La Nuova Sardegna

Le bestie in rivolta di Andrea Camilleri

di Angiola Bellu
Le bestie in rivolta di Andrea Camilleri

A colloquio con lo scrittore siciliano che parla del suo nuovo libro “I tacchini non ringraziano”, appena uscito per Salani

29 novembre 2018
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È in libreria “I tacchini non ringraziano” di Andrea Camilleri (Salani Editore). Brillante, ironico e commovente, Camilleri scrive una serie di racconti “dal vero” sugli animali che hanno fatto parte della sua vita: animali che hanno bussato alla sua porta, che ha incontrato, su cui ha riflettuto. Le bellissime illustrazioni sono dell’artista di fama internazionale Paolo Canevari, figlio di Angelo: il celebre scultore che fu legato a Camilleri da una profonda amicizia umana ed artistica. Gli animali del libro fanno quindi parte di un corollario della memoria di entrambi: quella dell’infanzia di Paolo Canevari e della vita adulta dello scrittore.

«Il gatto Barone lo presi a Bagnolo dove avevamo la campagna con Angelo Canevari – ci racconta lo scrittore –. Vidi i bambini che giocavano a palla, ma quello che avevano tra i piedi era un gattino. Lo portammo dal veterinario che curava cavalli e mucche e non aveva mai curato un gatto. Disse “non camperà più di un mese”: campò 18 anni. Era il fidanzato ufficiale di mia figlia Mariolina. Mi capitò di fare una trasmissione televisiva con un grande etologo a cui raccontai la storia del mio gatto Barone e mi disse: “non lo deluda”. “Ma vuole che gli faccia sposare mia figlia?”. Gli chiesi. Mi disse “no, ma non gli faccia pensare di essere un gatto. Se lo capisce se ne va”. Per 18 anni cercai di non fargli capire che era un gatto. E’ stato mio fido consigliere. Quando mi voltava le spalle significava che il mio non era un argomento serio. Se stava a guardarmi pensosamente, voleva dire che l’argomento andava approfondito. Per questo lo ricordo come uno dei più fidi e intelligenti consiglieri». Nel suo libro lo scrittore ci racconta i sui incontri animaleschi e descrive esilaranti e profonde relazioni. «Una signora a Perugia aveva uno zoo privato, enorme – ci racconta Camilleri, ricordando un vero colpo di fulmine presente in “Due incontri allo zoo” – e mi ci accompagnò. Era in un bosco e le gabbie erano distanziate e di vetro. Girata una siepe, ecco la tigre. Era bellissima. Le ho detto “madonna quanto sei bella. Ti ho visto fotografata, ti ho visto disegnata. Ma viva sei bellissima. Perché dicono che sei feroce? Mi stai guardando con una dolcezza”. Ad un certo punto pigrissima, bellissima si alzò. Mi voltò il sedere e si riaccucciò: fine del seduttore». Tra l’ironia geniale e la partecipazione commossa alla sorte che gli umani riservano agli animali, Camilleri ci parla di cani, gatti, cardellini, corvi... tutti portatori di un’intelligenza e di una libertà che sopravvivono alla cattività inflitta dagli umani: «Dovevo girare un documentario su Turi Ferro, grandissimo attore siciliano – lo scrittore ci rivela la genesi dell’esilarante racconto “Il principe arrabbiato”– e cercavo location un po’ strane. Mi dissero di questo meraviglioso palazzo catanese che sul terrazzo ha i giardini. Chiedemmo alla principessa sua proprietaria di poter girare e, gentilissima, acconsentì. Turi Ferro cominciò a recitare. A un tratto una voce disse “basta con questa rottura di coglioni! Andatevene via!”. Tutti noi raccogliemmo le cose e scendemmo. La principessa ci chiese “avete già finito?” Raccontammo il fatto e ci disse “oddio, deve essere Reginaldo, mio cugino, che dorme al piano di sotto: vado a parlarci”. Ma Reginaldo dormiva e tornammo su in punta di piedi. Dopo 10 minuti di nuovo: “andate fuori dai c...” io mi affacciai e dissi: “Signor Marchese ci scusi”. La principessa a quel punto corse giù verso un gazebo. Dentro c’era una gracula religiosa. “Mio cugino mi ha lasciato questo corvo che ad una certa ora saluta gli ospiti così”. C’è anche un verdone, un innocuo serpente salvato dallo scrittore dopo essere stato scambiato per una vipera, nello zoo dei ricordi di Camilleri: «Si chiamava don Gaetano – ci racconta – secondo noi era un impiegato delle imposte: era puntualissimo. La mattina alle sette attraversava il giardino di casa, faceva un leggerissimo cenno di saluto. La sera alle otto tornava. Timbrava evidentemente un cartellino, don Gaetano».

“I tacchini non ringraziano” il titolo del libro, e di un racconto, allude al giorno del Ringraziamento che si celebra negli Stati Uniti e in Canada. «Nel 1987 girai un documentario a Bologna – ricorda lo scrittore, rivelandoci il perché del titolo – e capitai al grande mattatoio. Lì mi accorsi che le bestie avevano gli occhi spaventati: sentono la morte. Come è possibile che i tacchini non la sentano? Perché, nel periodo del Ringraziamento, non si danno alla latitanza superando il muro al contrario e andando in Messico? Forse perché affrontano la morte con dignità».

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