La Nuova Sardegna

Alghero

«Dateci una casa o non ce ne andiamo»

di Andrea Massidda
«Dateci una casa o non ce ne andiamo»

Le mamme che hanno occupato l’albergo di Fertilia raccontano le loro storie e assicurano che resisteranno in tutti i modi

21 marzo 2014
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ALGHERO. C’è la mamma di 24 anni che con gli occhi lucidi tiene in braccio il suo cucciolo nato appena due mesi fa. E c’è la casalinga sfiancata dai debiti che si fa in quattro per mantenere due figli (uno dei quali con disabilità certificata del 100 per cento). Poi c’è la cameriera stagionale separata che da un giorno all’altro ha perso marito, lavoro e serenità, e ancora la ragazza madre che ha lasciato un seminterrato umido e fatiscente per il quale le chiedevano un affitto di 370 euro al mese, per lei cifra stellare. Ma tra le donne disperate che mercoledì hanno occupato l’hotel Bellavista di Fertilia c’è anche chi ha 26 anni, una bambina di due, e - ironia della sorte - sino all’altro ieri non era mai entrata in un albergo. Così a guardare quelle stanze che si affacciano su Capo Caccia, il bagno in camera, un armadio capiente e dei materassi morbidissimi le sembra di vivere un sogno. Peccato che si tratti di un incubo. Lucrezia (il nome è ovviamente di fantasia) dal 2012 ha lavorato soltanto un mese, ha i genitori cinquantenni disoccupati e considera l’unica sua fortuna il fatto di essere in buoni rapporti con il padre di sua figlia, che le paga gli alimenti. Il resto è miseria. Per questo quando le sei compagne di sventura le hanno proposto di partecipare al blitz non ha avuto esitazioni. E adesso si ritrova insieme con loro a trasformare due piani di un “tre stelle” abbandonato in un condominio molto molto particolare, dove si vive come in una comune, si fa a turno per fare le pulizie, per cucinare e per guardare i bambini.

Storie di miseria. Le vicende di queste donne capaci di ribellarsi al destino che le vedeva subire ogni santo giorno umilianti minacce di sfratto si assomigliano tutte. Tuttavia, paradossalmente, sono tutte un po’ diverse. Il comune denominatore è in effetti la povertà, dalla quale senza un lavoro stabile sembra davvero impossibile sottrarsi. «Quotidianamente - racconta Dafne, 24 anni, la mamma del neonato - ci ritroviamo a scegliere se pagare bollette e affitti oppure mangiare. Non so cosa fare: basta con le promesse di aiuto che poi non vengono mantenute».

Barricate dentro. E allora ecco che la task force rosa si organizza, occupa una struttura dimenticata dalla Regione e con l’energia e l’entusiasmo tipico femminile la fa diventare in poche ore un’accogliente dimora. Almeno all’apparenza. Certo, manca la corrente elettrica e per lavarsi bisogna riempire i bidoni, ma i bambini dormono finalmente su letti comodi e tutte le autrici dell’occupazione sono d’accordo sul fatto che questo “fortino” va difeso a ogni costo. «Noi da qui non ce ne andiamo sino a quando non ci date una casa vera». Lo hanno detto chiaramente anche ai responsabili dei servizi sociali, che ieri mattina hanno eseguito una verifica all’hotel assieme al comandante della polizia municipale Guido Calzia, ai carabinieri e a Roberto Fresu, rappresentante legale della “Sarda Resort”, società che ha in concessione per 50mila euro all’anno l’albergo chiuso.

La denuncia. Con lui anche gli avvocati Salvatore Galleri e Claudio Mastandrea, che hanno visitato la struttura ricettiva e ora, anche per tutelare il loro assistito, procederanno a fare una denuncia alla procura della Repubblica e a tutti gli altri organi competenti, Regione in testa, naturalmente. «L’albergo non è sicuro - spiegano - e se, facendo gli scongiuri, dovesse succedere qualcosa il nostro assistito potrebbe ritrovarsi a rispondere alla magistratura di qualche reato colposo».

Il lavoro che non c’è. A chiudere la triste sequela di racconti è Tania, 36 anni, con un figlio che non è ancora adolescente e che si è cresciuta da sola con immani sacrifici. «È da cinque mesi che non riesco più a pagare l’ affitto - dice - e per una casa che sta cadendo a pezzi. Cos’altro potevo fare se non unirmi a questo gruppo di donne? Io non chiedo sussidi, voglio soltanto un lavoro».

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