La Nuova Sardegna

Una scintilla d’amore fuori dall’ordinario nella Londra Anni ’60

di Giuseppe Mussi
Una scintilla d’amore fuori dall’ordinario nella Londra Anni ’60

Arriva in libreria “L’unica storia” di Julian Barnes  La difficile convivenza di un ragazzo e una donna adulta

08 ottobre 2018
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«Abbiamo quasi tutti un’unica storia da raccontare. Non voglio dire che nella vita ci capita una cosa sola; al contrario, gli avvenimenti sono tantissimi, e noi li trasformiamo in altrettante storie. Ma ce n’è una sola che conta, una sola da raccontare, alla fine. E questa è la mia». Ecco la convinzione e l’urgenza con cui Paul Roberts ricostruisce la relazione che ha segnato indelebilmente la sua esistenza, non senza incontrare difficoltà, per i tanti ostacoli che la memoria, attraverso il tempo, si trova ad affrontare.

La stessa necessità e il desiderio di fare i conti con il proprio passato per cercare un senso, una direzione nella propria vita è quello che ha sempre caratterizzato i personaggi di Julian Barnes. Narratore puro, agile, punto fermo nel panorama della letteratura inglese contemporanea, Barnes arriva però con il suo nuovo romanzo, “L’unica storia” (Einaudi, pp. 237, 19 euro), a una nuova libertà – potremmo dire spregiudicata – nel muovere i fili del destino del suo protagonista. Lo fa anzitutto formalmente: i tre “atti” che compongono il libro – e che paradossalmente mantengono sempre la prospettiva della memoria di Paul – si muovono tra la prima, la seconda e la terza persona. L’autore compie inoltre un notevole passo verso il crudo lessico della confessione intima – con più di uno sguardo a Philip Roth, che rimane tuttavia lontanissimo – e forza ulteriormente il ricorso a sentenze sulle questioni fondamentali dell’esistenza. Ne è prova già l’incipit del romanzo: «Che cosa preferireste, amare di più e soffrire di più; o amare di meno e soffrire di meno? Credo che, alla fine, l’unica vera domanda sia questa». Indirizzando poi subito il lettore verso l’impossibilità di una qualsiasi risposta per la forza inesorabile – tutta deterministica, aggiungiamo – di ogni destino. Per lo scrittore inglese ogni “storia” è quindi una storia d’amore e non potrebbe essere altrimenti. E questo nonostante la relazione che lega il diciannovenne Paul Roberts alla quarantottenne Susan Macleod non abbia niente di ordinario: lei è sposata, ha due figlie già adulte, e – quanto alla differenza d’età – siamo nei primi anni Sessanta, nella bigotta società borghese delle zone residenziali attorno a Londra. Lo scenario dell’incontro non può che essere un innocuo circolo del tennis, attorno un claustrofobico e voyeuristico quartiere che non tarderà a individuare lo scandalo del rapporto clandestino. Ma le difficoltà non impediranno ai due di amarsi e andare a vivere insieme, nella meno asfissiante “city”, dove senza apparenti ostacoli esterni potranno capire la natura, il peso e soprattutto la sorte della loro relazione, prima ancora di sapere che ne sarà delle loro singole vite.

Non sveliamo l’evolversi della convivenza tra Paul e Susan, lasciamo che il lettore la scopra progressivamente; anticipiamo però che l’insistere sulla ricostruzione del ricordo del protagonista, nonostante gli espedienti retorici e il climax drammatico, faccia perdere molta forza alla narrazione, che comincia pian piano a inanellare, sempre più stanca, gli avvenimenti che si succedono. La scrittura di Barnes è sempre di grande qualità (come la traduzione dell'ottima Susanna Basso), eppure “L’unica storia” dà più che un’impressione di essere un romanzo approssimativo, non riuscito, la cui trama viene trascinata innaturalmente verso un finale in cui nulla ha più senso, anche oltre la dimensione romanzesca: e questo non è certo un problema trascurabile. Un libro in cui si sente, greve, la fatica dell’autore di dare significato alle piccole cose, di rendere speciale il quotidiano, di rendere straordinario il non comune. Una fatica sterile, che rischia addirittura di inciampare in più di qualche luogo comune. Un veropasso falso, peccato.

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