La Nuova Sardegna

Moby Prince: corteo a Livorno a 27 anni dalla strage

Il corteo di Livorno
Il corteo di Livorno

Il consiglio comunale commemora le 140 vittime (di cui 26 sarde). I familiari: ora la verità

10 aprile 2018
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LIVORNO. Centinaia di persone hanno sfilato in corteo per le principali vie del centro a Livorno per ricordare le 140 vittime (di cui 26 erano sarde) della tragedia del Moby Prince, il traghetto sul quale morirono dopo che si incendiò in seguito a una collisione con la petroliera Agip Abruzzo alla fonda nella rada livornese la sera del 10 aprile 1991.

Dopo la commemorazione ufficiale nell'aula del consiglio comunale, decine di amministratori, familiari delle vittime e semplici cittadini si sono incolonnati dietro lo striscione che in questi 27 anni ha sempre aperto il corteo e sul quale campeggia la scritta: "Moby Prince: 140 morti. Nessun colpevole". La manifestazione, dopo avere attraversato il centro, ha raggiunto l'andana degli anelli, nel porto mediceo, dove sono stati letti i 140 nomi delle vittime, ricordati anche nella lapide collocata al porto e dove i presenti hanno gettato 140 rose rosse in mare, mentre le navi e i rimorchiatori ormeggiati in banchina hanno suonato le sirene in segno di lutto.

Sindaco di Livorno: strage impunita.  Quella del Moby Prince "è una strage che ancora oggi resta impunita, come troppo spesso è accaduto nella storia più o meno recente di questo Paese". Lo ha detto il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, durante la commemorazione del 27/o anniversario del disastro del Moby Prince, il traghetto a bordo del quale morirono 140 persone dopo essersi incendiato a seguito di una collisione con una petroliera nella rada livornese il 10 aprile 1991.

"Per anni - ha aggiunto Nogarin - abbiamo dovuto convivere con un'insopportabile omertà. Abbiamo dovuto digerire il fatto che questo episodio fosse venduto all'esterno come un mero incidente. In tanti, a cominciare dai familiari delle vittime, non si sono mai rassegnati a questa verità ufficiale. Hanno continuato a scavare, a fare domande, a pretendere risposte. Ma questo è un Paese che ha un'innata capacità di tenere ermeticamente chiusi per decenni gli armadi della vergogna. E per sconfiggere questa resistenza endemica alla verità, alla forza di ciascun parente delle vittime della strage del Moby Prince, si è dovuta aggiungere qualcosa in più: la volontà politica di fare chiarezza. E in questo caso la politica ha un nome e un cognome: voglio ringraziare il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta, Silvio Lai, perché è grazie al suo lavoro e a quello dei commissari se oggi l'unica nebbia che avvolgeva la verità sui fatti di 27 anni fa si è diradata".

Ora, ha concluso il sindaco livornese, "i tempi sono maturi per avere tutte le risposte, tutti i dettagli: per conoscere i nomi di chi poteva controllare e non l'ha fatto, di chi doveva indagare e ha preferito guardare altrove, di chi ha pensato di poter silenziare un'intera comunità diffondendo informazioni fuorvianti se non addirittura false".

I familiari: ora la verità. "Dopo 27 anni dalla tragedia del Moby Prince, quest'anno la celebrazione dell'anniversario si svolge con uno spirito diverso, grazie alle conclusioni della commissione parlamentare d'inchiesta che hanno portato a un ribaltamento delle verità processuali e dopo le segnalazioni inoltrate la procura di Livorno noi familiari ora ci aspettiamo di poter giungere finalmente alla verità".

Lo afferma Luchino Chessa, presidente dell'associazione 10 aprile, che raduna numerosi familiari vittime. Il 10 aprile 1991 il traghetto con a bordo 141 persone entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto livornese e si incendiò restando alla deriva per ore. Ci fu un solo superstite: il mozzo Alessio Bertrand. E oggi, dopo le conclusioni della commissione parlamentare presieduta da Silvio Lai (Pd), i familiari delle vittime auspicano nuove indagini per stabilire la verità dei fatti.

"La storia ufficiale - spiega Chessa - che racconta di un banale incidente dato dalla nebbia e per cui dall'errore umano è stata finalmente smentita ipotizzando scenari ben diversi: nebbia inesistente, posizione e orientamento della petroliera diversi da quelli processuali, una turbativa nella rotta del traghetto. Smontata anche la tesi della sopravvivenza a bordo del Moby di meno di mezz'ora, che ha aiutato a sminuire le gravi responsabilità dei soccorsi, tutti diretti alla petroliera, ma inesistenti sul Moby Prince, sopravvivenza che invece è andata avanti per ore".

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