La Nuova Sardegna

Un Leone d’Oro targato Netflix

di Francesco Gallo
Un Leone d’Oro targato Netflix

Premiato all’unanimità (e come da pronostico) “Roma” di Alfonso Cuaron, l’Italia resta a mani vuote

09 settembre 2018
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VENEZIA. “Il favorito, la favorita, i pistoleri e l'inattesa”. Non è un titolo di un film di Sergio Leone, ma una perfetta sintesi del palmares di questa 75/a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia declinata al femminile. Intanto il favorito, ovvero Alfonso Cuaron che si porta a casa il meritato Leone d'oro (attenzione, il primo prodotto da Netflix) per “Roma”, con un amarcord tutto al femminile e al di là da ogni sospetto per l'amicizia con il connazionale presidente di giuria Guillermo Del Toro. «La decisione è stata all'unanimità per tutta la giuria, nove voti a zero» ha dichiarato Del Toro, a chi gli chiedeva se fosse stato in qualche modo influenzato dal suo legame di amicizia con Cuaron. Quanto alle voci secondo cui sul Leone d'Oro non avrebbe votato, ha precisato: «Io ho votato, come professionista e adulto senza problemi, il mio voto ha avuto lo stesso peso degli altri giurati».

C'è poi “La favorita”, ovvero il film di Yorgos Lanthimos che vince il Gran Premio della Giuria e la Coppa Volpi andata ad Olivia Colman, sgarrupata regina Anna d'Inghilterra che, a inizi '700, cerca affetto da due perfide: Sarah Churchill, Duchessa di Marlborough (Rachel Weisz) e la rampante Abigail (Emma Stone). Rompono il quadro rosa “The sisters brothers”, rilettura ironica del western in salsa francese a firma di Jacques Audiard, che vince il Leone d'argento per la regia, terzo premio in ordine d'importanza, con un noir in cui i due fratelli killer (Joaquin Phoenix e John C. Reilly) hanno sentimenti, si lavano i denti e conoscono sicuramente la fratellanza. Torna il femminile, e alla grande, con l'inatteso Premio speciale della Giuria alla regista australiana Jennifer Kent e il suo “The nightingale”, unica regista in corsa tra venti cineasti per il Leone d'oro e non senza polemiche, nessuno si aspettava potesse vincere qualcosa. Stroncata dalla critica italiana e non troppo amata neppure da quella straniera, a fine proiezione stampa ha incassato molti “buuu” e anche un brutto insulto da parte di un giovane blogger con accredito stampa (che poi gli è stato ritirato dal festival), che urlando un «vergogna, puttana» ha avuto un certo eco sulla stampa e non avrà mancato di sensibilizzare la giuria rispetto al pregiudizio verso il mondo femminile in un ensemble a maggioranza rosa (5 su 9). Non solo: il film, pieno di violenza splatter, che racconta un vendetta al femminile, ottiene, proprio come “La favorita”, un altro premio, il Marcello Mastroianni per un attore emergente, all'aborigeno Baykali Ganambarr. I pistoleri tornano con i fratelli Coen, che si portano a casa, ancora con una produzione Netflix, il premio per la migliore sceneggiatura con “The ballad of Buster Scruggs”, con cui hanno proposto al Lido un'antologia degli archetipi western in sei episodi. Arriva poi la meritata Coppa Volpi maschile assegnata a Willem Dafoe per la sua interpretazione di un credibile Van Gogh nel film di Schnabel “At eternity's gate”.

E agli italiani? Niente. La giuria presieduta da Guillermo del Toro, con il giurato italiano Paolo Genovese, non è stata conquistata né da “Capri-revolution” di Mario Martone, né da Suspiria di Luca Guadagnino, né dal documentario bianco e nero “What you gonna do when the world's on fire?” di Roberto Minervini. Ma un premio all'Italia però c'è stato a Venezia Classici, quello per miglior film restaurato per “La notte di San Lorenzo” di Paolo e Vittorio Taviani, e realizzato in collaborazione fra Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale e Istituto Luce-Cinecittà. E “Gli anni di Sara Fgaier” ha ottenuto il Venice Short Film Nomination per gli Efa.



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