La Nuova Sardegna

Martone al Lido con “Capri Revolution”

di Francesco Gallo

La pellicola chiude «al femminile» la trilogia sull’italia del regista napoletano 

07 settembre 2018
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VENEZIA. «Con “Capri Revolution” si chiude la mia trilogia con una donna che vediamo di spalle e che guarda verso un futuro ignoto. Gli altri due film, “Noi credevamo” e “Il giovane favoloso” avevano figure potentemente maschili, ma questa volta si chiude, non a caso, al femminile. Siamo in viaggio, questo il senso vero di questi tre film si va verso qualcosa senza pensare di trovare delle soluzioni». Così ieri al Lido Mario Martone parla del suo film passato in concorso alla 75/ma Mostra del cinema e che sarà in sala dal 13 dicembre.

E ancora il regista napoletano: «C’è un filo, nella mia trilogia: i protagonisti sono sempre ribelli e sono giovani. È un modo questo per raccontare un’Italia non doma ed è anche un modo di rapportarsi con il mondo di cui l’isola di Capri è solo una metafora. Il confronto nell’isola è inevitabile in un tempo come oggi in cui ci sono tanto odio e paura a fare da collante».

Il film ci porta a Capri nel 1914, a ridosso della prima guerra mondiale. Qui, in quest’isola dove il mito sembra essere di casa, troviamo una comune di giovani nordeuropei proto-hippie guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) pittore-mistico alle prese con una terapia di danza salvifica che ricorda tanto i quadri di Matisse. Ma a Capri vive anche l’Italia rurale di Lucia, giovane capraia (Marianna Fontana, una delle gemelle di Indivisibili) piena di curiosità, e quella positivista, lontana da ogni fantasia, del giovane medico del paese (Antonio Folletto).

L'idea del film spiega il regista nasce «quando ho visto le opere del pittore Karl Wilhelm Diefenbach e ho scoperto che la sua comune, omeopata, vegetariana e anti-militarista anticipava esperienze degli anni Sessanta. Poi con un cortocircuito sono passato all’artista Joseph Beuys e alla sua opera Capri-Batterie. L’arte – ci tiene a dire Martone – non è una questione solo estetica, attraverso di lei ci si mette in relazione con le persone anche in senso politico».

Sulla figura femminile della protagonista Lucia rivela:« Il finale del film è legato al personaggio di Lucia, alla sua parabola esistenziale e al fatto che lentamente supera tutti i modelli maschili che attraversa».

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