La Nuova Sardegna

Oliena 

Tazzine e piattini Il rito del caffé arriva in Barbagia

Tazzine e piattini Il rito del caffé arriva in Barbagia

Qualcuno ha portato le tazzine del servizio buono, altri le caffettiere delle bisnonne custodite di madre in figlia. Alcuni sono arrivati con i vecchi macinini, i cucchiaini, le lattiere e le...

05 ottobre 2019
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Qualcuno ha portato le tazzine del servizio buono, altri le caffettiere delle bisnonne custodite di madre in figlia. Alcuni sono arrivati con i vecchi macinini, i cucchiaini, le lattiere e le zuccheriere di famiglia. Il passa parola ha funzionato e gli abitanti di Oliena si sono messi d’impegno per contribuire all’allestimento di “Lupiaisucafè”, la mostra inaugurata il 14 settembre, durante la tappa in paese di Autunno in Barbagia, e aperta fino alla fine di ottobre il sabato e la domenica pomeriggio nel Quartiere Spagnolo. Dura per tutto ottobre. Chi accetta l’invito del titolo a condividere una tazzina simbolica di nero fumante respira una sinfonia di aromi: i chicchi tostati, la glassa dei pistocus, la freschezza dell’anice; personificazioni olfattive del proverbio che dice «In ube b’hat istranzu mancari malu b’est deus». Ovunque ci sia un ospite, fosse pure cattivo, c’è Dio. La mostra dedicata al rito comunitario del caffè, simbolo della proverbiale ospitalità barbaricina, nasce da un’idea del Presidio Turistico Galaveras, con la direzione artistica di Stefano Resmini, la collaborazione di Giovanna Palimodde e Giovanni Fancello, le installazioni di Guido Beltrami, le parole di Clara Farina e le opere di Cenzo Cocca. È un percorso in cinque stanze, e come spiega Giovanna Congiu di Galaveras, «tocca i vari momenti della giornata, le occasioni più importanti della vita collettiva». Nell’allestimento curato da Stefano Resmini, le vecchie caffettiere colorate di ferrosmalto raccontano una quotidianità che resiste ai cambiamenti vorticosi, i piattini dei servizi buoni sono piccoli numi tutelari , mentre un’installazione di pistocus dalla glassa candida ondeggia al vento come una musica familiare. I ritratti ad ago e filo di Ballero, Delitala, Dannunzio dialogano dal passato con il presente dell’ultima stanza, dove le pareti ricoperte di foto di famiglia e specchi che riflettono i volti dei visitatori rinnovano il rito collettivo del riconoscere e riconoscersi . (grazia brundu)

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