La Nuova Sardegna

Nuoro

IRGOLI

Armi illegali, in aula depone il papà di Sara Cherchi

NUORO. «Lei recepì confidenze da Manuel Casula su un fucile che riguardava anche Andrea Dessena», gli chiede il pm Andrea Schirra. «Sì, mi disse che un paio di giorni dopo l’omicidio di Sara, Dessena...

16 gennaio 2013
2 MINUTI DI LETTURA





NUORO. «Lei recepì confidenze da Manuel Casula su un fucile che riguardava anche Andrea Dessena», gli chiede il pm Andrea Schirra. «Sì, mi disse che un paio di giorni dopo l’omicidio di Sara, Dessena gli consegnò un fucile con il calcio tagliato e avvolto con del nastro adesivo», risponde lui. È un po’ stanco, Emilio Cherchi, e nonostante il solito portamento pieno di dignità non riesce a nasconderlo. Per l’ennesima volta, da quando la sua adorata figlia Sara è stata uccisa insieme al fidanzato Mario Mulas nelle campagne di Irgoli, gli tocca sedersi in un’aula di tribunale per raccontare ciò che sa, ha visto o sentito, di quei giorni terribili dopo il duplice omicidio. E in particolare di ciò che sa riguardo a quel gruppetto di ragazzi della Baronia e dintorni che continuano a rispuntare come funghi nelle inchieste per armi, furti e attentati che negli anni passati hanno infiammato quella zona della provincia di Nuoro. Nel processo che si tiene ieri mattina davanti al tribunale collegiale di Nuoro quella che va in onda è solo una udienza delle tantissime nate dalle intercettazioni legate al duplice delitto.

Nel caso di ieri, gli imputati erano i già piuttosto noti Andrea Dessena, Mauro Piras, Manuel Casula, Nico Lai, Franco Alessandro Ruiu, Daniele Congiu. Imputati, a vario titolo per detenzione illegale, cessione e traffico di armi, alcune delle quali anche piuttosto pesanti. Come ha ricordato ieri mattina, uno dei testi sentiti, il maresciallo Ivano Demurtas, dei Ris di Cagliari, uno dei fucili che era stato sequestrato dai carabinieri nel corso delle indagini era «un mitragliatore di origine sovietica, un Tokarev calibro 7.62 utilizzato durante la seconda guerra mondiale dell’Armata rossa. Una vera arma da guerra». Poi, a deporre, si siede Emilio Cherchi. E racconta dei suoi incontri con Manuel Casula per cercare di capire cosa ci fosse, dietro l’omicidio della sua piccola Sara. Ed è proprio durante una di queste conversazioni che spunta fuori un altro fucile, marca Benelli. «Me lo ha consegnato Andrea Dessena» gli riferisce Casula. Secondo l’accusa, al processo per il duplice omicidio, quel fucile era l’arma che aveva ucciso Sara. La difesa, ricordando una perizia, lo nega con forza. Ieri depone anche un ex collega di Casula, Joseph Masala. «Ero stato io a mettere in contatto Cherchi con Casula» dice. Mentre il teste Salvatore Farris, indagato in un procedimento connesso, si avvale della facoltà di non rispondere. La corte revoca il decreto di citazione del teste Denis Derosas, parte offesa in questo procedimento ma teste chiave nel duplice omicidio. Per la corte è superfluo. In realtà è da tempo emigrato all’estero. (v.g.)

In Primo Piano
Macomer

Accoltellò un ragazzo per una sigaretta. Pace tra i genitori: «Lo perdoniamo»

di Alessandro Mele
Le nostre iniziative