La Nuova Sardegna

Mamatita: se l’arte si prende le piazze

di Gian Mario Sias
Chiara Murru, organizzatrice del Mamatita Festival
Chiara Murru, organizzatrice del Mamatita Festival

Se nessuno va più a teatro, il teatro deve andare a cercarsi altrove un pubblico nuovo. Se le modalità di fruizione dell’arte sono cambiate e affidano alla performance artistica una nuova funzione...

20 ottobre 2018
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Se nessuno va più a teatro, il teatro deve andare a cercarsi altrove un pubblico nuovo. Se le modalità di fruizione dell’arte sono cambiate e affidano alla performance artistica una nuova funzione sociale, gli artisti devono assumersi la responsabilità di questa loro nuova funzione e sperimentare nuovi modi, luoghi, tempi e obiettivi del fare arte. Se mancano gli spazi, basta prendersi tutto lo spazio che c’è: slarghi, piazze, vie, persino l’aria. È così che la città si fa teatro.

È così che Chiara Murru, artista algherese, 37 anni, ha fatto della sua città un teatro. «È sempre stato un mio pallino, il ragionamento sul rapporto tra teatro, arte, città e spazio urbano appartiene alla mia ricerca artistica dall’origine», ammette lei in un insolito momento di pausa, prima della fine di Mamatita Festival, rassegna di arte di strada e circo contemporaneo durata oltre un mese. L’ha inventata lei nel 2013 con lo Spazio T, la realtà artistica che porta avanti insieme ad altri, e l’ha rispolverata in grande stile l’anno scorso, «in seguito ai fortunati incontri con Giuseppe Porcu e Mario Barnaba», ricorda lei. In mezzo, in quegli anni, era successo di tutto. E la sua idea originaria aveva fatto grandi passi avanti. «Nel 2017 lo Spazio T ha chiuso la sua sede fisica, e abbiamo deciso per uno “Spazio oltre lo spazio” – spiega – convincendoci che fosse ormai giunto il momento di realizzare il nostro progetto».

Dopo aver studiato a Milano, l’artista è rientrata ad Alghero, portando in dote nella sua città un percorso formativo che voleva assolutamente rendere utile per la città. Il suo primo esperimento è stato uno spettacolo dalle vetrine del negozio di sua zia, nel centro cittadino. «Sì, è vero, ho sempre avuto la propensione a uscire dal teatro – conferma – e se dieci anni fa questo argomento non era poi troppo esplorato, oggi finalmente ci sono le condizioni per lavorare tutti insieme sulle nuove forme di fruizione dell’arte, della cultura e del teatro, trovano noi una risposta alla sua perdita di appeal, affidandogli un nuovo ruolo». Perché di una cosa è certa, Chiara Murru. «Il teatro è morto? No, certo che no – esclama – ma deve andare a cercare altrove il suo interlocutore, il pubblico, offrendogli una prospettiva diversa di osservare la realtà quotidiana». Come quella vetrina del centro che dieci anni fa diventava un piccolo palcoscenico. Oggi tocca alla città intera. Chiara Murru si è sempre occupata di produzione, organizzazione e comunicazione. Non sa se si sente più attrice, autrice, organizzatrice o regista, ma in questo momento non si sente un’insegnante. «Mi è sempre piaciuto un sacco, è bello poter condividere con altri ciò che si è imparato negli anni – dice – ma dato che ora ci sono tanti che lo fanno, preferisco dedicarmi ad altro, esplorare nuove strade». Un’irrequietezza artistica che l’ha portata a rimettersi in discussione tante volte, a fare la rompiscatole, a criticare apertamente certe scelte del passato in tema di spazi pubblici per l’arte e la cultura. Oggi è conscia del successo di un festival che per il secondo anno di fila ha riempito piazze e slarghi di Alghero per un mese, tra clown, acrobati, artisti del fuoco, giocolieri.

«La prima edizione, nel 2013, la facemmo senza disporre di un budget – ricorda Chiara Murru – con pochi soldi facemmo tam tam tra gli artisti sardi o che si trovavano nell’isola». Fu un successo. E da lì le sue convinzioni sull’aria che stava cambiando di sono rafforzate. Tra i titolari di uno Spazio che non ha uno spazio suo, artista senza un palcoscenico, rilancia ancora. «La cultura oggi deve aprire porte che magari non sa neanche di avere, bussando a un bisogno nuovo, che crea nuove modalità», è la tensione che la ispira. «Oggi l’arte è all’aperto, insieme, in condizioni di maggiore prossimità e interazione – è la sua convinzione – festival di arte di strada ce ne sono di bellissimi, la peculiarità del nostro progetto è che si tratta di un evento lungo un mese, fatto di laboratori, di scoperta di spazi che si trasformano in laboratori per piccoli e adulti».

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