La Nuova Sardegna

Sardegna da gustare a passo di Chiocciola

di Roberto Sanna
Sardegna da gustare a passo di Chiocciola

Le scelte sarde della guida Slow Food: segnalate nove osterie

06 ottobre 2018
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Itinerari gastronomici a passo di lumaca. Quelle delle chioccioline che Slow Food, nella guida appena presentata, ha appena assegnato ai locali censiti in Italia. In tutto 279, nove delle quali alla Sardegna. Una fotografia interessante perché porta gli amanti della buona tavola su rotte poco battute, alla scoperta di territori spesso fuori dai grandi giri. Il valore più importante delle osterie è «la diversità, l’originalità, la capacità di interpretare la cucina secondo la propria personalità».

Le locande

Prima ancora di avventurarsi su questi percorsi occorre chiarirsi sul concetto di osteria attraversole parole dei due curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni: «L’osteria è accogliente e conviviale, ha un buon rapporto qualità-prezzo, conosce a fondo la materia prima che usa, lavora prodotti di prossimità, sa proporre il vino, anche se è solo quello della casa, non ha il menù degustazione, non scimmiotta il ristorante importante, è moderna ma non rinnega il passato, non insegue le mode, anzi spesso le anticipa e, last but not least, ha un bravo oste».

Due, entrambe a Cagliari, le locande sul mare. L’itinerario è breve, va dalla Locanda dei buoni e cattivi in via Vittorio Veneto a Su tzilleri e su Doge (Osteria del Doge) nel quartiere del Castello. Alla Locanda dei buoni e cattivi pane e pasta sono fatti a mano ogni giorno con grano sardo, mentre all’Osteria del Doge segnalano un matrimonio culinario tra Sardegna e Veneto e un menù di mare che rispetta il Mediterraneo.

Se si vuole battere l’interno, la rotta è da Nuoro a Gavoi con tre locali che distano appena 20’ di auto tra loro. Nel capoluogo ci sono Il Portico, a due passi dalla cattedrale, piazza Satta e il Man. E poi Il Rifugio, che diversi anni fa ha cambiato location sistemandosi dietro il palazzo di giustizia.

In linea d’aria distano forse duecento metri ma è consigliabile visitarli in giorni diversi perché saranno giornate impegnative: la cucina dell’interno viene declinata in tutto il suo splendore e non mancano disgressioni verso il mare. A Gavoi, il paese dalle case di granito, regna incontrastato il Santa Rughe, punto di riferimento dei visitatori durante il festival letterario “L’isola delle storie”: menù che rispetta la tradizione agropastorale con hazzau (latte cagliato di pecora); trippa col fiore sardo; animelle al vino bianco; purpuzza, favette col latte. Ritornando in pianura, alla periferia di Ghilarza, alla confluenza tra la 131 dcn e la 131 Sassari-Cagliari, Su Carduleu di Roberto Serra è quasi nascosto ma è una tappa irrinunciabile. Uno chef con esperienze importanti, tornato nel ristorante di famiglia propone “una cucina 100% isolana e innamorata del territorio”.

Sempre sulle colline, ma questa volta andando verso Oristano, Santu Lussurgiu sorprende tutti.

Il paese del gusto

Paese di poco più di duemila anime, noto soprattutto per l’arte di andare a cavallo e lavorare i coltelli, punto di riferimento per chi ama l’artigianato sardo, ha addirittura due locali degni di una chiocciola: l’Antica dimora del Gruccione e Sas Benas. Siamo realmente nel cuore dello Slow food con due presìdi importanti: il formaggio casizzolu e il bue rosso del Montiferru.

Entrambi i ristoranti segnalati sono anche alberghi diffusi e visto che non è il caso di visitarli a tavola nella stessa giornata, è consigliabile sfruttare l’opportunità per regalarsi una sosta lunga. L’itinerario Slow Food è tutto al centro-sud. Chi volesse avventurarsi al nord dell’isola trova la chiocciola solo nell’agriturismo Su Recreu, nelle campagne di Ittiri. Piera e Gavino portano in tavola i segreti del loro ricco territorio e la cucina del Logudoro e chiudono con il dolce della casa preparato con una ricetta segreta.



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