PARIGI. Da mesi si diceva che Parigi avrebbe finito con l’approfittare delle incertezze legate alla Brexit (e dei suoi rinvii a ripetizione), convincendo gli investitori internazionali a privilegiarla rispetto a Londra. Ecco, ormai per il mattone è diventata una realtà: Cbre, una delle società di consulenza più importanti per l’immobiliare, ha appena pubblicato uno studio sull’evoluzione degli investimenti stranieri iniettati nel settore. E per la prima volta Parigi batte Londra.
Tra luglio e settembre i fondi investiti nel mattone in Francia sono lievitati del 44% e globalmente del 16% nei primi nove mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: come al solito, in un Paese così centrato sulla sua capitale, è Parigi a fare da traino. Nel frattempo sul territorio britannico le evoluzioni sono state rispettivamente -29% e -33% e anche qui è Londra a pesare decisamente sulle cifre. Il distacco si è aggravato in vista di quel 31 ottobre che doveva sancire la definitiva uscita del Regno Unito dall’Unione europea, prima che la si ritardasse ulteriormente. Il rapporto di Cbre non comprende le cifre in termini assoluti per le due città, ma indica che pure da quel punto di vista nel terzo trimestre dell’anno Parigi ha superato per la prima volta Londra. Le due metropoli si piazzano ai primi due posti nel mondo, seguite da New York, Shanghai e Singapore.
Lo studio di Cbre riporta per il periodo gennaio-settembre una cifra globale di investimenti stranieri nel mattone nei Paesi europei pari a 192 miliardi, in calo del 14% proprio a causa dell’effetto Brexit e di un rallentamento in Germania, dove i prezzi hanno ormai toccato livelli molto alti. Si è registrata una flessione nonostante la buona performance di tutta la Francia (non solo Parigi) ma anche un trend positivo in Irlanda, Italia e Svezia. Ritornando a Parigi, va detto che la forte crescita è alimentata soprattutto dal comparto degli uffici (ma va molto bene anche il residenziale) e che per il terziario gli asiatici sono ormai i primi investitori. I sudcoreani, ad esempio, acquisendo i grattacieli Majunga ed Eqho nel quartiere della Défense e gli edifici Lumière dentro Parigi e il Crystal Park a Neuilly-sur-Seine, hanno già investito più di quattro miliardi di euro nei primi nove mesi del 2019.
L’effervescenza immobiliare si riflette sul mercato residenziale nella Parigi intra-muros, con prezzi sempre più alle stelle. Agli inizi di settembre si sono superati per la prima volta i 10mila euro al metro quadrato (10.115, +8,8% su un anno e +61% su dieci). Il livello restava inferiore a New York (13.500) e a Londra (14.500) ma le differenze si accorciano. In parallelo pure gli affitti diventano più proibitivi (secondo l’ultima inchiesta di SeLoger, di metà ottobre, ci vogliono in media 1682 euro per 57 metri quadrati, +4,9% rispetto a un anno prima). A Parigi ormai un infermiere, un poliziotto o il professore di una scuola pubblica non possono più risiedere. Una «gentrificazione» accelerata fa sì che una maggioranza di famiglie di ceto abbiente conviva con quelle più povere (che abitano nelle case popolari, il 20% delle residenze principali). Tutto quello che sta in mezzo, il vasto ceto medio francese, viene cacciato fuori.