La Nuova Sardegna

Il medico degli organi è un artigiano di Bono

di Claudio Zoccheddu
Il medico degli organi è un artigiano di Bono

Michele Virdis restituisce l’armonia agli strumenti della musica sacra

29 settembre 2018
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Manca un tassello per completare l’opera. Il mosaico, questa volta, era particolarmente complicato perché si tratta del restauro di un edificio del XIV secolo ma soprattutto perché la chiesa di San Silvestro si trova nel “quarto di Santa Maria”, rione terremotato nel bel mezzo della zona rossa dell’Aquila. E se la chiesa è stata restaurata con l’impegno di decine tra ingegneri, architetti e restauratori esperti in Belle arti, il cuore pulsante della basilica è stato affidato alle cure di un artigiano sardo, il 40enne Michele Virdis da Bono, che ha operato sull’organo a canne che dettava ritmi e tempi della funzione sin dai primi anni ’50.

L’artigiano di Bono

Lo strumento adesso è praticamente pronto e le sue note riempiranno le tre navate e i tre absidi che attendono dal 6 aprile del 2009, il giorno in cui la terra tremò con una violenza tale da mettere in ginocchio una delle più belle città storiche d’Italia. Michele Virdis è arrivato all’Aquila dopo 20 anni di pratica nel microcosmo del restauro. La storia professionale dell’artigiano di Bono, l’unico sardo con la qualifica professionale di operatore d’organo e addetto al restauro, inizia quando decide di iscriversi alla scuola di restauro di Crema, in Lombardia: «All’epoca ancora non ero un appassionato di organi a canne, mi piaceva quel tipo di formazione che mi ha aperto le porte a un particolare tipo di falegnameria e al restauro di questo genere di strumenti. Poi è iniziato tutto». Michele si è messo in proprio e dopo aver iniziato a lavorare in Lombardia ha fatto una scelta particolare per seguire un richiamo che molti cercano di ignorare. Alcuni ci riescono, altri no. E allora l’artigiano ha fatto fagotto ed è tornato in Sardegna, nel suo paese, dove ha aperto il suo laboratorio: «Ma ho continuato a collaborare con i miei colleghi, soprattutto con un’impresa di Treviso guidata dal mio maestro Alessandro Girotto. Sono loro che hanno vinto l’appalto per il restauro dell’Aquila, oltre a tanti altri in giro per l’Europa che mi commissionano i lavori». Merito di una scelta che contraddistingue il lavoro dell’artigiano di Bono: «È la mia filosofia perché qualsiasi siano le condizioni dello strumento parto sempre dal presupposto di dover recuperare tutto. Spesso ci riesco, ma volte è proprio impossibile e allora devo arrangiarmi». Nonostante in Italia ci siano circa 35mila organi, la professione di Michele Virdis è tra quelle che rischiano di scomparire: «In Sardegna sono l’unico che è anche in grado di accordare lo strumento – spiega Michele che però ha un cruccio –, ma non lo so suonare e ogni volta che ci penso mi mangio le dita». A colmare il vuoto di esecuzione ci pensa però la modernità del “centralino elettronico”, un aggeggio che ha in memoria circa trecento sinfonie e le esegue senza che sia necessaria la presenza dell’organista: «Lo usano diversi preti anche durante le funzioni – spiega –. Lo comandano dall’altare utilizzando un normalissimo telefono cellulare di ultime generazione o un tablet e l’organo inizia a suonare». Comodo per le piccole chiese, per gli accordatori che non hanno le sinfonie nelle dita ma poco romantico. Il progresso, d’altronde, non concede spazio alla passione.

Il lavoro in Abruzzo

In questi giorni Michele è in Abruzzo, perché la chiesa di San Silvestro è stata ristrutturata e perché tra pochi giorni anche il suo lavoro verrà messo alla prova. L’artigiano di Bono è praticamente arrivato al traguardo ma non ha dimenticato la partenza, in ritardo rispetto al gruppone dei colleghi: «Perché l’organo è stato l’ultimo lavoro all’interno della chiesa. La sua mole, stiamo parlando di uno strumento con circa 1100 canne, era talmente imponente che i lavori di restauro sono iniziati prima che l’organo potesse essere smontato», racconta Michele. Lo strumento è stato coperto con un telo di nylon mentre gli addetti cercavano di cancellare i segni del sisma da una chiesa che nel 1902 è stata dichiarata monumento nazionale e che nel corso della sua lunga storia ha ospitato anche laVisitazione di Raffaello, che adesso è esposta al Prado di Madrid: «Ovviamente comanda la soprintendenza che decide tutto, dalla cronologia degli interventi alla metodologia del lavoro. Nel mio caso però non è stato troppo complicato anche se l’organo era in condizioni pessime ed era completamente abbandonato. D’altra parte si tratta di uno strumento tutto sommato recente, dato che risale agli anni 50, per quanto sia un’opera di ottima fattura e decisamente interessante agli occhi di un appassionato.

La zona rossa

«Quando è arrivato il mio turno mi sono dato da fare e soprattutto ho potuto sfruttare la collaborazione del parroco – ricorda Michele –. Loro sono molto attaccati all’organo e ogni volta che avuto bisogno di qualcosa è stato sufficiente chiedere. Capita spesso anche in Sardegna, soprattutto nei paesi più piccoli. Per ogni necessità mi rivolgo al prete, lui arriva, fa un fischio e insieme ai parrocchiani si risolve ogni tipo di problema. Un po’ come è successo a San Silvestro dove posso dire di aver completato il lavoro anche se alcuni elementi sono ancora smontati, ma saranno a posto entro pochi giorni. Poi dovrò solo avere la chiesa a disposizione per accordare lo strumento. È un lavoro che necessità di silenzio assoluto, non sarà facile ma dalla prossima settimana l’organo ritornerà a suonare». Per comprendere cosa sia l’Aquila nove anni dopo le scosse di terremoto che causarono 309 vittime, oltre 1.600 feriti e più di 10 miliardi di euro di danni, bisogna immaginare un gigantesco cantiere, grande quanto il centro di una città: «È tutto transennato ma i lavori procedono perché si nota che molti edifici sono stati recuperati. E poi ci sono tantissimi cantieri in cui lavorano operai specializzati nei restauri che sono stati convocati da tutta Italia. Quando sono arrivato le case e i palazzi erano puntellati con le travi perché si potessero evitare ulteriori crolli. Adesso le cose vanno meglio e anche la zona rossa sta ritornando alla normalità». I segni del terremoto, però, sono destinati a durare nella memoria di chi l’ha vissuto. L’unico modo per cercare di superare il terrore del 6 aprile del 2009 è ricominciare a vivere come si faceva prima del terremoto, quando la chiesa di San Silvestro era integra e quando il suo organo a canne accompagnava le funzioni religiose. Una volte terminato il suo lavoro all’Aquila, anche Michele Virdis ritornerà a casa ma non avrà certo di che annoiarsi. In programma ci sono i restauri di altre tre organi, tutti in Sardegna. Non è la prima volta che Michele si mette a disposizione degli strumenti delle chiese sarde: «Il mio è un mestiere che rischia di scomparire, è vero, però regala tante soddisfazioni», conclude Michele che si riferisce ai restauri effettuati nelle cattedrali di Lanusei e Ales dove, è il caso del paese della Marmilla, suona ancora il più antico organo della Sardegna, anche grazie all’abilità dell’artigiano di Bono che ne cura la manutenzione.

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