La Nuova Sardegna

Il futuro? Per Baricco è un gioco

di Silvia Lutzoni
Il futuro? Per Baricco è un gioco

La copertina del nuovo libro di Alessandro Baricco, dove si può ammirare un’immagine della terra vista dalla luna, è l’esatta riproduzione di quella del celebre «Whole Earth Catalog», la rivista,...

15 dicembre 2018
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La copertina del nuovo libro di Alessandro Baricco, dove si può ammirare un’immagine della terra vista dalla luna, è l’esatta riproduzione di quella del celebre «Whole Earth Catalog», la rivista, fondata nel 1968 da Stewart Brand che si presentava come un bizzarro e ambizioso catalogo nel quale venivano censiti e recensiti tutti gli oggetti esistenti, materiali e immateriali, che potessero essere utili nell’acquisizione di una visione complessiva del mondo e nella comprensione delle mutazioni cui esso stava andando incontro (Steve Jobs, che da Brand avrebbe mutuato il celeberrimo motto «Stay hungry, stay foolish», l’aveva definita come la versione cartacea di Google).

La scelta della medesima copertina è un interessante indizio di ciò che il lettore troverà in «The Game» (Einaudi, 336 pagine, 18 euro): Baricco sembra condividerne per certi aspetti gli intenti. Il saggio è anch’esso, a suo modo, un catalogo, oltre che una sintesi piuttosto accurata di quanto è accaduto nella seconda metà del Novecento con l’avvento dell’«insurrezione digitale», che non esclude una riflessione sulle sue storture. Ma è soprattutto un manuale d’istruzioni per il futuro, una guida corredata da mappe (la cui funzionalità è opinabile), insomma un libro, sembrerebbe di capire, che contiene quel fuoco al quale il lettore può scaldare la propria vita infreddolita e tremante.

Se mai egli dubitasse delle qualità – anche profetiche – di questo oggetto, ci sarebbe Baricco a ricordarglielo a ogni piè sospinto, come quando, tirando le somme a pagina 250 scrive: «Un sentiero è diventato visibile, una coerenza si è ricomposta sotto i nostri occhi, una genealogia è salita in superficie e il profilo di una civiltà si è mostrato uscendo dalla penombra: se mio figlio oggi mi chiedesse dove stiamo andando, lo so. Da dove veniamo, lo so. Perché facciamo tutto questo, lo so». Insomma, il lettore affezionato può dormire sonni tranquilli: Baricco è rimasto uguale a se stesso negli anni e questo libro si inserisce puntualmente nel solco già tracciato nel 2006 da «I Barbari», riprendendone un assunto fondamentale: ci sono dei barbari – allora erano coloro i quali cingevano d’assedio il «villaggio dei libri», oggi sono i promotori dell’insurrezione digitale, fondatori di una civiltà tutta nuova – ma forse non sono così brutti e cattivi, possono anzi diventare i nostri compagni di ventura. Identica è rimasta la sua «postura», come verrebbe da dire parafrasando lo stesso scrittore torinese: egli è un performer non solo quando legge in pubblico, ma anche quando scrive e si osserva e si ascolta mentre scrive: «È sorprendente a quante rinunce uno si condanna se solo decide di scrivere un libro come si deve». Identica è rimasta anche la propensione a rassicurare il lettore, al quale sembra instancabilmente ripetere che sì, la situazione è complicata (anche perché, «la mappa di ciò che stiamo combinando è disegnata nel rovescio delle nostre paure»), ma che per sua fortuna c’è lui a garantirgliene la comprensione. Ciò che resta da fare a chi legge è mettere «il cellulare in modalità aereo», «mettere il ciuccio al bambino» e ascoltare, perché «questa va capita bene». Il problema è che l’effetto più immediato che questa narrazione agonisticamente metanarrativa produce è quello, si perdoni l’immagine un poco prosaica, di far sentire il lettore più attento come in una vasca da bagno nella quale si lasci scorrere tanto sapone insieme all’acqua, ma senza mai chiudere lo scarico. E ciò accade a detrimento dei numerosi spunti interessanti che il libro in verità offre e che inesorabilmente scompaiono, anche se su questo tema sono già stati in molti a pronunciarsi (fra i tanti, l’israeliano Yuval Noah Harari). Ma, a differenza di quanto credevano Kraus e Leopardi, e cioè che dopo Omero non si possa che essere epigoni, Baricco crede invece che ciò che pensa e scrive è pensato e scritto per la prima volta.

Il lettore a questo punto non potrà fare a meno di prendere in considerazione quanto prospettato da Baricco alla fine del primo capitolo: «Anche sbattere il libro nella stufa è comunque un’opzione possibile».

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