La Nuova Sardegna

Salvatore Ligios 

Scatti e progetti di un sardo totale

Scatti e progetti di un sardo totale

Pochi giorni fa – reduce da mostre fotografiche a Bitti e Cagliari – era a Neoneli, tra il lago Omodeo con vista sulla catena del Grighine, cenacolo di tenores, rassegne letterarie e gastronomiche...

19 ottobre 2019
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Pochi giorni fa – reduce da mostre fotografiche a Bitti e Cagliari – era a Neoneli, tra il lago Omodeo con vista sulla catena del Grighine, cenacolo di tenores, rassegne letterarie e gastronomiche tra Licanìas e Lichìtos. Paese che, come pochi altri, inventa l’impossibile contro lo spopolamento di oggi e quello prossimo venturo. Dopo “Sèberu, Alghero Street Photography Awards” – è caduta qui la scelta-premio di Tore Ligios, per allestire una delle mille mostre di cui è Sardus Pater tra isola e resto del mondo con immagini in bianco e nero, scrittore ed editore selettivo, critico d’arte, docente all’Accademia di Sassari, anche politico (sindaco moroteo), creatore di “Su Palatu”, tempio nuragico della fotografia made in Sardinia. Professionista di multiforme impegno e ingegno, 70mila chilometri all’anno in Sardegna, quasi duecento al giorno. A dormire? Semper in bidda, 365 notti all’anno. Con altri amici – occhiali Polaroid su mezza fronte – trasporta gigantografie di foto nel rione Corràle, vie Aldo Moro e Falcone e Borsellino, ma anche via dottor Melis (manca il nome di battesimo, era stato il primo medico a fine Ottocento).

Case di trachite e basalto, portoncini malandati chiusi a lucchetto sormontati da numeri civici impressi su placche in rame laccato a foggia di ceramica di pregio. Ligios è a casa, qui è cittadino ad honorem, ogni paese sardo è suo come Villanova Monteleone dove è nato e dove vive con moglie e due figli, rione Puttu Frittu, vista su Monte Minerva dove forse andava a cavallo una dea grecosarda tra guerre giuste e saggezza. Un paese agropastorale diventato capitale nuragica dì fotografia. E così anche Neoneli, come lo sono stati Fonni e Villasor, Ulassai e Lodine, Sedilo e Santulussurgiu, si trasforma in poche ore in museo a cielo aperto. Si piazzano le foto per autore, basta avere tra la mani tasselli, una livella e l’avvitatore, il dimetro in legno e un martello. Muri spogli diventano pareti da pinacoteca. È l’anonimo che diventa arte.

Sotto il Gennargentu e tra Sulcis e Gallura ogni villaggio letto da Ligios si ritrova globale, l’identità è parola senza campanili, con artisti europei e nordamericani. È così a Corrale, dove la voce Peppe Loisu che canta “Astore ola ola cara a entu” (astore vola vola controvento) vi contaminate con l’ungherese Simon Móricz-Sabján (primo premio fotografia documentaria con la famiglia Borsos), della tedesca Sandra Hoyn (premio Blow up con Gli ultimi Orangutan), del sardo Andrea Cappai di Quartucciu (premio Insula/Insulae con Animna Incartada dove emerge la rabbia per le devastazioni ambientali), della spagnola Maria Contreras Coll (premio Blow up con il suo Viaggio nell’impurità) e del canadese Amy Friend (premio Blow up con Persa da qualche parte tra la terra e la mia casa).

Messaggi universali

Ogni paese diventa simbolo di integrazione. Tra poesie e poeti, tra “Il selvatico nelle tradizioni sarde” (con Mario Arca) e Làcanas (confini senza confini), tra Litterados e Mamuthones, tra “Zente virtudosa. Ritratti” (con Flavio. Soriga) del 2003 e con “Padri e figli. Sulle tracce di Amsicora” (con Bachisio Bandinu e Diego Mormorio) ci si domanda se questa virtù sia solo di Ligios o se esista un medium più immediato della fotografia per veicolare messaggi universali come l’avversione alla guerra, il no al razzismo, la difesa dell’ambiente, l’uguaglianza dell’uomo in tutti e cinque i Continenti.

