La Nuova Sardegna

Masu: «La mia voce salverà il catalano»

Masu: «La mia voce salverà il catalano»

Anno d’oro per la cantante algherese Franca Masu che oltre il successo raccolto sui palchi internazionali e le collaborazioni con grandi interpreti della musica è stata insignita recentemente dal...

03 settembre 2018
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Anno d’oro per la cantante algherese Franca Masu che oltre il successo raccolto sui palchi internazionali e le collaborazioni con grandi interpreti della musica è stata insignita recentemente dal governo catalano del “Creus de Sant Jordi” l’alta onorificenza che dal 1981 l’esecutivo di Barcellona assegna a chi si distingue nella difesa dell’identità catalana. A Franca Masu in particolare il governo riconosce il lavoro svolto «per la difesa della lingua catalana di Alghero» e per aver guidato «la rinascita della canzone catalana in Sardegna e consolidato l’uso del catalano come linguaggio di espressione artistica». Non solo, nelle motivazioni del premio il governo la elegge «una delle cantanti più talentuose del Mediterraneo».

Il riconoscimento suggella vent’anni di carriera in cui Masu ha esplorato generi musicali differenti attraverso una produzione artistica aperta a sonorità spesso diverse tra loro. Autrice, interprete e performer di grande carisma si è cimentata con il jazz, (suo primo amore) con il canto in lingua sarda, il fado portoghese e la canzone napoletana. Ma Franca Masu resta sempre e sopratutto per il suo pubblico: la voce di Alghero. Interprete dei sogni, delle gioie e delle inquietudini di chi vive davanti al mare la cantante nel 2003 compie una virata coraggiosa nella sua vita privata e nella sua carriera decidendo di lasciare l’insegnamento e di cantare le sue storie nella lingua catalana di Alghero, quella delle radici. «Ci sono dei bivi che bisogna affrontare - dichiara Masu - fare contemporaneamente l’insegnante e l’artista era complicato, immaginate di stare sul palco per un concerto sino a notte fonda e poi alzarvi presto per andare a scuola. Così scelsi la musica e il catalano. In tanti mi sconsigliarono all’epoca di cantare nella lingua di Alghero dicendomi che rischiavo di chiudermi in un repertorio di nicchia, ma quasi subito mi accorsi di aver preso la giusta direzione. Il mio legame con l’algherese mi aveva regalato un’idea vincente perché nel panorama della musica mediterranea tra i tanti artisti era facile riconoscermi».

Come ricorda quel primo periodo?

«Pieno di energia ma anche di dubbi e intuizioni. In un’intervista mi chiesero quale fosse la mia aspirazione e risposi d’impulso: diventare la voce di Alghero, sì perché questa città ha un suono solo suo e io volevo provare ad essere lo strumento attraverso cui farla parlare, cantare, raccontare le sue storie antiche. Volevo dare il mio contributo, aiutare il catalano di Alghero a sopravvivere. All’inizio pensavo che il mio lavoro potesse vivere solo all’ombra dei bastioni di Alghero ma un giorno Rafael Caria mi disse “vola alto canta per tutti i catalani”. L’ho fatto e sono davvero molto felice di aver seguito questo consiglio».

Grazie al suo lavoro il Catalano di Alghero ora non rischia più l’oblio?

«Pur orgogliosa di quanto ho fatto finora sono costretta a dire che l’algherese sembra desinato a morire purtroppo, i giovani non lo parlano più, almeno due generazioni ormai non praticano questa lingua. Io sono a disposizione: usatemi, sono disposta a dare il mio contributo ma per far vivere l’algherese bisogna essere uniti in un progetto concreto e fare tanto ancora».

Cosa ha significato per lei vincere la Creu de Sant Jordi?

«Sorpresa ed emozione indescrivibili e l’occasione di guardarsi indietro e rivedere il cammino di vent’anni di ricerca, di studio, di creatività e di musica. Un cammino fatto di scelte, una su tutte quella di utilizzare il catalano di Alghero come mezzo per esprimermi. Dal carcere di Lledoners ho ricevuto una lettera toccante dal presidente del “Omnium cultural” Jordi Ciuxart “La tua passione per la lingua è un grande atto d’amore - mi scrive - verso coloro che la parlano e questo impegno ci rende uniti e pieni di speranza”. Queste manifestazioni di sostegno sono arrivate in un momento in cui avevo bisogno di nuovi stimoli, mi hanno dato una sferzata di energia che utilizzerò per fare cose nuove».

Ci può fare qualche anticipazione?

«Sono stata invitata a partecipare ai più importanti festival letterari e di poesia catalani. Tuttavia non voglio diventare un fenomeno linguistico politicizzato. Io sono algherese si ma anche italiana e sarda, ho occhi che guardano verso il mare e radici piantate nella mia terra perché avere una madre barbaricina credo sia un doppio canale per interpretare la vita e l’arte».

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