La Nuova Sardegna

Fiamme e veleno, la vendetta di Rigoletto

di ANNA CONTI *
Fiamme e veleno, la vendetta di Rigoletto

Il patto con Guendalina, anche lei vittima del Duca: ecco il sequel dell’opera di Verdi che ha vinto il concorso per le scuole

22 dicembre 2018
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La pioggia cadeva fitta, il vento andava a rafforzarsi ed il freddo gelava le ossa; grossi nuvoloni neri occupavano il cielo, il buio era totale, così come il silenzio spezzato solo dal rombo dei tuoni, l’acqua scura del fiume veniva illuminata dalla luce dei fulmini che cadevano sulla terra come saette mandate per punire l’uomo dai suoi peccati. La notte passò lunga, così come l’ultimo abbraccio di Rigoletto alla sua unica figlia. La sera dopo l’omicidio ci fu il funerale della fanciulla, molte lacrime sgorgarono dagli occhi di Giovanna e Rigoletto. Il duca, avvolto in un camice nero, non mancò di rivolgersi al buffone con false parole dolci e consolatorie. Rigoletto, inizialmente afflitto dal dolore, ora era pervaso da una rabbia incontenibile che lo travolse totalmente quando, passando davanti alla camera del Duca, sentì risolini e urla di piacere; il duca si divertiva già con un’altra fanciulla. L’unico pensiero di Rigoletto ora era di farla finita, sarebbe morto con dignità e avrebbe ben presto raggiunto la sua amata figlia in cielo. Il buffone si diresse con la sua solita camminata goffa verso le cucine tra i borbottii dei cortigiani, lì avrebbe trovato l’arma con la quale porre fine alla sua vita. Le cucine si trovavano al piano inferiore, dimora anche di alcuni cortigiani residenti al palazzo.

Capelli rossi. Nelle cucine vi era solo una donna paffuta con le gote rosse, i suoi vestiti consumati e stanchi, una cuffietta legata sotto al mento nascondeva i suoi lunghi capelli rossi; mentre la sua piccola bocca era coronata da un naso aquilino. Rigoletto aveva appena fatto il suo ingresso nella cucine quando un giovinetto si rivolse alla donna: «Madre guardi qui che belle uova ho trovato!». «Splendide figliolo – rispose la donna distratta – appoggiale pure sul tavolo e va’ a darti una lavata». Il ragazzetto guardò per pochi secondi Rigoletto e poi scappò via. Anche lui aveva i capelli rossi ma qualcosa nel suo sguardo fece rabbrividire il buffone. La donna si accorse della presenza di Rigoletto solo dopo qualche minuto.

L’uomo era rimasto sulla soglia, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. La cuoca lo accolse con un’espressione di sorpresa seguita da alcune scuse per la scortesia e da un invito ad accomodarsi. Rigoletto obbedì e si sedette su un instabile sgabello. La sorridente donna si presentò con una calorosa stretta di mano: «Piacere, Guendalina», Rigoletto non rispose. «Voi dovreste essere Rigoletto, ho saputo della perdita e vi porgo le mie più sentite condoglianze».

Urla disperate. Le ultime parole della donna vennero sovrastate dalle urla disperate di Rigoletto che riempirono le cucine di dolore e amarezza. «È stata tutta colpa di quell’ infame, lui, il Duca è stato l’assassino di mia figlia! L’amore verso un uomo incapace di amare l’ha uccisa. La maledizione si è compiuta!». Guendalina, la cui vita le aveva insegnato l’arte della comprensione e della perspicacia, si affrettò a mandare via, con una scusa, il figlioletto; e accertatasi di essere sola si avvicinò con fare delicato al buffone in lacrime e narrò la sua storia. «Sedusse anche me il Duca, molti anni fa. Arrivai al palazzo chiamata per sovraintendere la servitù, mi fu dato un bell’appartamento e il Duca si mostrò subito gentile e cordiale con me; lo reputai un uomo dolce e sincero e mi lasciai sedurre; la nostra storia d’amore segreta durò parecchi mesi duranti i quali il mio amore per lui crebbe sempre di più. Ma all’interno del palazzo le voci corrono veloci, la servitù mi raccontò atti e azioni del Duca spregevoli, ma io accecata dall’amore e consapevole della cattiveria dei cortigiani non mi fidai».

