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Psicologia

Paura del giudizio: perché si manifesta e come superarla


	Marinella Cozzolino
Marinella Cozzolino

L’autostima troppo spesso risente dei giudizi negativi: i consigli della psicoterapeuta Marinella Cozzolino

07 luglio 2022
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Un timore che porta all’infelicità e spesso condiziona l’esistenza delle persone: sul lavoro, in amore, nelle decisioni importanti.  Ci porta a scegliere più che per noi stessi, per come gli altri ci desiderano. Non essere all’altezza, non essere accettati, non piacere, essere isolati perché non amabili sono le più frequenti paure esistenziali dell’essere umano… tutte legate al giudizio altrui.

La paura del giudizio, la paura di non essere all’altezza, di non essere accettati, di non piacere e quindi di essere isolati perché non amabili, è tra le paure esistenziali dell’essere umano.

In quest’epoca è sicuramente la paura, invalidante, più diffusa in assoluto. Un timore è invalidante quando porta l’individuo ad evitare determinati comportamenti, esperienze, pezzi di vita. È altrettanto invalidante rinunciare a qualcosa. Per esempio: non sentirsi capaci di tenere una conversazione che non sia banale; non sentirsi in grado di vestirsi in maniera adeguata; sentirsi in imbarazzo alla sola idea di presentarsi senza un/una partner… e allora ecco che si rinuncia a quella cena o a quell’evento.

Una paura è invalidante quando, per il timore di essere sgridato/a da un eventuale capo non inizio mai a cercare lavoro.

La paura del giudizio può essere assolutamente naturale e fisiologica o, appunto, invalidante. È naturale nella misura in cui a tutti fa piacere essere ben visti, stimati, amati ma, molti sono disposti ad accettare critiche o giudizi negativi senza che questi vadano a minare la loro autostima, per altri essere giudicati negativamente, invece, è una questione ingestibile e insopportabile. Ne parliamo con Marinella Cozzolino, psicoterapeuta sessuologa.

Perché si manifesta? Quali sono le cause scatenanti?

La paura del giudizio di cui parliamo è quella invalidante o che potrebbe diventarlo.

Andiamo con ordine e cerchiamo di capire come nasce e come si può inquadrare.

Il termine giudizio ci porta subito a una condizione di squilibrio di potere. Chi giudica è un insegnante, un genitore, un medico, un vigile urbano, una persona che occupa una posizione di superiorità rispetto ai fatti che sta giudicando. Hanno iniziato così il rapporto con i propri figli, molti genitori. L’espressione più terribile di sempre “per il tuo bene”, ha legittimato moltissimi giudizi tremendi. Tuo fratello è più intelligente; tua cugina è più studiosa di te; guarda quanto è bravo tuo padre non gli somiglierai mai; non ti impegni; sei svogliato; sei troppo pigra; sei incompetente; non farai mai niente di buono nella vita… sono le frasi con cui moltissimi sono cresciuti. L’essere giudicati per tanti è un’abitudine. Per alcune famiglie sentenziare sulle vite di ciascun membro (ma non solo) è la normalità, un modo di comunicare, qualcosa di così radicato che ad un certo punto non fa neanche più male. Per questo, chi ha paura del giudizio, ogni volta che si trova in situazioni sociali è certo di essere bersaglio di chiacchiere e critiche. Sembra paradossale ma qualcuno addirittura lo spera perché vede nel giudizio e nella eventuale critica l’unico modo per essere visto/a.

Le persone che temono in maniera così forte il giudizio altrui hanno una scarsa stima di sé. Sono stati, probabilmente, poco gratificati e spesso puniti o sgridati durante l’infanzia. Sono cresciuti sentendosi inadeguati, sempre meno capaci degli altri, soggetti a tanti, inutili paragoni, poco gratificati per la loro unicità. I genitori ovviamente non devono creare dei piccoli despoti, non devono osannare i loro figli, non esasperare il loro narcisismo, ma fortificare la loro identità. L’identità è la coscienza di sé, limiti compresi. Identità è: sei molto bravo a disegnare, non sei il migliore del mondo, ma sei molto bravo. Identità è: ti sei comportato male poiché dire bugie è un comportamento scorretto, non sei un bugiardo. Si giudicano, semmai i comportamenti, si criticano solo quelli, non le persone. Un bambino o una bambina criticati e mortificati, sviluppano senso perenne di colpa e quindi di incapacità. I genitori, attraverso critiche e giudizi, hanno il potere di far sviluppare nei figli questo senso di incapacità profondo che poi si manifesta nella paura di essere giudicati.

L’importanza di sentirsi apprezzati da piccoli

Torniamo però all’identità. Molto semplicemente l’identità di ciascuno si sviluppa grazie agli altri. Se tante persone mi dicono che ho un’attitudine per il tennis mi convincerò di saper giocare a tennis. Se dicono che ho facoltà ad imparare le lingue ed un buon accento, mi sentirò sicura di me quando parlerò una lingua diversa dalla mia. Ovviamente questo vale per i rinforzi positivi, ma se non arrivano? Se invece mi ritrovo ad avere solo frustrazioni o commenti negativi al mio agire? Chi riceve durante l’infanzia solo messaggi di sfiducia, messaggi negativi si convincerà di “non andare bene”. Il discorso è semplice: se non vado bene per i miei genitori figuriamoci per gli estranei.

In questa fase storica, questo tipo di paura è molto più diffusa. Siamo nell’era della prestazione, nell’era della competizione con le macchine, la tecnologia, che ci vuole perfetti, simili a dei computer. Siamo nell’era dei social, dell’immagine col filtro migliore, l’era dell’esposizione e del bisogno di procurare invidia sociale. Tutto questo crea ansia, una forma di ansia sociale che, in alcuni casi, può diventare fobia sociale. E la paura del giudizio è un sintomo. Gli altri, gli amici, i partner, i parenti, i fratelli, dovrebbero rappresentare un valore aggiunto per la nostra vita ma, in questo caso, sono un limite, sono la paura di esprimersi ed esporsi, la dimostrazione di essere inferiori. Sono il papà che si è fatto da solo, la mamma che ha tre lauree, la cugina con tutti i 10 in pagella, il cugino bellissimo che fa il fotomodello a New York. Sono tutto quello che saremmo potuti essere, se non ci avessero convinti che non ci saremmo mai riusciti.

Si può superare tutto questo?

Certamente sì ma solo a patto di voler lavorare duramente contro l’idea di sé stessi costruita nel tempo, contro il disamore a cui ci si è abituati, contro la paura di non essere abbastanza neanche quando si tratta di curare sé stessi.

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