochi concerti e mirati. A Santa Teresa ho voluto tornare io».

Quindi ci sarà una scaletta speciale?

«Il tour si chiama “Io”, come il disco di qualche anno fa, ma in realtà è una sorta di riepilogo di tutto il mio percorso musicale. Mi accompagna una band affiatata con cui suono da oltre vent’anni. Non si sa cosa succederà durante il concerto, perché non abbiamo una scaletta definita. Quando saliamo sul palco è come se le canzoni uscissero dal cilindro. Dipende molto dalla serata, dall’ambiente e da quello che vuole il pubblico, nel vero senso della parla. A un certo punto del concerto io mi alzo e chiedo direttamente al pubblico cosa vuole sentire. Siamo improvvisatori e jazzisti nell’anima, contrari alle scalette. Anche le canzoni vecchie vengono vestite in modo nuovo e immediato. Sul palcoscenico per noi è un inseguirsi di note, un interplay tra di noi. Per me è una gioia condividere la musica in un posto magico come la Sardegna».

Musicisti sardi che lei ama?

«L’isola è una terra di grandi musicisti. Come Paolo Fresu, che mi ha preso nell’anima; dopo Rava lo considero il più grande trombettista in Italia. Ho avuto la fortuna di incontrare artisti sardi veri. Il mio ricordo andrà sempre ad Andrea Parodi, un’anima gentile. Avevamo in mente di fare qualcosa insieme, ma poi si ammalò all’improvviso. E’ il mio grande rimpianto. Ci incontrammo per il concerto “Le nuvole”, dedicato a Fabrizio De André all’anfiteatro romano di Cagliari. Andrea anima incredibile. Ancora poi ci sono dei canti sardi che porto nel cuore, da “No potho reposare” ai pezzi dei Bertas. Sono un divoratore di musica. Nei canti a tenores sento dei suoni arcaici, l’essenza della musica. So che al concerto ci saranno anche i Cuncordu di Castelsardo... magari si potrebbe fare qualcosa insieme sul palco».

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative