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Come si prende il vaiolo delle scimmie, quali sono i sintomi e come si cura. Tutto quello che c’è da sapere; e no, non c’entra la comunità lgbt

Cesare Bonifazi
Come si prende il vaiolo delle scimmie, quali sono i sintomi e come si cura. Tutto quello che c’è da sapere; e no, non c’entra la comunità lgbt

Tra le categorie per cui è consigliato il vaccino il personale di laboratorio con possibile esposizione diretta a orthopoxvirus e le persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, che rientrano in una serie criteri di rischio. Prime dosi di vaccino saranno distribuite nelle regioni al momento più colpite: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto

06 agosto 2022
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È uscita una circolare del ministero della Salute che parla della campagna vaccinale contro il vaiolo delle scimmie, una malattia che si sta diffondendo anche in Italia e che ha superato i 500 casi. Si è acceso un dibattito principalmente sul fatto che tra le categorie considerate a rischio ci siano uomini che fanno sesso con uomini, gay, bisessuali, transessuali e persone che lavorano in laboratori. Malgrado sia stimato che statisticamente l’incidenza sia prevalente negli uomini che fanno sesso con gli uomini, l’epidemia non è in alcun modo correlata all’orientamento sessuale e potenzialmente tutte le persone che hanno un contatto fisico diretto con un infetto possono contrarre il vaiolo.

Ad oggi «la stragrande maggioranza dei casi di vaiolo delle scimmie in Italia, circa 550 con un trend in aumento – sottolinea il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, riguarda persone di sesso maschile della comunità lgbt+, ma sarebbe scorretto pensare che il contagio rimarrà confinato all'interno di questa popolazione. L'infezione non è collegata all'orientamento sessuale - ha proseguito - ma la sua trasmissione richiede un contatto fisico importante quale è appunto il contatto sessuale». L'infezione è partita dalla comunità maschile lgbt+, ha concluso, «ma non dobbiamo commettere l'errore, fatto negli anni Ottanta ai tempi dell'Aids, di credere che la malattia riguardi solo quella comunità».

Evitando dunque di utilizzare queste categorie a rischio in maniera discriminatoria, è necessario fare chiarezza su cosa sia il vaiolo delle scimmie, come si contrae, quali sono le cure attraverso anche uno studio approfondito condotto da Ars Toscana che ha pubblicato un report completo della malattia nel nostro territorio.


Cos’è il vaiolo delle scimmie
Quello che comunemente chiamiamo vaiolo delle scimmie, o monkeypox, o MPX, è una malattia infettiva causata da virus identificato con il nome di “Orthopoxvirus”, molto simile a quello del vaiolo classico e quello bovino. 

Quali sono i sintomi
Il vaiolo delle scimmie può iniziare con la febbre, mal di testa, dolori muscolari e l’ingrandimento dei linfonodi. Il tratto più distintivo della malattia è un’eruzione cutanea che compare a circa tre giorni dall’infezione. Può interessare diverse parti del corpo in maniera indistinta ma con particolare prevalenza in faccia, mani, piedi e zone intime. Queste eruzioni sono inizialmente vescicole, diventano poi pustole e infine croste. 

La storia
Nel 1970, il primo isolato umano di virus è stato segnalato in un bambino nella regione equatoriale della Repubblica Democratica del Congo. In seguito sono stati segnalati casi sporadici nelle aree della foresta pluviale dell'Africa centrale e occidentale e sono stati identificati grandi focolai principalmente in Congo, dove la malattia è attualmente considerata endemica, aggettivo usato per indicare malattie infettive che siano costantemente presenti in una determinata regione o popolazione- Nel 1996-1997, in RDC sono stati identificati 511 casi umani.
Il vaiolo delle scimmie umano è stato segnalato negli USA nel 2003, probabilmente dovuto a importazione in Texas di roditori vivi provenienti dal Ghana. Tutti i casi umani sono avvenuti in seguito al contatto con i cani della prateria infetti. Dal 2016 sono stati diagnosticati casi da Repubblica Centrafricana, Liberia, Nigeria (132 casi confermati nel 2017), Repubblica del Congo e Sierra Leone.

Il grafico: l’andamento dei casi nei vari Paesi del mondo

Sono rappresentati solo i paesi con almeno 100 casi al 3 agosto 2022

I casi Italiani aggiornati al 5 agosto 2022

  • Lombardia  250
  • Lazio 109
  • Emilia Romagna 62
  • Veneto 37
  • Piemonte 21
  • Toscana 21
  • Friuli 10
  • Liguria 9
  • Puglia 9
  • Campania 7
  • Trento 3
  • Marche 2
  • Sicilia 2
  • Sardegna 1  
  • Bolzano 1

Quali sono le categorie a rischio
La trasmissione avviene attraverso lo stretto contatto con materiale infetto che arriva dalle pustole, e anche attraverso le cosiddette droplets, contatto faccia a faccia e attraverso i fomiti. La predominanza, nell'attuale outbreak, di casi diagnosticati tra MSM  e le caratteristiche delle lesioni suggeriscono che la trasmissione sia avvenuta durante un rapporto sessuale. La trasmissione attraverso la cute integra è meno probabile ma non può essere esclusa. Ecco quali sono i casi a richio

  • persone con partner sessuali multipli, compresi MSM (acronimo che significa uomini che fanno sesso con uomini). 
  • bambini piccoli, donne in gravidanza, anziani e soggetti immuno-compromessi tra i contatti di casi MPX può essere alto, a causa del maggior impatto della patologia in questi gruppi di popolazione.
  • operatori sanitari che indossano indumenti protettivi e dispositivi di protezione (camice monouso, guanti, sovrascarpe, occhiali e protezione respiratoria FFP2) è molto bassa: si stima un basso impatto potenziale della patologia, con un rischio complessivo basso.
  • personale sanitario con un contatto ravvicinato non protetto con casi (ad es. contatto faccia a faccia per un tempo prolungato, contatto con lesioni aperte senza guanti, intubazione o altra procedura medica invasiva) è valutato come moderato, equivalente a quello di un contatto ravvicinato.
  • basso rischio per personale di laboratorio adeguatamente formato a seguire appropriate procedure di bio-sicurezza. L'esposizione professionale non protetta in laboratorio, in particolare con fuoriuscita o aerosolizzazione e esposizione della mucosa, comporta un'elevata probabilità di infezione e un rischio moderato di malattia. Il rischio per il personale di laboratorio non protetto è valutato elevato.

Cosa fare se si è infettati

Il ministero ha anche diramato un vademecum su come affrontare l’infezione; una volta informato il medico curante dei sintomi, occorrerà auto isolarsi evitando il contatto soprattutto con persone fragili come gli immunodepressi, i bambini al di sotto dei 12 anni e le donne in gravidanza. Da evitare anche il contatto diretto con gli animali.

L'auto-monitoraggio prevede il controllo della febbre (almeno due volte al giorno) o di altri sintomi come il mal di testa, mal di schiena, linfoadenopatia ecc. o eruzione cutanea da causa sconosciuta nei 21 giorni dall'ultima esposizione. In tal caso, andrà informato tempestivamente il Dipartimento di prevenzione e il medico curante, occorrerà auto-isolarsi . È indicato anche astenersi dalle attività sessuali per 21 giorni dopo l'ultima esposizione, igiene delle mani e respiratoria (coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, con fazzoletti monouso da smaltire correttamente, e lavarsi spesso le mani); evitare il contatto con persone immunocompromesse, bambini sotto i 12 anni e donne in gravidanza per 21 giorni dopo l'ultima esposizione; evitare il contatto stretto diretto con animali , inclusi gli animali domestici, per 21 giorni dopo l'ultima esposizione.

I contatti stretti dovrebbero essere rapidamente individuati e informati del rischio di sviluppare l’infezione. In caso di esposizione a basso rischio o contatti asintomatici va bene una sorveglianza passiva con un auto controllo delle proprie condizioni fisiche. Potranno continuare a svolgere le operazioni di vita quotidiana come andare a lavoro, a fare la spesa, ecc. La quarantena non è necessaria.

