La Nuova Sardegna

“Ultimo tango”, da Cagliari il ko alla censura

di Paolo Coretti
“Ultimo tango”, da Cagliari il ko alla censura

Nel 1987 la sentenza del tribunale presieduto da Luigi Lombardini che liberò definitivamente il film dall’accusa di oscenità

27 novembre 2018
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È un film maledetto “Ultimo tango a Parigi” che Bernardo Bertolucci cominciò a pensare nel 1971 dopo “Il conformista”, mettendo su una sceneggiatura da una sua fantasia sessuale (l’amore con una sconosciuta incontrata per strada). Un film che procurò a Bertolucci un sacco di guai, con la censura e con la magistratura. Alla fine, diversi anni dopo la prima uscita del 1972, nell’estate del 1987, il Tribunale di Cagliari presieduto da Luigi Lombardini decretò che “Ultimo Tango a Parigi” non poteva essere considerata un’opera oscena. E fu il primo in Italia. I giudici respinsero l’esposto un’associazione di consumatori aveva chiesto di ritirare il film dalle sale. Lombardini chiese l’opinione di un team di esperti in cinema e alla fine accolse la richiesta di archiviazione del sostituto procuratore della Repubblica Mario Marchetti. Nessuna oscenità: era «pacificamente riconosciuto che comportamenti reputati osceni in una determinata epoca – così nella motivazione del decreto di archiviazione riportata nelle pagine del Corriere della Sera del 12 agosto 1987 – non lo siano in epoca successiva in quanto ritenuti non più lesivi del buon costume». “Ultimo tango” era finalmente libero dalla censura.

D’altra parte si sa che la l storia del film è stata complicata e tutt’altro che tranquilla. Dopo il rifiuto del soggetto da parte della Paramount, fu il produttore di Sergio Leone, Alberto Grimaldi a dare fiducia al regista parmigiano. Proprio l’alto tasso erotico fu la causa di tanti rifiuti: Dominique Sanda e Jean Louis Trintignant, Alain Delon e Jean Paul Belmondo («pornografia»). Alla fine la storia cupa dei due solitari amanti casuali in un pied-à-terre di Parigi trovò i due protagonisti: Marlon Brando, 48 anni nel 1972 e la francese Maria Schneider, appena maggiorenne.

Il film scandaloso, con un grande successo di pubblico, fu unico caso italiano condannato al rogo nel 1976 (furono salvate alcune copie che oggi sono conservate presso la Cineteca Nazionale), poi riabilitato dalla censura nel 1987 proprio a Cagliari, con incassi stratosferici e riuscito in versione restaurata 4k nel 2018 a cura della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia e presentato alla presenza del regista al Bifest di Bari.

Ma è la scena cult della pellicola, quella del rapporto anale tra Paul (Brando) e Jeanne (Schneider), passata alla storia come la “scena del burro” ad avere avuto per quasi cinquant’anni una vita propria con pesanti strascichi anche personali. Bertolucci ne ha parlato tante volte perchè sin da subito cominciò la leggenda di quelle sequenze. Quando nel 2011 morì a 58 anni Maria Schneider, il regista affermò: «La sua morte è arrivata troppo presto, prima che io potessi riabbracciarla teneramente, dirle che mi sentivo legato a lei come il primo giorno, e almeno per una volta, chiederle scusa». Bertolucci ricordava: «Maria mi accusava di averle rubato la sua giovinezza. In realtà era troppo giovane per poter sostenere l'impatto con l'imprevedibile e brutale successo del film». La Schneider ne fu travolta e in un'intervista raccontò che la scena del burro non era in copione ma che fu un'idea di Marlon Brando. Bertolucci alla Cinematheque francese confermò: «Decisi insieme con Marlon Brando, di non informare Maria che avremmo usato del burro. Volevamo la sua reazione spontanea a quell'uso improprio. L'equivoco nasce qui. Qualcuno ha pensato, e pensa, che Maria non fosse stata informata della violenza su di lei ma Maria sapeva tutto perché aveva letto la sceneggiatura, dove era tutto descritto».

Prigioniera della Jeanne di “Ultimo tango”, la Schneider per tutta la vita ha portato un forte rancore al suo regista: «Quella scena non volevo farla, mi sono sentita quasi violentata».

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