La Nuova Sardegna

Rock and wrong, le canzoni più amate ma fraintese

di Andrea Massidda
Rock and wrong, le canzoni più amate ma fraintese

Relazioni sentimentali mai decollate o irrimediabilmente giunte al termine scambiate per amori travolgenti e infiniti, poi stalker confusi con gentiluomini attentissimi alla propria donna, ballate...

13 ottobre 2018
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Relazioni sentimentali mai decollate o irrimediabilmente giunte al termine scambiate per amori travolgenti e infiniti, poi stalker confusi con gentiluomini attentissimi alla propria donna, ballate sociali e contro la guerra fatte passare come inni nazionalisti, e persino versi sul Natale interpretati come odi alla più umana e irrefrenabile delle passioni. Sono una marea le canzoni che abbiamo adorato senza mai capirne il significato: a ben vedere la storia del rock è piena di clamorosi equivoci, soprattutto se si guarda alla musica americana e britannica che dalla fine degli anni Cinquanta ha invaso il mercato italiano. «Eppure a incorrere nei malintesi non è stato soltanto chi con le lingue straniere ha poca dimestichezza, anzi talvolta nel misunderstanding sono cascati proprio gli inglesi madrelingua», rivela Sean Cook, titolare a Sassari della scuola d’inglese “Inlingua”. Per credergli basta dare un’occhiata a questo breve elenco che ovviamente non ha nessuna pretesa di essere esaustivo.

L’esempio più eclatante è forse quello di Every breath you take, il brano dei Police che nel 1983 arrivò in vetta a tutte le classifiche mondiali e che valse a Sting, autore del testo, il Grammy Award. Tuttavia una così vasta popolarità del pezzo non evitò l’equivoco. Perché in realtà quella frase che dice «ogni respiro tu prenda, ogni mossa tu faccia» non ha nulla di dolce, come credettero tutti. «Il testo suona come una confortante canzone d’amore – ha dovuto precisare lo stesso Sting – e invece questa è una canzone cupa che parla di controllo, gelosia, sorveglianza. Però che c’è chi ritiene che sia un brano romantico e lo usa al proprio matrimonio».

Un’incomprensione alquanto simile riguarda altri capolavori assoluti della musica leggera. A cominciare da Romeo and Juliet, uno dei singoli di maggior successo sfornati dai Dire Straits e contenuto nell’album “Making movies”, uscito nel 1980. «Se ci si ferma al titolo e alla suadente melodia – racconta Paolo Scala, musicista sassarese che ha vissuto trent’anni a Londra – è facile immaginare la narrazione della più celebre e impossibile storia d’amore della letteratura. Peccato che in questo caso la tragedia di Shakespeare non c’entri nulla e che al contrario la vicenda in questione sia incentrata su un sentimento non ricambiato». Lo rivelò una volta anche l’autore Mark Knopfler: «La figura di Romeo è intesa in senso ironico, peraltro il protagonista si rende ridicolo perché quando una ragazza non ne vuole sapere di te, non c’è niente da fare». Insomma, ben altro che Montecchi e Capuleti.

Fermarsi alla sola interpretazione del titolo ha fatto cascare in trappola anche molti fan dei Pink Floyd. Uno dei cavalli di battaglia della band era ed è infatti Wish you were here (Vorrei che fossi qui), dedicato non a un’innamorata distante, bensì a Syd Barrett, il frontman della formazione britannica allontanato dal gruppo nel ’68 per via di serissimi problemi mentali causati dal continuo abuso di droghe. Per non parlare, poi, di The power of love, meraviglioso pezzo dei Frankie Goes to Hollywood che parla dell’energia prodotta dall’amore universale, riproduce nella copertina del disco il dipinto “L’Assunzione” di Tiziano e nel videoclip rievoca chiaramente la nascita di Gesù Cristo. Morale: una canzone natalizia, più vicina per significato a “Tu scendi dalle stelle” che a “Love me do” dei Beatles, tanto per dire.

Ma gli equivoci non si limitano alle canzoni d’amore. Prova nei sia la famosissima Born in the Usa di Bruce Springsteen: nonostante le parole del brano pacifista siano tutt’altro che ermetiche (è la triste vicenda di un reduce del Vietnam che una volta tornato in patria si vede sbattere tutte le porte in faccia), quel ritornello – urlato con l’inconfondibile voce del Boss e affiancato alla bandiera a stelle e strisce – suscitò in molte persone un moto d’orgoglio nazionalista tipicamente nord-americano. A cascarci fu persino il presidente conservatore Ronald Reagan, nel 1984 in corsa per la rielezione alla Casa Bianca, il quale in un comizio citò Springsteen dicendo che il futuro dell’America era racchiuso nel messaggio di quella sua canzone. L’autore del brano prese subito le distanze pubblicamente rendendo ancora più esplicite le sue posizioni politiche, certo non vicine a quelle dei repubblicani.

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