La Nuova Sardegna

Gianni Morandi: «Il set a Carloforte mio figlio e il trap»

Gianni Morandi: «Il set a Carloforte mio figlio e il trap»

Ha alle spalle ben sessant’anni di carriera, ma continua ad andare a cento all’ora: concerti, fiction, programmi in tivù, cinema e persino maratone

13 settembre 2018
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Ha alle spalle ben sessant’anni di carriera, ma continua ad andare a cento all’ora: concerti, fiction, programmi in tivù, cinema e persino maratone (l’ultima è stata quella di Boston). Gianni Morandi, uomo bionico della musica italiana, è fatto così. Corporatura da atleta, neanche un capello bianco, sorriso buono per lo spot di un dentifricio, l’unica cosa che tradisce la sua età è semmai qualche rughetta. Inconveniente più che normale quando sei della classe 1944, giri in tournée per tutta l’Italia e hai inciso una quantità di dischi, tra 45 giri e long-playing, compact-disc e raccolte varie, di cui ormai nessuno tiene più il conto. Tutti successi, comunque. Dal singolo «Fatti mandare dalla mamma», hit del 1963, ai recentissimi singoli “Una vita che ti sogno” e “Ultraleggero”.

Stanco? Macché. Anzi, dopo aver passato buona parte dell’estate a Carloforte per girare la seconda serie della fiction “L’isola di Pietro”, che andrà in onda a ottobre su Canale 5, sabato 22 settembre ritornerà su quella stessa isola per regalare un live a chi lo ha accolto a braccia aperte. Un po’ come aveva fatto l’anno scorso accompagnato dalla sua sola chitarra. «Soltanto che stavolta – precisa – saranno con me anche dieci musicisti». Un concerto vero. «A Carloforte – aggiunge – le giornate sono sempre splendide, si è creato un rapporto speciale con i cittadini e mi è parso naturale cantare in un concerto insieme a loro. Qui in Sardegna l’accoglienza è molto calorosa». Iniziate ai primi di giugno con una sosta agostana, le riprese sono ricominciate lunedì scorso e termineranno il 5 ottobre.

Morandi, parla ancora come un emiliano o ormai ha già preso l’accento inconfondibile di Carloforte?

«In effetti sto cercando d’imparare il tabarchino, la lingua che si parla sull’isola di San Pietro: un misto tra il ligure, il sardo e altro ancora. Sicuramente un idioma molto particolare: invece di dire ajo qui dicono annemu».

A giudicare da ciò che pubblica sui social si direbbe che lei nel sud-ovest della Sardegna si senta davvero a casa.

«Beh... sono due anni ormai che frequento questa zona e mi piace pubblicare sui social le scene di vita quotidiana. Tra le ultime foto su Instagram ce n’è una dedicata a una signora che vedo sempre la mattina appena esco di casa, e un’altra con gli auguri a Elisabetta Canalis per i suoi quarant’anni compiuti proprio oggi (ieri per chi legge - ndr)».

Giusto, quest’anno i telespettatori vedranno anche Lorella Cuccarini ed Elisabetta Canalis: come si è trovato a lavorare con loro sul set?

«Benissimo con tutte e due. Poi con Elisabetta siamo davvero molto amici, abbiamo persino condotto insieme due festival di Sanremo. Lei è sarda e si vede che ci tiene molto a questa parte».

Esattamente che ruolo interpreta?

«È la moglie di un facoltoso imprenditore e ha dei trascorsi non molto chiari. Ma non aggiungo altro perché si tratta sempre di un giallo».

Parliamo di musica. Suo figlio – che guarda caso si chiama Pietro – ha 21 anni e ha esordito a giugno con un pezzo trap, “Pizza e fichi”. Lei come l’ha presa questa scelta?

«Ha fatto tutto da solo, non ha voluto che intervenissi e per me è stata una sorpresa totale. Non sapevo niente».

Ma lei lo conosceva il genere trap?

«Sì, più o meno, me lo aveva fatto conoscere proprio lui, Pietro. Quindi quando ho visto che è uscito con questa cosa sono rimasto a bocca aperta. Tra l’altro sta avendo anche un grande riscontro».

