La Nuova Sardegna

L'intervista

Riccardo Zara, voce dei Cavalieri del re: «Indimenticabili le nostre sigle per i cartoni animati»

di Fabio Canessa
Riccardo Zara, voce dei Cavalieri del re: «Indimenticabili le nostre sigle per i cartoni animati»

«L’Uomo tigre è nata in treno. La Sardegna? Ricordi bellissimi: mio padre era di Villasimius»

08 maggio 2024
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C’erano una volta I Cavalieri del Re. Basta ricordare il nome del gruppo per innescare immediatamente tra amici oggi quarantenni e cinquantenni un canto collettivo, perché tutti conoscono ancora a memoria i brani del loro repertorio costruito tra il 1981 e il 1986 firmando decine di sigle di successo di cartoni animati. Da “L’Uomo Tigre” a “Devilman”, da “Lady Oscar” alla meravigliosa “Libro Cuore” per citarne solo alcune delle più amate allora come oggi.

Musica e testi indimenticabili composti da Riccardo Zara, anche voce del quartetto insieme agli altri componenti: l’allora moglie Clara Serina, la sorella di lei Guiomar e il figlio Jonathan. Un’esperienza durata pochi anni, ma che ha lasciato un segno indelebile in più di una generazione.

Un’avventura che il leader del gruppo ha deciso di raccontare in un’autobiografia appena pubblicata da Nippon Shock Edizioni con il titolo “I Cavalieri del Re - La vera storia”. Quasi settecento pagine in cui Zara ripercorre quel periodo di successo senza tralasciare, con sincerità, aspetti meno piacevoli e dolorosi. E dove Zara, nato a Monfalcone, ricorda anche le sue origini sarde per via del padre che dall’isola, precisamente da Villasimius, si era trasferito in Friuli.

Maestro, cosa l’ha spinta a scrivere il libro?
«Ho iniziato nel 2021, dopo aver partecipato a una trasmissione radio realizzata per il quarantesimo anniversario della nascita dei Cavalieri del Re. In quella occasione mi sono reso conto, una volta di più, di quanto siamo rimasti nel cuore degli ex bambini e ragazzi degli anni Ottanta. E poi, siccome nel tempo sono state dette su di noi alcune inesattezze, tra errori e qualche bugia, ho pensato di raccontare come sono andate veramente le cose. Con tutti i dettagli, compresi quelli non proprio positivi. Per lasciare una testimonianza autentica della nostra storia».

Un regalo per i fan. Che effetto le fa l’amore sempre dimostrato nei vostri confronti a distanza di così tanto tempo?
«Per me è una grande gioia, oltre a gratificarmi come musicista. Quando smettemmo nel 1986 pensavo che si sarebbero dimenticati di noi e delle nostre canzoni nel giro al massimo di un lustro. Invece con il passare degli anni e dei decenni i fan sono rimasti e aumentati».

Ma come nascevano le vostre sigle?
«Comporre testi e musica è un’attitudine che ho sempre avuto e allenato sin da piccolo, quando ho iniziato a suonare. Per le sigle dovevo giocare molto con la fantasia perché del cartone non vedevo niente prima, mi davano solo qualche breve indicazione sulla trama. Spesso parole e musica arrivavano insieme all’improvviso in qualche momento magico e ricordo, per esempio, che il brano per “L’Uomo Tigre” nacque mentre mi trovavo su un treno da Roma a Milano».

Nel libro parla anche della Sardegna perché suo padre era di Villasimius. Qual è il primo ricordo che le viene in mente pensando all’isola?
«Una vacanza nel 1958 nel paese natale di mio padre, quando avevo 12 anni. Mio zio, allora vicesindaco di Villasimius, allestì un cinema all’aperto nel cortile di casa sua e mi insegnò i trucchi della cabina di proiezione. Mi lasciava poi da solo a fare tutto anche se ero ancora piccolo. Caricavo le bobine, riparavo la pellicola quando si rompeva, annunciavo al pubblico che il film stava per cominciare. Quelli sono stati dei giorni fantastici per me, mi sono divertito tantissimo».

E come musicista si è mai esibito in Sardegna?
«Sì, insieme a Bruno Lauzi che ho accompagnato per anni facendo parte come bassista del suo trio, insieme a Sergio Alemanno. Ricordo un’avventura in un paese sul Gennargentu (a Zara sfugge il nome ma dalla descrizione potrebbe essere Aritzo ndr) perché rimanemmo senza carburante e arrivammo in ritardo. Inoltre dopo lo spettacolo, fino alle tre del mattino, il sindaco ci invitò a casa sua per un lauto rinfresco e tornammo il giorno dopo all’alba a Cagliari dove avevamo l’albergo. Io dormii solo un paio d’ore perché avevo organizzato di andare a trovare i parenti a Villasimius, prima di tornare nel pomeriggio per poi spostarci con gli altri a Carloforte per l’altra tappa del tour. Alla fine ero morto dalla stanchezza. Girando l’Italia con Bruno ho anche avuto la fortuna di incontrare, ma in Sicilia, la grande cantante sarda Maria Carta: una donna bellissima e una persona profonda».

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