La Nuova Sardegna

Roberto Fanari, quando lo sguardo è arte

di Paolo Curreli
Roberto Fanari, quando lo sguardo è arte

Fino al 21 dicembre la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano accoglie la personale dell'artista sardo dal titolo “Galerie des Glaces”

08 dicembre 2018
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Dal 20 novembre al 21 dicembre la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano accoglie la personale di Roberto Fanari dal titolo “Galerie des Glaces”. La Fondazione milanese mette a disposizione di giovani curatori e artisti il proprio spazio e le proprie competenze, per raccontare le ultime tendenze della scultura contemporanea. Il progetto si chiama “Project Room 2018” ed è arrivato alla sua terza stagione. Roberto Fanari, nato a Cagliari nel 1984 e laureato all’Accademia di Sassari, ha immaginato una composizione architettonica nel suo materiale di elezione: il ferro battuto che ricopre tutte le pareti della sua “Stanza di Proust”.

Un “salone delle feste” tipico delle ville antiche intervenendo sul perimetro della stanza vuota. “Esserci” è il nome di un ambiente essenziale dove risuonano le musiche del ’700 rielaborate da Francesco Fugazza. Alla base della composizione si avverte il progetto di campionamento del suono dei principali materiali di lavoro dello scultore, che è stato poi rielaborato in post produzione al fine di creare una successione di fotografie sonore ispirate a Gymnopédie n°3 di Erik Satie. «Roberto Fanari creando una stanza vuota costringe il pubblico a relazionarsi con la propria immagine in una vera e propria galleria degli specchi, riducendo le linee minimali che la delimitano – dice il curatore Flavio Arensi –. L’immagine riflessa negli specchi è l’unico modo con cui il visitatore potrà percepirsi concretamente nel tempo e nello spazio. Stare davanti a uno specchio significa cercare un punto di mediazione tra i diversi livelli della psiche. In questo modo l’osservatore si osserva, è testimone della propria storia».

Fanari, che di norma illustra le relazioni attraverso figure-modelli in filo di ferro saldato, qui abdica alla partecipazione dei suoi manichini-attori per svincolare chi entra da qualsiasi legame e da ogni forma di condivisione, giacché la scena può svolgersi solo nell’intimità estrema. Una tecnica fortemente seduttiva, un ritmo tra pieni e vuoti che l’artista ha incontrato durante la sua formazione all’Accademia d’arte di Sassari. Costruendo l’armatura metallica per una scultura in argilla rimase affascinato dalla bellezza della struttura decidendo di presentarla come opera finita.

Da lì il percorso di Roberto Fanari è stato un crescendo di idee e realizzazioni con una tecnica sempre più raffinata. Non solo scultura, Fanari ha recentemente proposto un interessante lavoro pittorico in tandem con Andrea Casciu, un altro talento sardo e suo grande amico, dipingendo uno spazio a Milano, esperienza che lo ha portato a disegnare e dipingere, realizzando una serie di lavori in acrilico di grande formato su carta.

Come osserva il curatore, Flavio Arensi: «Spogliare la scena di presenze fittizie, di scultore dalle sembianze umane, permette all’artista di pretendere un cambio nell’azione del pubblico, da osservatore a osservante, da terzo chiamato in causa a meditare sull’opera a individuo che si relaziona con i propri turbamenti. Il luogo della scultura diventa così palcoscenico dell’esperienza individuale».

La curatela delle Project Room 2018 è stata affidata a Flavio Arensi, che ha costruito un progetto in tre atti, “La stanza di Proust”, pretesto per guardare gli accadimenti della società e dell’uomo attraverso i suoni, le assenze e le presenze, del passato come del futuro. I tre momenti che si susseguiranno in questa stanza formeranno un’unica riflessione sul ruolo della scultura in questo momento storico.

Come afferma Arensi, «con i tre artisti coinvolti nelle Project Room 2018 intendiamo recuperare, attraverso il loro lavoro, l’idea di una coscienza allargata che non usa i mezzi più tradizionali della scultura ma ne ricerca i concetti più profondi attraverso la tecnologia e lo spazio. Dopo l’indagine sulla tecnologia e le incidenze esistenziali di Donato Piccolo e lo sguardo di Roberto Pugliese, ecco l’ultimo momento con Roberto Fanari che, creando una stanza vuota, costringe il pubblico a relazionarsi con la propria immagine».

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