La Nuova Sardegna

«Il mondo di oggi sedotto dalla violenza»

di Grazia Brundu
«Il mondo di oggi sedotto dalla violenza»

Lo scrittore, ospite mercoledì prossimo del festival Florinas in giallo, parla del suo nuovo romanzo “Pietro e Paolo”

13 ottobre 2019
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Se potessero scendere da una pagina del calendario, esattamente quella del 29 giugno, per ritrovarsi all’improvviso nella Sardegna del secolo scorso, san Pietro e san Paolo sarebbero due giovani uomini poco più che ventenni, che in una fredda mattina d’inverno si danno appuntamento per sciogliere un nodo drammatico del loro breve passato, dal quale dipenderà tutto il loro futuro. “Pietro e Paolo” si intitola, appunto, il nuovo romanzo di Marcello Fois, pubblicato a settembre da Einaudi come i precedenti. E dei due apostoli non prende in prestito solo il nome, ma anche due caratteristiche che Fois definisce «due superpoteri. Nel caso di Pietro l’invisibilità, quando sfugge alle guardie dell’imperatore, accompagnato fuori dalla cella da un angelo; per Paolo, invece, la capacità di “vedere” anche oltre la cecità».

DIVENTARE ADULTI. Queste due peculiarità ritornano, in un modo che è meglio non svelare per non rovinare il piacere della trama, in un romanzo che parla di amicizia e della difficoltà di diventare adulti, ed è ambientato, come succede spesso nella produzione dello scrittore nuorese, negli anni intorno alla prima guerra mondiale. Marcello Fois presenta il libro mercoledì a Florinas (alle 19, nel centro sociale di piazza del Popolo) per l’ultimissimo appuntamento della decima edizione di “Florinas in Giallo”, che da quest’anno è partner di “Isola delle storie”, il festival letterario di Gavoi fondato e diretto proprio da Fois. Che, a questo proposito, dice: «Si tratta di due festival accomunati dalla qualità delle proposte, e sono sicuro che insieme faremo delle cose interessanti anche nei prossimi anni». A Florinas, lo scrittore dialogherà con Alessandro De Roma. Poi, il giorno seguente sarà ad Alghero, alle 19 a Lo Quarter, insieme a Stefano Resmini e Giovanni Fancello.

STORIA DI UN’AMICIZIA. Se il libro precedente, “Del dirsi addio”, era ambientato a Bolzano, ora Fois ritorna in Sardegna, nella Nuoro dove è nato, anche se da anni vive e lavora a Bologna. È a Nuoro che nasce l’amicizia tra Pietro e Paolo, entrambi venuti alla luce l’ultimo anno dell’Ottocento, ma lontanissimi per condizione famigliare. Pietro, infatti, è il figlio di un servo del ricco Pasqualino Mannoni, padre di Paolo. Nonostante tutto, però, i due da bambini sono inseparabili, e restano amici anche crescendo. Almeno fino a quando Paolo è costretto ad arruolarsi nella prima guerra mondiale, e l’autoritario Pasqulino Mannoni convince anche Pietro ad andare con lui, per continuare a proteggerlo. Al fronte, però, l’equilibrio si spezza, quando le gerarchie militari, lontane anni luce da quelle sociali valide sull’isola, costringono Pietro a ubbidire a un ordine che Paolo vive come un tradimento, e infine a disertare. Questo l’antefatto.Il presente, invece, è «un conto alla rovescia dei capitoli, dal sedici allo zero, «perché il romanzo – spiega Fois – racconta un incontro che sta per accadere e durante il quale si dipaneranno delle faccende rimaste in sospeso. I capitoli procedono nel senso del cammino di Pietro, che parte a piedi da Lollove per raggiungere Paolo a Nuoro, e scandiscono una distanza tra i due che si accorcia progressivamente». “Pietro e Paolo” ha il ritmo ineluttabile della tragedia greca ibridata con un duello western.

COME UN THRILLER. Ed è scandito, come ammette l’autore, dalle parole «fede, fiducia, amicizia, che poi sono anche alcune delle strade maestre per capire questa storia», dove si mescolano i elementi tipici del romanzo di formazione con quelli del thriller e della suspense, perfino con un pizzico di realismo magico. Un aspetto ricorrente del libro, infatti, sono le visioni, le premonizioni, un senso di magia e di soprannaturale che è uno degli aspetti più affascinanti del romanzo. Soprattutto perché l’elemento inspiegabile non viene mai accettato o rinnegato una volta per tutte, ma come capisce Pietro alla fine del libro «ci appare ciò di cui abbiamo bisogno, se ci crediamo».

VOLONTÀ DI CREDERE. Le visioni, le premonizioni, la volontà di credere a dispetto della logica sono, nel bene e nel male, per Fois, «uno dei punti in comune tra gli anni Venti del secolo scorso e gli anni Venti che stanno per iniziare. Ho ambientato il libro esattamente cento ani fa, nel 1920 – spiega – perché mi sembra che questi scorci di secolo ribadiscano problemi abbastanza simili sotto certi aspetti, pur tenendo conto delle enormi differenze esistenti tra i due periodi. Gli anni Venti del Novecento e quelli attuali hanno in comune una condizione di riassestamento, che per quanto riguarda il presente non si sa dove potrebbe portare. Nel secolo scorso hanno condotto a una stagione di dittature violentissime, e temo che i nostri anni Venti non siano molto distanti da quel tipo di malie, di fascinazioni».

IN TRINCEA. Gli anni della prima guerra mondiale, centrali nel romanzo, sono anche quelli dell’apparizione della Madonna di Fatima, a cui pure accenna il libro, attraverso un personaggio che ne propone una spiegazione molto più “terrena”. Un’alternativa che però, precisa Fois, «non ne inficia il valore. Io dico semplicemente che le apparizioni, i miracoli, sono un dispositivo che ci aiuta a superare periodi particolarmente feroci sotto certi aspetti. Sostanzialmente, sono utili per coloro a cui servono. All’epoca di Fatima, alle persone poteva bastare l’apparizione della Madonna. Anche oggi, però, almeno ogni tanto, abbiamo bisogno di fare riferimento al metafisico, allo spirituale, perché il reale non è abbastanza soddisfacente, fa paura, è inquietante. La visione a volte è solo una forma di anestesia, un placebo, rispetto al mondo circostante. E ho l’impressione che molti in questo momento abbiano dismesso il ragionamento».

LIBRO RIASSUNTO. Nella vasta produzione letteraria di Fois, con più di trenta titoli pubblicati dall’inizio degli anni Novanta, testimonianza di una curiosità inesauribile per diversi generi letterari, «“Pietro e Paolo” è una specie di libro riassunto – dice l’autore –. Dentro ci sono i temi e gli elementi che mi stanno più a cuore, e che si trovano per esempio in “Memoria del vuoto” o la trilogia dei Chironi: la prima guerra mondiale, l’amicizia, il miracolo, la donna contesa». Segno dell’inizio di una nuova fase? «Un po’ era già iniziata – ammette – con il romanzo precedente ambientato a Bolzano, “Del dirsi addio”, e forse adesso riprenderò quella strada lì. Però non è assolutamente un addio alla Sardegna; non è possibile per me abbandonarla, in nessun modo».



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