Fa commentare le foto da Manlio Brigaglia o Placido Cherchi. Ligios fa il maratoneta tra Bocche di Bonifacio e Golfo degli Angeli. Passione per gli scatti nata Oltretirreno, a Roma primi anni ’70, dove lavorava il fratello Luigi (fotolitografo in un ministero nel quartiere trincerato di Forte Braschi). Nato nel novembre del 1949 da babbo Giuseppe Maria (eroe della prima guerra mondiale) e da mamma Caterina Masciale, elementari a Villanova col maestro Giacomino Riu,diploma di ragioneria ad Alghero, Salvatore Ligios si iscrive in Giurisprudenza a Sassari, laurea e massimo dei voti col giurista Filippo Chimenti. A Roma frequenta proprio lo studio Chimenti, monitora le ricette di tutte le farmacie italiane, quando una sera, racconta, «mi fermo davanti allo studio De Bernardis e compro la prima Pentax MX col corredo dell’obiettivo 50 normale, il 135 tele e il 28 grandangolo, pagamento a rate, usavo rullini Ilford e Ferrania. Torno in Sardegna e comincio a fotografare le tradizioni popolari. Fotografo gare equestri, il più classico dei poeti dialettali, Remundu Piras, lo riprendo nell’ultima gara prima delle morte, 1978, con un altro Grande, Peppe Sotgiu di Bonorva». Dice: «Il primo scatto realizzato sopra il palco di piazza Fontana in Villanova, alla festa di San Leonardo, a distanza di quarant’anni è diventata la pietra fondativa del viaggio intrapreso per esplorare la poesia contemporanea in Sardegna». Ed eccolo errare di festa in festa, analizza le professioni, si appassiona di politica, sceglie la sinistra di Pietrino Soddu. A Roma frequenta Piazza del Gesù, Moro e Fanfani, nel 1980 è il primo degli eletti e diventa sindaco di Villanova, dice no a cementificare la costa («alcuni mi chiamavamo forestiero perché mio padre era nato a Bitti»). La passione per la foto diventa professione. A Sassari nasce l’Accademia Mario Sironi e Ligios “cresce”, gira la Sardegna a cavallo e diventa professore di fotografia stimolato da Sisinnio Usai. Di quel periodo ricorda «un Natale a Osidda, con Andrea Parodi, Elena Ledda e i Tenores di Bitti di Daniele Cossellu».

Crescendo

Ligios dà immagine alla voce con un crescendo costante. Ed ecco un’altra idea geniale. Ha il sostegno di Pietro Fois sindaco Pci. Alla fine del 1999, Su Palatu, la vecchia scuola elementare del paese, diventa il polo di riferimento per la fotografia in Sardegna. E non si può non andare a Villanova. Dalla primavera del 2000 organizza oltre cento mostre fotografiche, gli autori esposti sono stati circa 160. Tra gli altri: Claudio Abate, Lorenza Lucchi Basili, Jean-André Bertozzi (Corsica), Ursula Böhmer (Germania), Roger Ballen (Usa), Žiga Koritnik (Slovenia), Eric Chevalier (Canada), Antonello Cuccu, Raphaël Dallaporta (Francia), Gian Carlo Deidda, Marco Delogu, John Delaney (Usa), Antonia Dettori, William Follesa, Greta Frau, Kalì+Uleri, Massimo Mastrorillo, Joel Meyerowitz (Stati Uniti), Leonard Sussman (Usa), Franco Zecchin, Pablo Volta, Luca Spano, Stefania Mattu, Andrea Gjestvang (Norvegia), Bieke Deeporter (Belgio), Myriam Meloni. Non basta: a cadenza biennale, dal 2006 al 2016 organizza “Menotrentuno, rassegna rivolta a giovani sotto i 31 anni provenienti europei”. Nel 2011, per le beghe eterne delle dinamiche paesane, si interrompe l’uso dello spazio comunale di Su Palatu. E Ligios diventa cittadino sardo globale, perde Villanova ma ci guadagna la Sardegna, con la critica Sonia Borsato promuove giovani talenti, l’attività si sposta in tutta l’isola con mostre e pubblicazione di libri fotografici. Esposizioni a Sassari, Alghero, Tortolì, Nuoro, Villaverde, Cagliari, Baradili, Bitti, Ghilarza, Neoneli. A Villanova Monteleone, due mesi fa, espone le foto della grande guerra. Un successo davvero strepitoso.

Fa capire il messaggio di Maria Lai: «La terra la terra la terra duemila anni di guerra». Dal 2006 ha il sostegno di Vigne Surrau, mecenate Tino Demuro e con le foto d’arte può volare per il mondo. In questi giorni alla Facoltà Teologica di Cagliari cura le immagini sul paesaggio contemporaneo della Sardegna realizzate da Stefano Pia, Tiziano Demuro, Anna Piroddi, Gigi Murru, Tiziano Canu, Marianna Ogana, Mario Arca, Simona Sanna, Pierluigi Dessì, Roberta Masala, accompagnate dal catalogo della Soter editrice. È Ligios caposcuola e mecenate. Idem a Neoneli. Lo aiutano altri artisti artigiani: Roberto Carzedda di Terra Pintada di Bitti, Francesco Rossi di Ulassai, e i compaesani Giusi Murgia e Mario Arca. La foto più bella? «Una foto di Caddos, fatta a San Mauro di Sorgono». E la Sardegna di oggi? «La vedo statica, senza progetto».

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