La Nuova Sardegna

«I miei conti col passato» Le memorie di Zamboni

«I miei conti col passato» Le memorie di Zamboni

Massimo Zamboni, fondatore dei Cccp e dei Csi, torna in Sardegna oggi e ancora una volta lo fa con il suo reading-concerto “L'eco di uno sparo”, ma stavolta il luogo dove si esibirà è particolarmente...

15 settembre 2018
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Massimo Zamboni, fondatore dei Cccp e dei Csi, torna in Sardegna oggi e ancora una volta lo fa con il suo reading-concerto “L'eco di uno sparo”, ma stavolta il luogo dove si esibirà è particolarmente carico di significati: Ales, il paese natale di Antonio Gramsci, in occasione della XV edizione del festival RockXGramsci. «È bello suonare nei teatri – dice Zamboni – nei club e nei locali, ma ci sono posti in cui incroci la storia. Il paese dove è nato Antonio Gramsci è uno di questi, qui inizia una storia lunghissima, che riguarda anche me. Non solo come cittadino italiano, ma anche come emiliano». Sì, perché Zamboni fa sempre riferimento alle sue radici: quella Reggio Emilia in cui il Pci fondato da Gramsci ebbe un ruolo così importante. «In luoghi come questo non puoi raccontare frottole, ti trovi a contatto diretto con la storia e bisogna esibirsi considerando con attenzione ciò che si vuol dire e trasmettere».

Non sarà un semplice concerto, perché alla musica si accompagneranno le letture dei brani del libro “L'eco di uno sparo”. Di che cosa tratta?

«È una storia molto personale, a cui ho lavorato per quasi dieci anni, tra scrittura è ricerca d'archivio. È la storia di mio nonno, capo fascista nella provincia emiliana, ucciso da due partigiani a colpi di pistola mentre andava in bici. Io questa storia non la conoscevo, e ho voluto esplorarla per capire di più e conoscere ciò che in famiglia non si diceva. Ma la storia non finisce nel 1944, perché 17 anni dopo uno dei due partigiani uccide l'altro, nella stessa maniera: a colpi di pistola».

L’opera racconta quello che portò a quest'epilogo drammatico, ma sembra di capire che un passato irrisolto della sua famiglia – che si collega alle divisioni e agli scontri interni alle bande partigiane che segnarono il dopoguerra – serva anche a rappresentare il passato irrisolto dell'Italia e soprattutto delle regioni che vissero dal 1943 al 1945 la guerra civile.

«È così, non avrei mai scritto un libro che riguardasse solo me. In Italia non c'è mai stata una spinta vera a riflettere su quegli avvenimenti».

Ma non aver fatto i conti col proprio passato c'entra qualcosa con i timori di ritorno del fascismo, magari sotto altre forme, che si vivono in questi ultimi tempi? Oppure si tratta semplicemente di un falso allarme?

«Gli allarmi esistono proprio per metterci in guardia. La nostra libertà non è frutto di un regalo, ma è una conquista e dobbiamo stare attenti perché chi detiene il potere proverà sempre a limitarla. Certo, il non aver fatto i conti col passato è all'origine di questa situazione. In Germania c'è stato un dibattito pubblico durato decenni sul nazismo e una presa di posizione netta della società. Qua si è sempre lasciato molto spazio alla destra, pensa a tutti i cambi di casacca che ci furono subito dopo la guerra».

A proposito di conti con il passato, lei ha fatto tanto altro come solista o in altri progetti, ma i conti con il tuo passato musicale, con i Cccp e i Csi, li hai fatti?

«Ci confrontiamo sempre con quel passato. Ogni volta che facciamo qualcosa di nuovo, facciamo i conti con la nostra storia precedente. Io credo di essere in pace con ciò che ho fatto. Credo sia così anche per gli altri, ma non posso parlare per loro. Per quel che mi riguarda cerco di trarre una continua ispirazione da quella storia, facendo tesoro di tutto quello che ho vissuto».

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