La Nuova Sardegna

Viaggio nel tempo con i re della disco

di Stefano Ambu
Viaggio nel tempo con i re della disco

Una discoteca in un Conservatorio dove di solito si suonano Brahms o Chopin. Con cinquantenni e anche qualcosa in più che, alla seconda canzone, trascinati dai Gibson Brothers, quelli che nel 1979...

08 settembre 2018
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Una discoteca in un Conservatorio dove di solito si suonano Brahms o Chopin. Con cinquantenni e anche qualcosa in più che, alla seconda canzone, trascinati dai Gibson Brothers, quelli che nel 1979 riempivano piste e prime radio libere con Cuba, si arrampicano, salgono sul palco e ballano più dei cantanti. A spegnere il fuoco della passione (per la danza) ci pensano, in maniera molto cortese, i pompieri: tutti a terra perché siamo nel 2018 e non negli anni Settanta. E ci sono regolamenti e normative sulla sicurezza da rispettare. Ma festa doveva essere e festa è stata, giovedì sera a Cagliari. Anche giù dal palcoscenico gli scatenati hanno continuato a scatenarsi in prima fila conquistando baci, strette di mano e “cinque” dagli eroi visti solo nelle copertine dei 45 giri di una volta. O, al massimo, a Discoring. Sì, perché i biglietti assegnavano posto e fila. Ma in pratica a sedere, dopo la prima canzone, non è rimasto più nessuno. Lo spirito della disco music in una serata: la Disco music stars celebration. In scena, insieme ai Gibson Brothers, anche George McCrae, Leroy Gomez e i Boney M, in formazione rimaneggiata perché sono passati quarant'anni, qualcuno ha mollato e qualcun altro, vedi il mitico cantante Bobby Farrell con la voce profonda, non c'è più.

Il pubblico? Diciamo (per essere buoni) dai quaranta in su. Con qualche eccezione: ci sono anche dei bambini (forse portati dalla nonna) e delle ragazze tra i venti e i trenta che in decima fila ballano come se fossero allo Studio 54 di Manhattan. Musica fine anni Settanta. E allora era un po' così: c'era chi ascoltava i cantautori e chi tifava per il punk. Ma era la minoranza. La maggioranza andava in discoteca. E ascoltava le hit e i tormentoni dalle prime radio libere. All'inizio sembra un po' il Festivalbar: luci colorate, ci sono i bravi presentatori e la classica madrina. Che tra l'altro è Haiducii, una che nel 2004 ha fatto sentire la sua voce in tutto il mondo con Dragostea. Si comincia con i Gibson Brothers. Loro non sono più i ragazzini che, come dicevano loro, volevano ballare la salsa. Hanno perso chiome e riccioli. Ma hanno energia e presa giusti. A partire dall'abbigliamento: tutto un programma le giacche luccicanti rosse e azzurre. Si inizia con un pezzo che forse in Italia conoscono in pochi. E tutti agitano le manine senza alzarsi dalle sedie. Guardandosi come a chiedersi imbarazzati: ma potremo fare solo questo? E invece arriva Cuba e scoppia il finimondo. Impossibile fermare chi vuole divertirsi. Il cantante tira sul palco con la mano una spettatrice, poi un'altra e un'altra ancora. E alla fine il pubblico balla insieme al gruppo. Tutti cantano e si divertono da matti come alla festa delle elementari, delle medie o del liceo. Forse anche dei primi anni di Università. È fine estate, ma sembra il carnevale di Rio. “Clap your hands”. E il pubblico obbedisce. Cuba sembra non finire mai: è una versione da super remix di circa dieci minuti. Poi l'invito a scendere. Ma ormai il ghiaccio è rotto.

Si continua con la cover di Reach out, classicone della Motown, poi le altre hit. Apoteosi. Spazio poi a George McCrae, un omone di 74 anni che in Italia e nel mondo ha piazzato un successo come Rock your baby, anno 1974. E naturalmente è quello il pezzo più acclamato. Poi arriva Leroy Gomez, vestito di bianco dalla giacca alle scarpe. Ai tempi di una delle canzoni simbolo di quel periodo, Don't let me be misunderstood, aveva cappelli ricci e barbetta. Ha cambiato look. Ma in effetti sembra giovane anche ora. E coinvolge il pubblico. Il boato, naturalmente, è per il successone in chiave gitana-disco dei Santa Esmeralda, quasi l'emblema di un'epoca. In mezzo sistema anche un “lento”. E una coppia sulla cinquantina se lo balla. Stretti stretti. E poi loro, i Boney M, un'infinità di hit, oltre cento milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Euro disco: la produzione era tedesca anche se loro arrivavano dai Caraibi. Daddy Cool (a quei tempi si scherzava molto sul titolo di questo pezzo), Ma Baker e Rasputin sino a Rivers of Babylon: impossibile non conoscere quelle melodie piene di ritmo che venivano sparate nelle trasmissioni con dediche alla radio, nei luna park. E naturalmente in discoteca. Bravi loro, anche adesso. E naturalmente è tutto un selfie. Gran finale con i protagonisti sul palco sulle note di We are family, delle Sister Sledge, discomusic americana prodotta da Nile Rodgers degli Chic. Tutti contenti.

E si torna a casa facendo le ore piccole: per una volta a tirare sino a tardi sono le mamme e le nonne. Per raccontare a figli e nipoti la mattina dopo chi erano i Bee Gees e John Travolta. E quanto si sono divertite con Gibson Brothers, Leroy Gomez, George McCrae e Boney M.

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