La Nuova Sardegna

Brignano tra passato e futuro «Celebro trent’anni di risate»

di Roberto Sanna
Brignano tra passato e futuro «Celebro trent’anni di risate»

L’attore romano il 7 settembre a Sassari con lo show “Enricomincio da me” «La mia più grande soddisfazione? Fare felice chi viene ai miei spettacoli»

31 agosto 2018
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Trent’anni di carriera festeggiati in modo speciale. Anche perché Enrico Brignano da poco ha anche superato un altro traguardo, quello dei cinquant’anni (è nato a Roma nel 1966) e il modo giusto per celebrare il doppio anniversario non poteva che essere un tour che lo porterà in Sardegna il 7 settembre a Sassari al PalaSerradimigni e il giorno successivo a Cagliari all’Arena Fiera. “Enricomincio da Me Unplugged” è il titolo dello show, scritto insieme a Mario Scaletta, Riccardo Cassini, Manuela D’Angelo, Massimiliano Giovanetti e Luciano Federico, che regala al pubblico il meglio di un attore capace di farsi apprezzare in mille sfaccettature: “Scherzi a parte”, “Un medico in famiglia”, “Zelig”, “Le Iene”, “Rugantino”, “South Kensington” sono solo alcune delle tappe tra televisione, teatro e cinema.

Lo spettacolo fa il punto su oltre trent’anni di carriera: sente di essere arrivato dove sognava?

«Credo non si arrivi mai, si sposta sempre l’asticella un po’ più in alto. È il motore che smuove la carriera, la voglia di fare, il desiderio di cimentarsi in cose sempre nuove e diverse. Senza dubbio, ho avuto più di quanto osassi sperare e sognare e di questo ringrazio sempre il cielo».

Ha cominciato dopo il servizio militare, oggi forse si direbbe tardi: c’è un’età giusta per cominciare a fare l’attore?

«A dire la verità, credo che attore ci si nasca. Io ho cominciato a studiare a ventun anni questo mestiere, ma la mia natura si era espressa già prima. Non penso ci sia una regola: fare l’attore è un percorso personale, un’esigenza interiore prima che un desiderio esteriore. E ognuno ha la sua strada da seguire, che può palesarsi in tempi diversi».

Tra gli incontri decisivi per la sua formazione c’è stato quello con Gigi Proietti: che cosa ricorda di quegli anni?

«Tanto entusiasmo. E la paura di non essere all’altezza, che però invece di intimorirmi mi stimolava a fare sempre di più. Sono stati anni di duro lavoro, ma anche di spensieratezza, di grandi amicizie che mi porto ancora dietro, di “epifanie” non nel senso di befane ma proprio intese come rivelazioni… ho scoperto che alcune cose che sentivo potevano seguire delle regole, che se ne potevano imparare delle nuove e che stare su un palcoscenico era la cosa più figa del mondo».

Ha fatto cinema, televisione e soprattutto teatro ed è proprio quest’ultimo il palcoscenico che preferisce: come mai?

«Innanzitutto perché io sono uno che ama avere tutto sotto controllo e, su un palcoscenico, quello che accade dipende da me, almeno per quanto riguarda la recitazione. Non ho il filtro di una telecamera, tutto arriva in modo immediato. Ad esempio, la carica di un applauso fragoroso o di una risata ti può avvolgere e accompagnare a casa per ore. E’ una sensazione bellissima che non puoi ritrovare da nessuna parte».

In questi anni ha mai avuto paura di non farcela?

«Ma certo! Sono un essere umano e, come tutti, non ho verità e certezze in tasca. E poi, bisognerebbe anche fermarsi a chiedersi cosa significhi “farcela”. La mia paura più grande è di deludere il mio pubblico, fare uno spettacolo che non piaccia. Che poi si ripercuoterebbe anche sulla mia carriera, d’accordo. Ma le assicuro che, a costo di sembrare ipocrita, sentirmi dire come è accaduto, “grazie, ogni volta che la vedo mi porta tanta gioia” è una priorità, una soddisfazione. Una cosa che mi riempie d’orgoglio e mi fa sentire una specie di “supereroe”, al di là degli incassi e del successo».

Una cosa che non rifarebbe più?

«In generale, non mi piace avere rimorsi. Se l’ho fatta, evidentemente in quel momento mi sembrava la cosa giusta e, se non si è rivelata tale, mi ha insegnato qualcosa».

Quando invece ha vissuto i primi momenti felici?

«In primo luogo, aver avuto la possibilità di lavorare accanto a grandi nomi dello spettacolo è stato emozionante e istruttivo. Oltre a Gigi Proietti, il mio maestro, ho avuto la fortuna di recitare con Lino Banfi, con Giorgio Albertazzi, con Vittorio Gassman, Riccardo Garrone, Tullio Solenghi e altri grandi attori, che ho osservato con riverenza e curiosità. Mentre in un angolo della mia mente pensavo: “ma io li guardavo al cinema! E adesso sono qui!”. E mi sentivo la persona più fortunata del pianeta».

Che cosa direbbe a un giovane che vuole intraprendere la carriera di attore comico?

«Di prepararsi a molte delusioni, a tante porte chiuse. Di chiedersi se è davvero questa la strada che vuole intraprendere, perché è irta di difficoltà e, come diceva una canzone, “uno su mille ce la fa”. Se, malgrado queste parole di sconforto è ancora deciso, allora significa che potrebbe essere davvero la strada per lui. E allora, caro mio aspirante attore comico, rimboccati le maniche, sgobba, fai tanta gavetta e vedrai che verrai ripagato della tua abnegazione. Certo, non è un’equazione matematica perché c’è una variabile che nessuno purtroppo può insegnare e di questi tempi sottovaluta: il talento. E dunque: io spero di vederti presto. Buona fortuna!».



La Sanità malata

Il buco nero dei medici di famiglia: in Sardegna ci sono 544 sedi vacanti

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative