La Nuova Sardegna

Blast quartet, Gavino Murgia e il jazz esplosivo

di Andrea Massidda
Blast quartet, Gavino Murgia e il jazz esplosivo

Un’esplosione di suoni concentrata in otto tracce capaci di fermare il tempo, di mandare in frantumi ogni stereotipo sul jazz e di generare gradevolissime vibrazioni. “Blast”, il primo album inciso...

22 settembre 2018
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Un’esplosione di suoni concentrata in otto tracce capaci di fermare il tempo, di mandare in frantumi ogni stereotipo sul jazz e di generare gradevolissime vibrazioni. “Blast”, il primo album inciso dal sassofonista nuorese Gavino Murgia insieme con il Blast quartet (Mauro Ottolini al trombone e alle conchiglie, Aldo Vigorito al contrabbasso e Pietro Iodice alla batteria) è una vera e propria bomba. E non lo si intuisce soltanto dal titolo del disco e dal nome del gruppo, ma dall’immediata detonazione scatenata dalle note. Il cd, fresco di stampa eppure già rodato con successo in molti concerti, conferma il talento ormai riconosciuto del musicista barbaricino, abilissimo a comporre brani, a eseguirli, ma anche a scegliere con cura i compagni di viaggio di ogni sua avventura. Cosa che ha puntualmente fatto pure per quest’ultima brillante operazione discografica, selezionando colleghi di provata esperienza, di grande duttilità, e tuttavia dotati di una personalità ben precisa. Il risultato è un’opera in cui l’unione tra il jazz, i ritmi, le melodie e le sonorità contemporanee va a creare un nuovo sound d’insieme che entusiasma e fa riscoprire in chi ascolta suoni ancestrali dimenticati.

«La musica è un mezzo espressivo potentissimo – commenta Murgia – dove il suono ha una forza incredibilmente evocativa, al punto che fa vivere un’esperienza acustica e per immagini. Poi il jazz per me è la musica di partenza – precisa –, perché ci consente, attraverso la sua grande storia e il suo ricco codice composto da ritmo, armonia e melodia, di incrociare e dialogare con le altre forme musicali». Tutte parole riscontrabili concretamente in “Blast”, come si evince già dal primo brano “Pithecanthropus erectus”, evidente omaggio al grande Charles Mingus, che proprio con questo lavoro degli anni Cinquanta si aprì stilisticamente verso le maggiori possibilità espressive offerte più avanti dal free jazz.

Tutti gli altri pezzi di “Blast”, sono invece produzioni originali di Murgia: da “Bardofulas” («è il nome in nuorese delle trottole: mio padre era un maestro del tornio e da bambino me ne costruiva di bellissime»), poi “PardulOtto” («è dedicato a Ottolini, grande amante delle pardule»), e ancora “I danzatori delle Stelle”, con un chiaro riferimento al nome con il quale nel libro “Passavamo sulla terra leggeri” lo scrittore Sergio Atzeni chiamava gli antichi sardi.

Di Gavino Murgia molto si sa, e non c’è artista anche internazionale che abbia collaborato con lui – sono tantissimi – che non dica un gran bene di questo musicista barbaricino. Uno che pur suonando in tutto il mondo ha scelto di mantenere come base Nuoro. Lì ha anche il suo studio di registrazione (il Funtana buddia studios), dove con Antonio Ferraro ha registrato questo disco, poi mixato da Carlo Miori all’Only music studios, nei pressi di Torino. Fatto sta che Gavino inizia a suonare a dodici anni il sax alto e a quindici anni si propone con vari gruppi pop e funky per poi far parte dell’Orchestra giovanile italiana di Jazz come primo sax tenore. Questa immersione nel mondo del jazz gli consente di conoscere tanti musicisti con i quali compie innumerevoli esperienze. Ma la Sardegna con le sue profonde radici musicali è costantemente presente nel suo percorso sonoro. Il canto a tenore nel ruolo di bassu, praticato già in adolescenza, e lo studio tradizionale delle launeddas si fondono nel tempo con la musica afroamericana trovando un percorso inedito e originale.

Ma tanto si potrebbe dire anche degli altri musicisti che suonano in “Blast”. «Con loro tre ci siamo conosciuti in tempi diversi – racconta Gavino Murgia –, ma ovviamente se abbiamo deciso di incidere un disco assieme la cosa non è certo casuale. Mauro Ottolini, ad esempio, è in assoluto una dei miei trombonisti preferiti e infatti per questo nuovo quartetto ho pensato immediatamente a lui. Dico di più – aggiunge –, molti dei brani che si trovano nel disco sono pensati in funzione sua, del suo modo di suonare». Particolare che si percepisce continuamente durante l’ascolto del disco. «Pietro Iodice – continua Murgia – per me rappresenta il ponte tra il drumming della tradizione e il modo di suonare la batteria più contemporaneo». Infine Aldo Vigorito, il contrabbassista, colui che con il suo strumento fa da collante all’ensemble. «È così – ammette Murgia –, il nostro è un gruppo senza strumento armonico: il suo ruolo di legare insieme tutti noi è fondamentale».

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