La Nuova Sardegna

Il ritorno del Killer: «Ragazzi, ve la do io la techno»

di Andrea Massidda
Il ritorno del Killer: «Ragazzi, ve la do io la techno»

Per ventotto anni ha girato l’Europa come deejay e producer, e negli ambienti musicali che contano è considerato uno dei precursori del genere techno in Italia. Tuttavia, adesso, quando ancora i...

20 ottobre 2018
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Per ventotto anni ha girato l’Europa come deejay e producer, e negli ambienti musicali che contano è considerato uno dei precursori del genere techno in Italia. Tuttavia, adesso, quando ancora i locali più prestigiosi se lo contendono a suon di quattrini come special guest, lui ha deciso di tornare nella sua terra, la Sardegna e di aprire assieme a due soci continentali un locale tutto suo a Sassari: il Marshmallow Fusion Club, in viale Porto Torres. Una scelta dettata un po’ dall’amore per l’isola e un po’ dalla voglia di seminare «nel giardino di casa» il know-how che ha acquisito in più di un quarto di secolo di carriera dietro la console.

A ben vedere la storia di Killer Faber – al secolo Fabio Desogus, sassarese purosangue – segue la classica parabola dell’emigrato. Con la differenza che quando ad appena diciassette anni ha lasciato la famiglia per buttarsi in quella che all’epoca era la Milano da bere, al posto della valigia di cartone aveva un flight-case pieno di dischi. Ma lo spirito di avventura e la voglia fortissima di farcela erano gli stessi di un qualsiasi ragazzo del Mezzogiorno in cerca di fortuna al Nord. E la Dea Bendata davanti a Faber non ha certo tardato a manifestarsi. «In realtà ho cominciato a Radio Venere, a Sassari – racconta – grazie a Valerio Postiglione, che mi ha spronato moltissimo a proseguire. È lì che ho visto per la prima volta i giradischi Technics 1200. Meravigliosi. Poi, a casa, in maniera molto artigianale, facevo qualcosa di simile agli stacchi tra un disco e l’altro. Più avanti partecipai ai contest regionali per deejay: la prima volta arrivai secondo, la successiva vinsi. Sentivo di dover andare avanti».

Poi il salto. «Una sera ero a Stintino e conosco il deejay di un famoso locale, Ezio Vallini, milanese. A un certo punto gli chiedo se mi faceva mettere un po’ di dischi, già pronto a sentirmi dire di no. E invece mi ha lasciato in console per quasi tutta la serata. E la fine mi ha detto: “Tu sei bravo, devi venire a lavorare su, che ci fai qui?”. Gli ho dato retta, anche se avevo appena diciassette anni». Fatto sta che Fabietto, come lo chiamavano i suoi amici sassaresi, decide di esplorare Milano. Siamo nella seconda metà degli anni Ottanta e la scena musicale planetaria sta mutare radicalmente. E lui si ritrova nel mezzo di quella rivoluzione, nel posto giusto al momento giusto.

«Era scoppiata l’epoca dell’house music, dell’acid house e sopratutto del new beat di produzione belga e tedesca, che in realtà piaceva soltanto a me. Pazzesco. Ogni giorno nei negozi di dischi incontravo mostri sacri come Massimino Lipoli, Claudio Coccoluto, Stefano Secchi, Chicco Sechi. Personaggi che quando mi vedevano acquistare certi dischi dicevano: “Occhio, questa new beat non funzionerà mai”. Ma quando sei molto giovane e motivato hai anche maggiore lungimiranza, ti si accende la lampadina: io in quel genere ci credevo».

Ezio Vallini, ormai molto amico, si rivela ancora una volta decisivo. «Andrai a trovarlo al Notorious, una discoteca di Milano molto quotata. Mi chiese di mettere qualche disco e in quel momento passò il direttore di Radio “One o One”, che disse: “Questo lo prendiamo per il pomeriggio”. Per farla breve: il mio primo contratto vero. C’erano i talent scout tipo Claudio Cecchetto, Alex Peroni. Insomma, c’era molta professionalità. Così da lì arrivarono “L’Illiria” e “Le Cinemà”, dove ho anche incontrato il mio primo manager. Vedendomi mi disse: Faber è un po’ debole come nome, aggiungiamoci qualcosa di più duro. Morale: diventai Killer Faber e con questo pseudonimo ho lavorato ovunque, per dieci anni addirittura in un’infinità tournée per tutta l’Europa, riviera romagnola compresa, naturalmente».

Accanto all’attività di deejay, Killer Faber – che intanto collaborava anche con Radio 105 – comincia a cimentarsi nelle produzioni. Con successo. «Sono stato il primo italiano a partecipare alla “Love Parade” di Berlino, davanti a un milione di persone. Fanntastico. Ma ora ho molta voglia di togliermi qualche soddisfazione a Sassari».

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