La Nuova Sardegna

Enrico Berlinguer nel solco storico di Palmiro Togliatti

di Costantino Cossu
Enrico Berlinguer nel solco storico di Palmiro Togliatti

Tra Sassari e Roma: i ricordi di Luigi Berlinguer Da oggi in edicola la biografia del leader del Pci

18 ottobre 2019
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Enrico Berlinguer e la “sua” Sassari, ma anche Enrico Berlinguer leader politico in continuità con una storia del comunismo italiano che da Gramsci e attraverso Togliatti arriva sino alla “solidarietà nazionale” e alla rottura con Mosca. È il ritratto che esce dal racconto di un testimone diretto, Luigi Berlinguer, a sua volta dirigente di primo piano del Pci e cugino di Enrico.

Qual è stato il rapporto di Enrico Berlinguer con la città in cui è nato, Sassari?

«Sassari è stata l’infanzia e l’adolescenza. Una città con la quale Enrico aveva un rapporto affettivo forte. Sassari e Stintino, il borgo delle lunghe estati da ragazzo ma anche, quando Enrico era ormai il leader affermato del Pci, il luogo in cui il tumulto della politica cedeva il passo al soffio del maestrale, alla brezza marina, alle uscite in barca, alle chiacchierate in spiaggia con gli amici, al recupero di una dimensione familiare che per lui è stata sempre importante. Una dimensione che Enrico ha sempre voluto corresse parallela a quella del suo impegno politico. Parallela, ovvero senza mai alcun intreccio compromissorio. Ricordo una battuta di Enrico in cui c’è tutto lui ma anche tutto il dirigente comunista: “Io con i miei familiari ci mangio solo il porcetto”».

Del Berlinguer politico che giudizio si può dare?

«Prima che un giudizio politico vorrei dare un giudizio storico. Berlinguer non nasce dal nulla. E’ il figlio di una storia del comunismo italiano che va da Antonio Gramsci, soprattutto da quello dei Quaderni, sino a quel genio assoluto della politica che è stato Palmiro Togliatti. Caduto il fascismo, Togliatti capisce che per non fare del Pci una setta politicamente irrilevante si dovevano fare i conti con il fatto che l’orizzonte dell’azione del partito era ormai quello di una democrazia nascente inserita nel contesto storico delle democrazie occidentali. Da qui nasce la svolta di Salerno, il “Partito nuovo” togliattiano. Che non è nuovo perché cessa di essere comunista, ma è nuovo perché ha l’ambizione di inserire il movimento operaio italiano tra le componenti politicamente vitali della democrazia repubblicana. Un partito di massa capace di conquistare larghi consensi a quel progetto di democrazia progressiva nel quale Togliatti identificava la “via italiana al socialismo”. Una visione in cui i valori di libertà, il sostegno convinto alle istituzioni democratiche disegnate dalla Costituzione, fossero inscindibilmente intrecciati al perseguimento della giustizia sociale. Giustizia, quindi, ma anche libertà. In questo solco si è sviluppata l’azione politica di Enrico Berlinguer: nel solco gramsciano dell’egemonia come consenso largo e diffuso verso le idee socialiste e nel solco del partito nuovo e della democrazia progressiva di Togliatti. Un processo lungo e travagliato».

Un processo con alti e bassi. Penso ad esempio all’allineamento del Pci a Mosca durante l’invasione dell’Ungheria nel 1956...

«I processi storici hanno i loro tempi di maturazione. E se ciò che non potè accadere nel 1956 invece accadde dopo – sino alla denuncia berlingueriana dell’esaurimento del ruolo propulsivo della rivoluzione d’ottobre e sino al riconoscimento della democrazia come un valore assoluto – è perché, da Gramsci a Berlinguer passando per Togliatti, la storia del comunismo italiano è sempre stata segnata da una riflessione teorica e da un’azione politica in cui i valori della libertà e quelli della giustizia sociale non sono mai stati dichiarati antitetici».

Pci e Pd sono due cose del tutto diverse. E però forse si può provare a guardare al Pd attraverso la storia del Pci che abbiamo appena delineato...

«Per Togliatti e per Berlinguer era decisivo avere una visione alta, strategica, della politica. Ma erano anche convinti che la politica dovesse incidere concretamente sulla realtà. Non bisogna solo saper proporre un progetto di società legato a valori di libertà e di giustizia. Bisogna anche avere la accortezza tattica di calare visioni strategiche e grandi idee nella realtà dei rapporti tra i ceti sociali e tra le forze politiche nelle contingenze storiche date. Quando Togliatti e Berlinguer si battevano contro le derive propagandistiche sempre ricorrenti a sinistra, lo facevano perché vedevano, con una chiarezza estrema, quanto quelle derive fossero politicamente sterili. Una lezione che mi sembra più che mai attuale».

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