La Nuova Sardegna

Bitti, viaggio con le canzoni di Piero Marras

Luca Urgu
Bitti, viaggio con le canzoni di Piero Marras

Il cantautore ha ripercorso 40 anni di carriera tra parole e musica nel paese di Michelangelo Pira e dei grandi tenores

31 dicembre 2018
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BITTI. Ci sono luoghi che ti entrano nell’anima. Non possono essere uno dei tanti e non lo saranno mai. Ma rievocano con una forza unica persone, spazi, volti, identità, amistade, scelte coraggiose e impegno artistico e civile. In poche parole riferimenti.

Per questo il concerto di venerdì scorso di Piero Marras al cinema Ariston di Bitti, voluto dall’amministrazione comunale per gli eventi di Natale, non sarà archiviato come uno qualunque. Come una delle tante date di una carriera ai suoi primi quarant’anni. Nella patria di Michelangelo Pira, compianto antropologo e linguista, per tutti qui Mialinu e di Tancredi Tucconi, storica contra dei Tenores di Bitti, Piero Marras è protagonista di una performance straordinaria per intensità e pathos. Davanti a 350 persone, sedute e in piedi, il cantautore nuorese, che meglio interpreta sentimento, lingua e dinamiche sociali di un popolo in quel cinema felliniano sente forte l’affetto e ricambia con altrettanta generosità con le sue canzoni che per oltre due ore dettano i tempi per un viaggio nella carriera di Marras che si racconta. Rievoca atmosfere, paure, e sogni giovanili fino all’approdo delle ultimi stagioni in un percorso di grande coerenza che ne scolpisce in rima un manifesto inattaccabile. Così assieme alle corde della chitarra e ai tasti del piano la sua voce e le sue liriche sanno toccare le corde dell’anima. E per capire come funziona lo si intuisce da subito, fin dal primo brano “A sa libra” (testo di Paolo Pillonca) dedicato proprio a Mialinu Pira. Testo e interpretazione struggente che rievoca proprio i luoghi dell’anima, quelli in cui ognuno di noi torna per ritemprare corpo e spirito. Ma nei testi e nelle canzoni di Piero Marras ci sono anche storie di condivisione come quella di quel ragazzo che incontrò poco prima di un concerto e che gli confidò che aveva bisogno di parlare con lui. Il giovane inquieto gli scrisse una lettera che era poi un grido di allarme, una richiesta di aiuto che divenne una canzone “Lettera”. Le parole del maestro e le note sul piano fanno già capire che sta per interpretare un altro brano, uno di quelli che fa venire la pelle d’oca: Babbu. Una canzone per il padre di ognuno di noi, ma che si può interpretare – è lo stesso Marras a dirlo – anche per indicare un riferimento.

A quei padri spirituali capaci di segnare il tempo e che ora non ci sono più. Babbu viene da quell’album Abbardente, che ha un sound che non passa di moda. Ha ritmo ed energia che si adatta all’ambiente e che sembra funzionare meglio quando trova macchia di lentischio e corbezzolo nei paraggi. Insomma non proprio dove ci sono distese di prato inglese.

L’uomo del bilinguismo perfetto, ha scritto e interpretato canzoni significative e profonde e con amaro sarcasmo in entrambi gli idiomi ha cantato con spirito di denuncia anche la cronaca. Dal primo album Fuori Campo, passando per Stazzi Uniti fino all’ultimi doppio lavoro sulle storie liberate. Come in un’antologia nella notte di Bitti non si dimentica nulla. Non è mancata anche la celebre Osposidda sui fatti del tragico conflitto a fuoco sul costone del Supramonte di Oliena ancora una volta dai testi del compianto Paolo Pillonca. Ma come si diceva la musica e la sua bellezza non è niente senza condivisione. Per questo la serata è stata aperta dai padroni di casa dei Nottambuli (Paquito Farina, Omar Bandinu, Marco Serra, Ernesto Sanna e Michele Massaiu) li ha riportati nel gran finale sul palco con mastru Marras e la sua band (Manuel Rossi Cabitza, Gianluca Cadau, Stefano Casti, Maurizio Vizilio, Roberto Putzu). Insieme hanno interpretato altri pezzi cult (Domos de pedra e Rundinedda) come in una jam session. Il pubblico si sente accarezzato e chiede ancora più coccole che arrivano in un lungo bis che scema tra gli applausi.

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