La Nuova Sardegna

Nuoro

Quella visita di Bergoglio ai due missionari barbaricini

di Francesco Pirisi
Quella visita di Bergoglio ai due missionari barbaricini

Dall’Argentina la testimonianza di don Diego Calvisi, di Bitti, e don Andrea Buttu, di Gavoi. «Venne a Oran a predicare gli esercizi spirituali e parlammo per ore. Segnerà un nuovo cammino»

15 marzo 2013
3 MINUTI DI LETTURA





BITTI. È la voce della gioia profonda quella che manifesta don Diego Calvisi dall’altra parte del filo, dall’estremo nord dell’Argentina. Bittese di nascita, 83 anni, da 33 è missionario a Oran, nella provincia di Salta. Mercoledì ha seguito momento per momento l’elezione al soglio di Pietro di Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Insieme a lui l’altro missionario della diocesi nuorese, don Andrea Buttu, 72 anni, originario di Gavoi, parroco nella Nueva Oran.

«Siamo contenti per la scelta. È un pastore di grande valore, di cultura e soprattutto un sacerdote che ha speso il suo ministero per gli ultimi», commenta don Diego, con una grinta che sembra alleggerire lo stesso carico dell’età. E che lo fa continuare d’un fiato: «Un dono della provvidenza di Dio. Il suo magistero farà sentire le ripercussioni nella Chiesa universale e segnerà il cammino della nuova evangelizzazione».

Poi passa ai ricordi personali. Perché don Diego Calvisi ha conosciuto il cardinale Jorge Mario Bergoglio. L’arcivescovo della capitale argentina è stato a Oran tre anni fa per la predicazione degli esercizi spirituali. Una delle visite proprio all’Hogar Para Sacerdotes Ancianos, dove don Diego vive dopo aver lasciato la parrocchia.

«È stato con noi per tutto il tempo del soggiorno. Ha consacrato anche una cappella che ho fatto costruire qui al monastero – rammenta il missionario di Bitti –. Mi ha lasciato un pensiero scritto, che conservo tra le cose care».

Momenti che avant’ieri, subito dopo la nomina, ha ripassato nella mente con don Andrea e con il vescovo di Oran, monsignor Colombo, insieme dopo la messa in cattedrale, dove si celebrava una delle ricorrenze diocesane: «Abbiamo conversato per ore, con grande contentezza, da parte di tutti».

Lo stesso entusiasmo, testimonia don Calvisi, vissuto dalla gente argentina. Ve l’aspettavate? «Un po’ sì. Qui era forte la convinzione che dopo un pontefice italiano, un polacco e un tedesco, fosse la volta di un cardinale dell’America latina: del Brasile, del Messico, la nazione con più cattolici. Un seguito destinato a crescere, come conferma il fervore che sta accompagnando la preparazione della giornata mondiale della gioventù, in estate, in Brasile».

Tra i papabili c’era monsignor Bergoglio? «Non c’è dubbio. Nei giorni precedenti il conclave, la radio argentina ha diffuso la notizia di un suo colloquio con Joseph Ratzinger: un fatto che ha fatto credere che la nomina poteva avverarsi».

Ancora qualche tratto distintivo sul Papa argentino, di origini piemontesi: «Le sue battaglie sono state e saranno quelle contro la povertà, come ho detto: ridurre le disparità tra chi è ricco sfondato e chi non ha di che nutrirsi, o vestirsi. A Buenos Aires – ricorda ancora don Diego Calvisi – andava nei refettori dei sobborghi e pranzava con i bambini abbandonati. Ne ha fatto una lotta anche contro il governo argentino, con grandi sofferenze personali. Così come si è battuto contro la legge che ha legalizzato i matrimoni tra omosessuali».

In Primo Piano
Il caso

Fucilate contro le telecamere della videosorveglianza a Orgosolo

Le nostre iniziative