Chi risulta avere sintomi dovrà rispettare un periodo di isolamento in una stanza dedicata utilizzando propri oggetti, evitando contatti stretti con persone fragili e indossando la mascherina chirurgica in caso di contatto con altre persone.


Vaccini e immunizzazione
Esiste un vaccino specifico per il vaiolo delle scimmie, di recente approvato in alcuni paesi, con forniture limitate. Alcuni paesi conservano dosi di vaccino contro il vaiolo umano, che potrebbero essere utilizzati.
La profilassi post-esposizione è raccomandata per i contatti dei casi con un appropriato vaccino contro il vaiolo di seconda o terza generazione o il vaiolo delle scimmie, idealmente entro quattro giorni (e fino a 14 giorni) dalla prima esposizione per prevenire l'insorgenza della malattia.
La profilassi pre-esposizione è invece raccomandata per gli operatori sanitari ad alto rischio di esposizione, per il personale di laboratorio che lavora con orthopoxvirus, il personale di laboratorio clinico che esegue test diagnostici per il vaiolo delle scimmie e i membri del team di risposta che possono essere designati dalle autorità sanitarie pubbliche.

La campagna di vaccinazione

Secondo quanto si legge sulla circolare del ministero della Salute «al momento, la modalità di contagio e la velocità di diffusione, così come l’efficacia delle misure non farmacologiche fanno escludere la necessità di una campagna vaccinale di massa. Tenuto conto dell’attuale scenario epidemico e della limitata disponibilità di dosi, le prime categorie alto rischio a cui verrà offerta inizialmente la vaccinazione, come profilassi pre-esposizione», sono individuate tra:

  • personale di laboratorio con possibile esposizione diretta a orthopoxvirus.
  • persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM), che rientrano nei seguenti criteri di rischio:
    - storia recente (ultimi 3 mesi) con più partner sessuali; e/o
    - partecipazione a eventi di sesso di gruppo; e/o
    - partecipazione a incontri sessuali in locali/club/cruising/saune; e/o
    - recente infezione sessualmente trasmessa (almeno un episodio nell'ultimo anno); e/o
    - abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex)”. È quanto si legge nella circolare del Ministero della Salute che fornisce le prime indicazioni sulle persone da vaccinare contro il vaiolo delle scimmie.

Vengono scelte due categorie che sono statisticamente più a rischio di contrarre il virus ma, come già visto, non sono le uniche: «Tali soggetti – spiega la circolare - a più alto rischio potrebbero essere identificati tra coloro che afferiscono agli ambulatori PrEP-HIV dei centri di malattie infettive e dei Check Point, ai centri HIV e ai centri per il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, utilizzando anche indicatori di comportamento ad alto rischio simili a quelli utilizzati per valutare l'idoneità alla profilassi pre-esposizione all'HIV, ma applicati indipendentemente dalla presenza o meno di infezione da HIV».

Il vaccino è indicato a partire dai 18 anni e prevede una doppia somministrazione a distanza di almeno 4 settimane l’una dall’altra. 


La distribuzionei dei vaccini

Dal Ministero della Salute arriva poi un’altra circolare con il piano di distribuzione prima tranche (4.200 dosi) del vaccino antivaiolo Jynneos.

In questa prima fase, sentite le Regioni si è stabilito di suddividere le dosi di vaccino attualmente disponibili tra le Regioni con il più altro numero di casi segnalati ad oggi: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto.
Inoltre, in attesa della seconda tranche di donazione (prevista per la seconda metà del corrente mese di agosto) sarà messa da subito a disposizione, per le regioni e pubbliche amministrazioni che ne facciano richiesta, una quota di dosi (multipli di 20 fino a 60 dosi). Una quota di vaccino resterà stoccata presso il Ministero della Salute, per eventuali emergenze.

L’appello del Ministero

«Si ritiene importante il coinvolgimento delle associazioni Lgbtqia+ e quelle per la lotta all’HIV, in particolare per favorire una corretta informazione sulla campagna vaccinale. La strategia di offerta vaccinale a favore di ulteriori gruppi target potrà essere aggiornata sulla base dell’andamento epidemiologico e della disponibilità di dosi».

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