La Nuova Sardegna

«Quanto sei fascio?» Il test che fa discutere

Andrea Massidda
«Quanto sei fascio?» Il test che fa discutere

La polemica dell’autrice Michela Murgia con Mieli e Gramellini

07 novembre 2018
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SASSARI. Il “Fascistometro” di Michela Murgia – ovvero il test presente alla fine del suo pamphlet “Istruzioni per diventare fascisti” e attraverso il quale dovremmo capire quanto intimamente siamo camicie nere – continua a far discutere e a sollevare polemiche. Alcune di livello infimo (come quelle postate sui social a suon d’insulti dagli immancabili leoni da tastiera, ma pure quelle pubblicate da certi quotidiani che hanno proposto lo “zeccometro” per calcolare quanto invece saremmo comunisti), alcune di livello decisamente più alto e intellettualmente onesto. Per esempio la querelle tra la scrittrice di Cabras e il giornalista/storico Paolo Mieli, andata in onda l’altra sera su La 7 nella trasmissione “Otto e mezzo” condotta da Lilli Gruber. Un confronto interessante dal quale in verità ognuno è uscito senza cambiare opinione, ma almeno offrendo al pubblico tanti spunti di riflessione e non certo offese al rivale. Se per la Murgia un rischio di ritorno al fascismo (o quantomeno ai metodi fascisti) lo si individua continuamente nel dire e nel fare anche di Lega e M5s, per Mieli questo pericolo non c’è proprio. «Sinceramente – sostiene l’editorialista del Corriere della Sera – è da quando sono bambino che sento evocare tutti gli anni il rischio del fascismo. Basti pensare anche a quando c’era Berlusconi o ai tempi di Craxi. La verità è che abbiamo chiamato “fascismo” tante cose diverse e saremmo stati molto più efficaci se a ognuna avessimo dato un nome proprio». Poi Mieli precisa: «Io invece credo che ci sia un rischio di totalitarismo. Evocando il fascismo si mettono i riflettori sulla Lega, evocando il totalitarismo si pone l’attenzione sui Cinque Stelle. Quelle che Murgia chiama “fascismo” sono delle esagerazioni. In realtà, il fascismo è un regime che toglie la libertà di voto, la libertà di parola, la libertà di culto».

La replica di Michela Murgia è subito pronta: «Credo che la Lega – ribatte – da questo punto di vista abbia una struttura molto più chiara e programmatica. Il M5s ha dentro istanze diverse, ma purtroppo non mi sembra che quelle antifasciste siano dominanti. Sicuramente Lega e M5s sono un protofascismo e un fascismo 2.0. Entrambi dal punto di vista metodico sono fascismi, per me non c’è dubbio: uno è a livello più embrionale, l’altro è a un livello decisamente più strutturato». Mieli racconta di aver letto attentamente il libro della Murgia e di averlo trovato «straordinario». Tuttavia non cambia posizione. «Io critico – ammette – molte cose di M5s e Lega, ma non penso che siano dei fascisti. Il fascismo con la politica odierna non ha niente a che vedere».

Nel dibattito, diventato virale, sono entrati in realtà anche altri giornalisti del Corriere. «Sono preoccupato – ironizza Massimo Gramellini nella sua rubrica quotidiana – perché dal Fascistometro risulto appartenere al profilo “protofascista”. Non ancora un gerarca con l’orbace, ma un insincero democratico che considera il ricorso alla dittatura una delle opzioni possibili. E tutto perché ho spuntato alcune voci che, nella mia ingenuità, consideravo ovvie. Per esempio che in Italia ci sono troppi parlamentari. Se il fascismo è sopraffazione, conformismo e inflessibile mancanza di senso dell’ironia – conclude – alle sessantacinque voci del fascistometro bisognerebbe aggiungere la numero 66: scrivere un test per misurare il fascismo altrui».

A Gramellini Michela Murgia risponde su Facebook: «Le reazioni delle penne forti del progressismo o dell’area liberal, da Massimo Gramellini a Paolo di Paolo, da Pigi Battista a Flavia Perina, erano prevedibili. Hanno commentato il test in sé, ignorando credo volutamente il fatto che si tratti non di un gioco isolato, ma del capitolo conclusivo di un libro che per ora, con probabilità, nessuno dei quattro ha neppure preso in mano».

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