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Cirinnà ci ripensa: «Accetto il collegio “impossibile” e, se dovesse andare male, torno a Capalbio»

Cesare Bonifazi
Cirinnà ci ripensa: «Accetto il collegio “impossibile” e, se dovesse andare male, torno a Capalbio»

La senatrice Pd critica anche le scelte della segreteria: «Siamo di fronte a una gestione degli accordi di partito e delle liste a dir poco pessima. Sulla mia persona non sono stati rispettati i criteri di scelta»

16 agosto 2022
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ROMA. «Vinceremo tutti insieme o perderemo tutti insieme». Forse il ritorno a Capalbio, alla sua azienda agricola, sarà posticipato al 26 settembre. Monica Cirinnà, la senatrice Pd conosciuta per la sua legge sulle unioni civili e per le battaglie animaliste, ha deciso di combattere fino all’ultimo, anche in un seggio ritenuto “perdente” (il collegio uninominale Roma 4 che comprende Ostia Guidonia e Laurentino). Sembrava che la senatrice uscente avrebbe fatto un passo indietro e avrebbe rifiutato il posto assegnatole dal partito. «Sarà la mia ultima battaglia ma lo devo a tanta gente che apprezza quello che ho fatto». A margine della conferenza stampa in sala Nassirya in Senato, Cirinnà spiega dunque le sue posizioni.

Senatrice, perché non ha preso questa scelta del segretario Letta come un attestato di stima? Se gliel’hanno proposto, può significare che credono che con lei il collegio è contendibile...

«L’avrei fatto se ci fossero state le circostanze adeguate – spiega  – Lo sarebbe stato se, accanto a questa candidatura all’uninominale, ci fosse stata un’altra opzione per me al proporzionale. Come poi è accaduto per altri candidati. Invece dalla direzione è stato scelto di darmi un collegio ostico: prendere quel collegio è “Mission Impossible”».
Perché?

«Il collegio Senato uninominale Roma 4 è ritenuto nei sondaggi come “dato al centrodestra”. Per quei territori non sono adatta: i miei temi là vengono ritenuti marginali, risibili. Non sono codarda: se Letta ha gli occhi di tigre, io ho la criniera».

Per questo inizialmente sembrava che dovesse rinunciare, invece ha cambiato idea. Perché?

 «Combatterò come l’ultimo dei gladiatori perché nella mia vita politica non ho fatto battaglie per la poltrona ma per gli ideali. Una grande comunità di persone mi ha chiesto di non tirarmi indietro e così farò. Ho ricevuto decine di telefonate e messaggi e email. Al pari di quando doveva essere approvata la mia legge. Credo ancora che il Pd debba ancora occuparsi di diritti. Penso con dolore alla battaglia complicata che mi aspetta ma credo anche che sia giusto farla per salvare l’Italia dall’oscurantismo, da Meloni e Salvini che vogliono far diventare il nostro Paese come la Polonia o l’Ungheria. Perché, ricordiamocelo, la prima cosa che si va a toccare in quei casi sono i diritti». 

Come ha reagito quando si è trovata davanti a quella candidatura?

«Per me è stato uno schiaffo. La delusione e l’offesa sono state forti: mi sono sentita colpita in prima persona perché pensavo di poter dare il mio contributo sul proporzionale Roma 1. Ho passato una notte bruttissima. Sembrava di essere tornata a quel terribile 26 gennaio 2018 quando le liste le fece Matteo Renzi. Per me è stato come rivedere lo stesso film. In direzione avevamo stabilito e votato dei criteri che prevedevano un radicamento territoriale dei candidati, nessun paracadute su territori non propri, no alle pluricandidature e una valutazione di merito e competenze. Tutti criteri che non sono stati adottati sulla mia persona, anche in barba al partito locale. La direzione Lazio ha inviato al Nazionale un documento con il quale proponeva Bruno Astorre capolista sul proporzionale Lazio 2 (tutta regione tranne Roma) e Cirinnà a Roma-Ciampino-Fiumicino. Una proposta che era valida fino a 48 ore fa ma che per il Nazionale è stata carta straccia. Dando a me uno schiaffo». 

In che senso?

«Se quel collegio lo perdiamo, come è probabile, io sono fuori dal parlamento. Non sono stata valorizzata per le competenze che ho: sono qui per dire il Nazionale non ha applicato i criteri di scelta sulla mia persona: mi sono stati negati. Evidentemente siamo di fronte a una gestione degli accordi di partito e delle liste a dir poco pessima in cui quelli che prima erano alleati adesso sono nemici. E viceversa. I collegi migliori di Roma sono stati dati a persone di valore ma che sono alleati, non del Pd, pur di mantenere l’alleanza». 

In caso di sconfitta, cosa farà? Torna a Capalbio?

«La mia forza è che sono un cane randagio, sono libera: questo significa che quello che faccio è per il bene del Paese e della Costituzione. Quindi sì, sicuramente. Porterò avanti la campagna elettorale con grande senso di responsabilità. E se dovesse andare male mi dedicherò alle questioni della mia azienda agricola che fino a oggi non ho curato come avrei voluto. Ho del lavoro arretrato che mi aspetta».

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