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Spider-Man, 60 anni per il mito più giovane della Marvel

Giorgio Gosetti
Spider-Man, 60 anni per il mito più giovane della Marvel

Tra fumetti e film è il personaggio di maggior successo dei due storici disegnatori Lee e Ditko

12 agosto 2022
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ROMA. Quando gli 883 cantavano la gloria dell'innocenza e la paura che venisse inghiottita dal mondo brutale della mercificazione, annunciavano nel 1992 la presunta fine di un'era. "Hanno ucciso l'Uomo Ragno, chi sia stato non si sa/ Forse quelli della mala, forse la pubblicità", così diceva il refrain e a quel tempo il rischio che il mito del più giovane eroe della Marvel fosse sulla via del tramonto era concreto.

Creato nell'agosto del 1962 da Stan Lee con la collaborazione geniale del disegnatore Steve Ditko, il liceale Peter Benjamin Parker (alias Spider-Man) vede la luce sul numero 15 della collana "Amazing Fantasy" e ha diritto a una breve storia apparentemente d'occasione. Il successo invece è travolgente e il personaggio si conquista una testata tutta sua fin dall'anno dopo. Resisterà per 700 numeri con alterne vicende, una crescita e una trasformazione progressiva (specie dopo il polemico abbandono di Ditko), ma dal 2012 i tentativi di rianimarne la popolarità su carta sono costanti quanto sporadici.

La vera svolta avviene invece per merito del cinema dopo una lunga stagione di serial televisivi e cartoon per ragazzi. Nel 2002 infatti esce lo "Spider-Man" di Sam Raimi, messo sotto contratto dalla Sony-Columbia due anni prima per realizzare un progetto fino a quel momento passato per troppe mani. Fin dagli anni '80 Stan Lee negoziava i diritti della sua creatura con diverse case di produzione e molti registi avevano accarezzato il progetto, da Tobe Hooper a David Fincher (che si vide respinta una sceneggiatura già pronta), fino a James Cameron. Per l'interprete si facevano i nomi di Tom Cruise o di Charlie Sheen e perfino del giovanissimo Leonardo DiCaprio; la produzione era passata dalla Carolco di Golan&Globus alla MGM finché la Sony impose il suo marchio. Raimi concepì fin da principio il progetto come un'epica trilogia dell'eroe comune col volto da adolescente di Tobey McGuire.

Il film, sceneggiato da David Koepp usando molto dello script di James Cameron, è il primo capitolo di una trilogia ma anche di un grande franchise cinematografico e come nel fumetto originale racconta la storia del giovane Peter Parker che, morso da un ragno geneticamente modificato, ne acquisisce i poteri e i sensi. Peter, dopo l'inaspettata e traumatica morte dello zio Ben, decide di mettere i suoi speciali poteri al servizio dell'umanità diventando il supereroe noto come Spider-Man.

Proprio come era accaduto col fumetto originale, anche la versione per grande schermo ha trovato immediati consensi, tanto che dopo il passaggio di mano di Raimi il successo è rimasto inalterato fino al recente "No Way Home" di Jon Watts e il ruolo produttivo di Marvel è diventato sempre più significativo. Ci sono fiumi di carta tra saggi, commenti, critiche che cercano il segreto di questo successo che ormai rivaleggia alla pari con le gesta di Superman e Batman. Ma spiegazione più azzeccata resta quella del suo creatore, Stan Lee: "Rispetto agli altri miei supereroi è molto più giovane, capisce le ansie e le paure di un ragazzo come tanti. E negli anni è cresciuto col suo tempo, proprio come i suoi lettori e spettatori".

Oggi si favoleggia di un nuovo ritorno di Raimi dietro la macchina da presa; tra detto e non detto il maestro de "La casa" ha strizzato l'occhio ai suoi fan. Ma ha posto la condizione di sempre: ritrovare McGuire. Il quale, dopo aver fatto capolino nel metaverso dell'ultima avventura sembra più che pronto all'attesa reunion. Del resto con un incasso da un miliardo di dollari alle spalle (dati di fine d'anno 2021, dunque in piena pandemia) chi potrebbe dire ancora di no a Spider-Man, il ragazzo dell'eterno ritorno?

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