Sospetti e paure. «Tuttavia alcuni sospetti si insinuarono nella mia mente, sospetti che si trasformarono in paure quando scoprii di aspettare un bambino. Una mattina decisi di comunicare la felice notizia al Duca ma lo trovai nell’atto di sedurre un’altra fanciulla e finalmente capii che le voci sull’ infedeltà del Duca erano vere. Io e il Duca sostenemmo un’accesa discussione e mi costrinse a tacere riguardo al bambino e alla nostra storia in cambio di un lavoro agiato nelle cucine del palazzo, ed io accettai. Sono passati 8 anni da quel giorno, 8 anni durante i quali il mio disprezzo verso il Duca è cresciuto sempre di più. L’unica cosa che mi spinge ad attenermi al patto è l’amore verso mio figlio che sono in grado di mantenere da sola senza troppi sforzi». Rigoletto rimase impressionato dalla storia della cuoca, quante vite il duca aveva rovinato? Quanti amori spezzati? Quante famiglie distrutte? C’era bisogno di una vendetta, un’amara vendetta; il Duca l’avrebbe pagata cara. Convinto di aver trovato in quell’umile donna la sua complice perfetta, Rigoletto raccontò tutto alla cuoca, dalla maledizione sino alla tragica morte della figlia. E Guendalina ritrovandosi nel dolore dell’uomo decise di aiutarlo. La data della loro vendetta venne fissata in corrispondenza della grande festa in maschera in programma al castello, il Duca avrebbe smesso di vivere dopo il primo sorso dal suo calice impregnato da un potente veleno. Nonostante i pochi giorni disponibili, i due riuscirono ad organizzare la loro vendetta in modo perfetto: Rigoletto si occupò dell’avvelenamento e Guendalina della loro seguente fuga. Il giorno tanto atteso arrivò in fretta.

Confusione. A poche ore dall’inizio della festa in cucina vi era il trambusto più totale: decine di braccia affollavano il bancone, garzoni portavano ceste di alimenti che depositavano in ogni cantuccio libero; le temperature all’interno della stanza erano quasi insopportabili, ondate di calore arrivavano dai forni e dai fornelli e l’affollamento, di certo, non migliorava la situazione; odori di ogni genere aleggiavano nell’aria, l’odore pungente delle spezie, il vanigliato della torta in forno, il bruciato delle incrostazioni rimaste sul fondo delle padelle; tutta la confusione veniva amplificata dal capocuoco che, dall’alto di una sedia, sbraitava ordini a destra e a manca. Le gote già rosse di Guendalina ora, parevano infuocate. Rigoletto, invece, aiutava nella preparazione della sala e ripassava mentalmente l’esibizione che il Duca gli aveva commissionato. Il buffone avrebbe fatto il suo esordio prima dell’inizio del banchetto con un’esibizione comica e divertente; infine, grazie ad un numero con il fuoco, sarebbe riuscito a rilasciare qualche goccia del prezioso veleno nel calice del Duca.

Nobildonne e potenti. Verso le otto il castello cominciò a riempirsi: duchi, duchesse, marchesi, dame, nobildonne e uomini di potere colorarono la sala del ricevimento con i loro abiti sgargianti. Le fanciulle e i giovani uomini ancora celibi portavano sul viso eleganti maschere, che lasciavano vedere solo gli occhi e la bocca. Rigoletto dopo aver indossato i vestiti di scena si era ritirato in una stanzetta adiacente dove fece la sua comparsa Guendalina che, stravolta dal lungo lavoro, si asciugava la fronte imperlata di sudore. Gli ultimi accordi tra i due furono presi e la donna si allontanò furtivamente temendo occhi indiscreti. Il Duca, come da tradizione, fece il suo ingresso trionfale per ultimo, cosicché tutti potessero ammirare la sua grandezza e raffinatezza. Terminati i doverosi saluti i presenti si accomodarono a tavola e, dopo un ulteriore controllo riguardo la presenza della preziosa boccetta, Rigoletto si presentò nella sala accompagnato da un’allegra melodia. L’esibizione del buffone fu esilarante; tutti i personaggi più potenti a quel tavolo furono canzonati da Rigoletto che, saltando da un ospite all’altro divertì l’intera compagnia. Al momento finale Rigoletto si avvicinò alla sedia del Duca. Dopo qualche attimo di silenzio, ricco di suspense, un’enorme fiamma illuminò la sala e attirò verso di sé gli occhi di tutti i presenti il tempo necessario perché Rigoletto introducesse il veleno all’interno del calice già pieno del Duca. Seguì un lungo applauso al buffone e i personali complimenti da parte del Duca, quindi Rigoletto si congedò con un grande inchino.

Maledizione compiuta. Quando nella sala tornò nuovamente il silenzio, il Duca si alzò ed elevato il calice al cielo propose un brindisi, segnale d’inizio al banchetto. Successivamente al primo sorso egli cominciò a tossire, la sua faccia si colorò di rosso, gli occhi si sbarrarono e dopo un ultimo respiro si accasciò inerte sulla sedia. Il Duca era morto, la maledizione compiuta. Rigoletto che aveva assistito a tutta la scena nascosto dietro all’orchestra, si allontanò con un sorriso compiaciuto disegnato sul volto. Come d’accordo, Guendalina e suo figlio lo aspettavano fuori dal castello con due cavalli sottratti dalla scuderia del palazzo.

Con un vago cenno della testa Rigoletto comunicò il successo dell’impresa alla donna e i tre si allontanarono avvolti dalle tenebre, decisi a lasciare per sempre Mantova, che tanta gioia e tanto dolore aveva loro arrecato.

* Studentessa al liceo

scientifico Europa

di Porto Torres

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