La Nuova Sardegna

“A tenore”, docufilm firmato da Gavino Murgia

di Grazia Brundu
“A tenore”, docufilm firmato da Gavino Murgia

L’esordio cinematografico del musicista barbaricino sarà presentato oggi a Nuoro e domani a Cagliari

30 ottobre 2018
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SASSARI. Da musicista a documentarista. Gavino Murgia ha sempre giocato ad alti livelli con la sperimentazione, e adesso agli incastri di tradizioni e stili diversi – dal jazz al pop al funky, legati dal filo rosso della tradizione sarda – aggiunge quelli tra immagini e suoni. Per parlare, ancora una volta, di musica, in una prospettiva che trascende la sua biografia e le sue mille prestigiose collaborazioni internazionali, e prova a raccontare la voce di un’isola intera. Stasera a Nuoro (alle 19 al Ten, con il giornalista Paolo Curreli) e domani a Cagliari (alle 19.30 al Mas, con il direttore della Cineteca Sarda, Antonello Zanda) il sassofonista nuorese presenta, all’interno del cartellone di Sardegna Teatro, un estratto di “A tenore”, in uscita nel 2019.

Il canto a tenore è uno degli otto elementi italiani inseriti dall’Unesco nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale.

«Certo, il canto a tenore è un patrimonio dell’umanità, ma nel film io quasi non cito il riconoscimento. Per una questione di orgoglio: noi sardi non avevamo bisogno che venissero da fuori a sottolinearne e sottoscriverne l’importanza». Quali aspetti del canto a tenore ha voluto sottolineare? «Il film è fatto per far conoscere questa cultura meravigliosa, io spero in tutto il mondo. È ancora prematuro parlare di distribuzione, ma ho già preso dei contatti importanti con la Germania, la Francia e l’Austria. Ho voluto sottolineare il legame stretto che il canto a tenore ha con la vita, con la quotidianità». .

Lei lo ha conosciuto da bambino, come tanti altri nati nel Centro Sardegna. Qual è stata la sua prima impressione?

«La stessa che provo oggi per questo suono incredibile che fonde quattro voci per dare una sonorità che per me resta misteriosa. Nonostante io pratichi il canto a tenore – ho iniziato prestissimo a cantare nel ruolo di basso – e lo abbia registrato in tutti i modi, continuano a stupirmi la potenza e la forza evocativa incredibile che sprigiona».

Una forza che, come racconta il documentario, forse discende dalle voci degli animali: il belato della pecora sarebbe “sa contra” , il muggito del bue “su bassu”…

«Sì, sono tra quelli che sostengono la tesi che il canto a tenore sia nato dall’imitazione degli animali e dal tentativo dell’uomo di armonizzarne le voci. Chiaramente tutto è avvolto nel mistero, forse risale al periodo nuragico, però la nostra è una cultura orale, non abbiamo niente di scritto. Si tratta di un’ipotesi, ci piace pensare che sia così».

Nel film c’è anche Tancredi Tucconi, la storica “contra” del Tenore Remunnu ‘e Locu di Bitti, scomparso ad agosto. Che ricordi ha di lui?

«Ho avuto la fortuna di cantare tantissime volte con lui, nelle feste, non sul palco, perché io sono di Nuoro e lui era di Bitti e chi proviene da una zona geografica canta nei modi, nello stile e con gli esecutori dello stesso villaggio. Tutte le volte restavo impressionato dalla potenza e dalla perfezione della sua voce, era perfetto nel ritmo, nel suono, nel ricamo».

Tradizione e innovazione: come convivono nel canto a tenore?

«La produzione poetica legata a questa forma di canto è sempre molto fiorente, perché quando una formazione va ad esibirsi in un paese per una festa è normale che chieda a un poeta di scrivere qualcosa in tema da cantare. E poi ognuno porta qualcosa dentro questo canto. I giovani che ascoltano un tenore di oggi di Bitti eseguito come lo si esegue oggi prendono a modello quello contemporaneo insieme a quello vecchio, poi da lì nasce un’altra cosa, quasi per gemmazione, naturalmente senza uscire dai canoni».

La prossima settimana esce un suo nuovo disco, ma continuerà anche a dedicarsi al cinema?

«Mi piacerebbe moltissimo e ho molte altre idee, sempre nel campo dei documentari».



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