La Nuova Sardegna

Nell’universo d’oro e colore: la Via dei Retabli

di Paolo Curreli
Nell’universo d’oro e colore: la Via dei Retabli

Alle spalle dell’altare, questo significa retablo, e da quella nobile e centrale posizione i retabli sardi, tra XV e XVI secolo, durante il passato catalano-aragonese della Sardegna, e fino ai nostri...

29 settembre 2018
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Alle spalle dell’altare, questo significa retablo, e da quella nobile e centrale posizione i retabli sardi, tra XV e XVI secolo, durante il passato catalano-aragonese della Sardegna, e fino ai nostri giorni hanno svolto il loro mandato di illustrare la fede. A queste “immense macchine d’altare”, polittici di legno e oro che accolgono una pittura lussuosa e originale, diffuse nelle chiese antiche dell’Isola, è dedicato il volume “La Via dei Retabli. Le frontiere europee degli altari dipinti nella Sardegna del Quattro e Cinquecento” (Carlo Delfino Editore, 70 euro). Un prodotto editoriale raffinato e imponente con un ricchissimo apparato di immagini che dà conto dei lunghi e approfonditi studi di Maria Vittoria Spissu e Caterina Virdis Limentani, quest’ultima recentemente scomparsa e compianta dal mondo della cultura e della storia dell’arte per i suoi studi innovativi e la sua attività di cattedratica in diverse e prestigiose università.

Il volume rappresenta una pietra miliare e una monografia essenziale per lo studio di queste straordinarie opere d’arte. Un itinerario tra le tante chiese e musei sardi che le custodiscono e un viaggio affascinante attraverso analogie e corrispondenze, tra retabli sardi e dipinti realizzati nel Levante spagnolo, che per la prima volta ricostruisce i rapporti del mondo iconografico e stilistico nordico fiammingo con la pittura mediterranea, e della pittura flandro-iberica in Sardegna con la rivoluzione rinascimentale che si dipanava oltre Tirreno nella penisola italiana.

Incontri che vedono la Sardegna tra XV e XVI secolo come un crocevia capace di accogliere e rielaborare nuove idee, immerso in maniera dinamica nella confederazioni di stati sotto Carlo V e Filippo II, il cui regno si estendeva dalla Spagna ai Paesi Bassi, alle terre germaniche fino all’Europa dell’Est e i regni iberici americani.

Un universo di interazioni svelato nella precedente monografia di Spissu sul Maestro di Ozieri che ricostruiva le fascinazioni nordiche del misterioso pittore. Un riscatto dal ritratto che vede l’Isola sempre marginale e attardata in un arcaismo immutabile o come sola dipendenza catalana. Il volume affranca da questa maledizione anche i retabli restituendo loro tutto il fascino messo in ombra dall’incombente e contemporanea luce del Rinascimento continentale.

Svelati da tali condizionamenti storiografici, i magnifici altari dipinti sardi non sono espressione popolare di un mondo ancora medievale e gotico, attardato in stilemi fuori moda, ma piuttosto la conferma che l’arte è interessante anche nelle sue digressioni, nella sua capacità di legare itinerari lontani e differenti, innovativa anche quando si guarda indietro e sceglie di conservare aspetti del passato. La Sardegna tra 400 e 500 si rivela, nello studio di Spissu e Virdis Limentani, un “composito regno-crocevia”, un avamposto strategico nello scacchiere spagnolo in cui affluiscono e trovano nuove combinazioni tendenze che provengono dalla Penisola e dall’Europa. E gli artisti sardi, per nascita o residenza, danno vita nell'Isola ad un microclima alternativo fino a creare una scuola locale che «rientra a buon diritto nel più sfaccettato e singolare Rinascimento», come sottolineano le due studiose.

“La Via dei Retabli”, svela già nel titolo un altro protagonista fondamentale della avventura di questi dipinti: la mobilità di uomini e merci. Lo scenario è quello di un “Mediterraneo allargato”, percorso da pellegrini e mercanti, da corti itineranti ed eserciti, una mappa diversa da quella tracciata dai confini degli stati nazionali. «Un insieme di pianure liquide comunicanti» – come la definiva lo storico Fernand Braudel – in cui le committenze dei ricchi mercanti, e degli attivissimi cantieri francescani vicini alla Corona d'Aragona, si sostituiscono a quelle delle corti aristocratiche in una Sardegna lontana dal centro egemone e dalla vita cortese.



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