La Nuova Sardegna

Autoscatti di donna a Brooklyn

di Gian Mario Sias
Autoscatti di donna a Brooklyn

Successo per la fotografa di Alghero Silvia Sanna che ha ricevuto premi a New York e a Seoul

04 novembre 2018
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ALGHERO. Schiva, taciturna, timida. Diffidente. Tanto, al punto da riconoscere che «dovrebbe essere scritto sulla mia carta d’identità, tra i miei tratti distintivi». Silvia Sanna, origini tra Olmedo e Romana, nata ad Alghero, cresciuta a Olmedo e ora stabilmente algherese, fa parlare le sue fotografie. Che dicono molto di lei e del suo mondo. Della sua quotidiana lotta per l’emancipazione femminile e per l’affermazione della parità di genere sul terreno dei diritti. Della sua continua, costante e inquieta ricerca di sé. Diplomata in fotografia all’Istituto d’arte di Alghero, laureata all’Accademia di Belle Arti di Sassari con una tesi sul ritratto fotografico, relatrice Sonia Borsato, il suo unico soggetto è lei stessa. Quello che non dice, lo racconta con immagini cui presta il suo sguardo, il suo corpo, il suo mondo interiore. Oggi tutto questo lavoro viene definitivamente affermato da due prestigiosi risultati internazionali. Di cui parla. Con timidezza e pudore. «Qualche mese fa ho letto su internet di un contest promosso da una galleria di New York, per la prima volta ho deciso di partecipare - racconta - ho mandato una serie di tre foto realizzate in tre momenti differenti del mio percorso artistico». Ebbene, in settembre i tre scatti di Silvia Sanna, 32 anni, sono stati esposti nella galleria The Art Vacancy di Brooklyn. «Unasoddisfazione immensa, mi è arrivata una mail con cui mi annunciavano che ero stata selezionata tra i migliori venti giovani talenti in giro per il mondo, tra quelli che avevano partecipato al contest». Tanto per capire il senso del suo lavoro su se stessa, la fotografa sarda ha inviato negli Usa un bianco e nero realizzato in un momento particolare della sua vita nella casa dei suoi avi, a Romana, ormai disabitata e in decadenza. Nello scatto lei è quasi trasparente, quasi un’anima in quella casa inanimata. Nel secondo scatto Silvia Sanna è insieme al marito. Si guardano, ma di sguincio guardano lo spettatore. I capelli di lei sono legati al collo di lui: un’autobiografia intima del rapporto di coppia. Il terzo scatto la ritrae immersa nel mare di Alghero. «È uno stato di con-fusione, di unione con la natura - spiega - a chiedersi di chi sia davvero la terra cui apparteniamo, e se quel mare debba separare gli altri dalla nostra terra, o se dobbiamo accoglierli». Silvia Sanna si occupa di fotografia a tempo pieno, senza lamentarsi se c’è da fare qualsiasi altro lavoro per sostenere questa sua grande ragione di vita, dal 2011. È nel primo periodo che realizza una delle sue foto più fortunate. Lei in lutto, che tiene in braccio un’anguria, come se fosse un figlio, in un autoritratto di una condizione contro natura, in cui una madre piange la morte del figlio. Un mese fa l’ha spedita a Seoul, per partecipare a un contest promosso dall’Università di Seoul e dedicato al tema del cibo e dell’alimentazione, della scarsità e della sovrabbondanza. Ha vinto il premio “Runner Up”. «Sono felicissima, sono davvero grata per quello che sta succedendo», confida con un sorriso aperto e luminoso. A questo punto il suo progetto assume nuovo vigore. «Non amo farmi fotografare, e nelle foto classiche, come alla laurea, stento a riconoscermi, non sono io - racconta -, nelle foto che faccio per motivi artistici, invece, riesco sempre a rivedere me stessa». Forse davvero il senso è tutto lì. «Per me la foto è uno strumento per raccontarmi e per raccontare, per un lavoro di ricerca su me stessa e per descrivere e denunciare ossessioni e quotidianità della condizione femminile. Ho scelto di lavorare sull’autoritratto, è un istinto di ricerca di una dimensione interiore». I risultati di New York e Seoul sono il premio al coraggio di un’artista timida.

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