La Nuova Sardegna

«L’arma del sapere per combattere la barbarie»

di Giacomo Mameli
«L’arma del sapere per combattere la barbarie»

Antonietta Mazzette apre oggi a Lampedusa un summit di studiosi sul tema delle migrazioni

13 settembre 2018
4 MINUTI DI LETTURA





Antonietta Mazzette, che stasera a Lampedusa inaugurerà con una lectio magistralis l’ottava scuola di alta formazione in Sociologia del territorio con studenti di tutt’Italia, evoca Sergio Zavoli e la sua alta cifra di giornalista. «Stiamo rivivendo in Italia un’altra notte della Repubblica sulla pelle dei più deboli, ma possiamo parlare di una notte dell’umanità, dall’Australia agli States».

Le migrazioni, prima di tutto.

«Non solo. Il dramma migranti-barconi-Mediterraneo cimitero nostrum ci ustiona le coscienze. Ma vogliamo ricordare le 276 studentesse rapite da Boko Haram in Nigeria? I 143 miliziani massacrati in Camerun al prezzo di un solo uomo, i centomila Rohingya deportati fra Thailandia e Birmania? La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 è diventata carta straccia. È uno schiaffo alla civiltà dalla quale proveniamo. Per non sparare invano sull’Ue, è triste constatare che un organismo sovranazionale come l’Onu non riesca a far rispettare quell’articolo 1 che dice: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. I 177 della Diciotti sono uguali in dignità e diritti a Matteo Salvini o a Viktor Mihály Orbán, o a me che rilascio questa intervista in uno studio air conditionned dell’università? Sì, siamo alla notte dell’umanità».

A Lampedusa formate sociologi urbani, sociologi del territorio.

«Vogliamo ribadire i fondamentali della humanitas e della civitas, far capire che la città non è insediamento di abitazioni, crocevia di strade, di piazze o di ponti che stanno in piedi e che crollano. Terrritorio e città sono un unicum con paesi e borghi perché popolati da viventi. Città e paesi sono modi di vivere le relazioni sociali. Sono luoghi dove abitano i cives, che hanno gli stessi diritti e doveri si trovino a Hong Kong o a Philadelphia, a Erfurt in Germania o a Orune in Barbagia».

Ma oggi la legge è: prima gli italiani, prima gli ungheresi, prima gli svedesi. Non si torna all’homo homini lupus?

«Le questioni complesse – e la complessità del processo migratorio è sotto gli occhi di tutti – si affrontano con strumenti altrettanto complessi. Qualunque semplificazione genera effetti perversi. La Summer School – dove molto fa l’università di Catania – parte da una questione di fondo: quella dei diritti più elementari. Il diritto all’acqua potabile, al cibo e al riparo. Voglio aggiungere – mi sembra una priorità – il diritto di esprimere liberamente la propria opinione. Ecco perché vogliamo ripartire dai fondamentali dell’umanità».

Gli stessi diritti di sopravvivenza non riguardano tutti i viventi. Che dire quando si vedono i bambini dello Yemen o del Bangladesh morire di fame o di sete coperti da sciami di insetti?

«Il tema dei diritti cinquant’anni fa aveva una grande importanza, variava secondo i territori nazionali, l’humus culturale e valoriale a cui gli Stati si riferivano, secondo il peso delle organizzazioni politiche e sindacali erte a paladine delle parti più deboli. Ma il tema dei diritti è caduto in disgrazia, è andato di pari passo con i cambiamenti strutturali della produzione industriale e con la conseguente dispersione e frammentazione della produzione. Cambiamenti che hanno influito pesantemente sull’attuale processo migratorio: che è fenomeno complesso ma che va governato, non demonizzato con slogan sulla pacchia di chi vive in barconi come fossero navi da crociera. La pacchia è di quanti hanno stipendi milionari e viaggiano in jet di Stato. Ma queste migrazioni non le governa né il Palazzo di vetro né Palazzo Charlemagne. Restano gli egoismi nazionali».

Il tutto a Lampedusa, luogo simbolo.

«Lo scorso anno molti atenei italiani hanno esplorato Lampedusa, mettendo a fuoco luoghi, pratiche e presenze sociali; quest’anno con gli stessi atenei, con altri studenti ragioneremo più concretamente sulle soluzioni da proporre alla comunità di Lampedusa per attuare un’accoglienza sostenibile. Finora è stata Lampedusa a dare. Ora deve ricevere».

In che modo?

«La Summer School di quest’anno fa integrazione, offrirà ai partecipanti di tutti gli atenei 45 crediti formativi, ha formulato accordi con scuole dell’isola. La didattica potrà contare sulla presenza di un team di giovani architetti formati alla scuola di Renzo Piano nell’ambito dell’esperienza di rammendo delle periferie, ovvero il Team G124 promosso da Piano all’indomani della sua nomina a senatore a vita. Tale progetto vuol mettere a valore gli straordinari beni ed immobili dismessi a favore della popolazione locale dei cives in arrivo dal mare. Vogliamo promuovere un progetto di trasformazione-rigenerazione dell’Isola. Lampedusa è porta d’Europa. Si può».

In Primo Piano
La mappa

Sardegna 15esima tra le regioni per reddito imponibile, Cagliari e Sassari le città più “ricche”

Le nostre iniziative