Lei da ragazzo cantava “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”, mentre i testi trap sono roba così: “Scelgo una tipa, nessuna dice di no, me la portano in camera con una vodka”. C’è una bella differenza...

«È un brano di Sfera Ebbasta, che ha un sacco di seguaci e ammiratori. Che dire? I tempi sono diversi, è cambiato tutto, c’è stata una rivoluzione anche nel modo di vivere. Certo fa effetto, ma d’altronde sono passati cinquant’anni».

Sono gli adulti che non capiscono i nuovi generi musicali oppure certi prodotti non valgono poi tanto?

«No, anzi, io sono molto attento alle nuove tendenze sonore. Tanto è vero che quando Rovazzi mi ha chiesto di fare il video insieme a lui mi sono buttato subito divertendomi moltissimo».

Un’altra differenza è che la vostra generazione poteva contare sulla vendita dei dischi. Lei per esempio ne ha venduto la bellezza di 50 milioni di copie. Adesso come si fa a campare di musica?

«Quelli della mia generazione hanno un lunghissimo repertorio e si limitano a produrre qualche nuova canzone, ma in generale bisogna contare sui concerti».

Proprio in queste ore il parlamento europeo ha approvato la direttiva sul copyright. Anche colossi come Youtube, per esempio, dovranno pagare i diritti d’autore agli artisti.

«Mi sembra giusto, ovviamente. Mogol, nuovo presidente della Siae, è una grande personalità e anche una garanzia perché lotta da anni per il diritto d’autore. E comunque mi sembra normale che certi giganti multinazionali riconoscano le royalty, perché altrimenti muore anche la creatività. Lo dico soprattutto per i giovani».

A proposito, si ricorda «uno su mille ce la fa». Vale ancora questo calcolo nel mondo della musica?

«La Rete dà tante opportunità, vedo che ci sono molti giovani artisti che riescono a farsi notare anche senza dover necessariamente passare per “X Factor” , “Amici” e talent vari. Ci sono nuovi cantautori indipendenti che sono veramente bravi. Ne cito alcuni: Francesco Motta, Calcutta, The Giornalisti. Tutti ragazzi che hanno ricominciato a scrivere, non fanno né rap e né trap, e non escono dai talent show. Un bene, per la canzone italiana. Poi, è chiaro, uno su mille è un modo di dire: in realtà se uno ci crede, è bravo ed è determinato di solito ce la fa».

Che tipo di concerto proporrà a Carloforte?

«Quello che ho portato in tournée in tutta Italia. È uno spettacolo fatto di oltre quaranta canzoni che rappresentano la mia storia artistica. Ci sono tutti i brani che la gente si aspetta di ascoltare».

Quali sono i pezzi che proprio non può non inserire in scaletta?

«Tanti. Persino “Fatti mandare dalla mamma”, che è un pezzo da adolescenti. Ma se non la canto io la canta il pubblico spontaneamente. Poi “C’era un ragazzo”, “Scende la pioggia”, “Un mondo d’amore” e naturalmente anche le cose più recenti come “Bella signora” e così via».

Qual è il segreto per piacere a tutte le generazioni?

«Andare avanti senza cambiare mai troppo, restando nella normalità. Senza filtri, senza creare divisioni tra me e chi mi ascolta. Io mi sono sempre mostrato come un uomo qualunque che un giorno è salito su una sedia e si è messo a cantare una canzone».

Lei come fa a trovare l’ energia per fare concerti, fiction e addirittura maratone?

«Correre mi fa benissimo, anche perché per stare sul palco due ore e mezzo bisogna essere allenati. Io faccio tante cose, ma il tempo per farmi nove/dieci chilometri di corsa lo trovo sempre. Anche ora che ho finito di girare le scene andrò a farmi una bella corsetta. Scarica la tensione».

Infatti lei non si arrabbia mai, nemmeno quando la insultano sui social con fake-news politiche, come qualche giorno fa.

«No, quelli che sputano odio da dietro una tastiera non mi disturbano. Che scrivano quello che vogliono. Mentre mi infastidiscono i maleducati e le persone che sporcano o distruggono l’ambiente».
 

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