La Nuova Sardegna

Carbosulcis, chiusura con incognite

Carbosulcis, chiusura con incognite

L’Europa pronta a chiedere ufficialmente la restituzione dei 405 milioni. Regione e sindacati si appellano al governo

05 ottobre 2013
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CAGLIARI. Il problema non è più “se”, ma “come”. Carbosulcis è un morto che cammina, inutile far finta di nulla. Tra inchieste penali, decisione della Ue, ignavia della Regione e disinteresse del governo, l’azienda che gestisce la miniera è avviata a un declino inesorabile; non si sa quanto veloce. Sulla chiusura ormai non si discute neppure più, anche se i sindacati vorrebbero resistere. Al centro del confronto è come chiudere questo mostro, con quali soldi, e con quali prospettive per i lavoratori, molti giovani, tanti con professionalità certo non comuni, e per un intero territorio, che ha già pagato prezzi elevatissimi sul fronte industriale. L’incontro di giovedì tra sindacati e assessore regionale all’industria è stato un dialogo tra sordi.

La Regione. L'assessore dell'Industria, Antonello Liori, ha spiegato che «bisogna portare avanti un piano, concordato con le parti, che possa anche influenzare positivamente la chiusura della procedura di infrazione aperta dell'Unione europea sulla Carbosulcis. È necessario trovare una linea comune, che potrà scaturire da un tavolo tecnico, dove esaminare problemi e soluzioni. Fra gli obiettivi, resta fondamentale quello della salvaguardia dei posti di lavoro, ma anche l'individuazione di un adeguato piano di riconversione». Chiusura ma concordata. Per adesso così stanti le cose, una cornice senza alcun disegno all’interno.

Il sindacato. «Non firmeremo e non condivideremo mai un piano di dismissione che ci offende perché ci vuole complici della inefficienza storica nella gestione politica della Carbosulcis – è stato il commento di Francesco Garau, segretario provinciale della Filctem-Cgil – la politica si assuma la responsabilità di fare tutti i piani che crede, tenendo conto che sarà l'ultimo anello dello sfascio dell'industria nel Sulcis». Dello stesso avviso anche Giacomo Migheli, segretario regionale della Filctem-Cgil che assicura «non vogliamo far parte di un tavolo tecnico con chi ha gestito la miniera. Chiediamo invece che presenti subito un piano realistico e credibile su come intende salvaguardare l'occupazione e con quali attività produttive. Una richiesta che deve interessare anche il Mise», a cui è stato chiesto un incontro urgente.Dura la presa di posizione dei rappresentanti sindacali della Rsu. «Ci aspettavamo di più – ha precisato Sandro Mereu – adesso è necessario che ci sia subito un incontro al Mise per chiarire una volta per tutte cosa si vuole fare dell'intera vertenza». I delegati sindacali si sono dati appuntamento per lunedì. «Sarà l'occasione per discutere e organizzare la mobilitazione perché non possiamo sacrificare 430 posti di lavoro».

L’Europa. Emergono intanto nuovi elementi dalla riunione con i tecnici dell’ambasciata italiana nella Unione Europea, a cui è seguito un fugace incontro con gli stessi esperti dell’Unione. La pratica sulla procedura di infrazione è sul punto di essere chiusa a sfavore della Sardegna. Solo la presentazione di un progetto che segua rigorosamente le procedure europee per la chiusura delle miniere di carbone potrebbe attutire il colpo, ma a condizione che non si tenti di caricare sulla Regione (che dovrà mettere i fondi per la chiusura), voci improprie. Secondo un piano che circola in Regione, Carbosulcis chiederebbe sino al 2027 una somma compresa tra i 14 e i 21 milioni l’anno. Impossibile, come qualcuno sogna, usarli dal piano Sulcis o dagli altri interventi per il territorio. Difficile agganciarli a fantomatici progetti ambientali tutti da realizzare. E allora da dove si tirano fuori i soldi già dal prossimo anno? (g.cen.)

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