La Nuova Sardegna

Nuoro

Rossella Urru abbraccia i pitzinnos de su mundu

di Sebastiano Deledda
Rossella Urru abbraccia i pitzinnos de su mundu

Partecipata iniziativa dell’associazione che si batte per il popolo Saharawi Presente anche la cooperante internazionale di Samugheo rapita in Algeria

04 giugno 2013
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NUORO. Non è possibile imbrigliare le nuvole in una porzione di cielo inospitale come l'inferno. Eppure è quello che, da oltre un trentennio, succede al popolo Saharawi, fiera stirpe di nomadi che i colonizzatori spagnoli chiamavano “hijos de las nubes” (figli delle nuvole). Per fortuna a Nuoro c'è una combattiva associazione che, nel suo piccolo, prova a tenere accesi i riflettori su questa meravigliosa nazione senza Stato, che dal 1979, anno dell'invasione da parte del Marocco, è stata costretta a rifugiarsi nelle tendopoli della pietrosa e incandescente Hamada algerina. E anche venerdì pomeriggio, all'evento ospitato nella sede universitaria di “Carta Loi”, l'Associazione “Saharawi: pitzinnos de su mundu” è riuscita a calamitare tantissime persone che hanno a cuore il destino di un popolo che lotta per il proprio diritto all'autodeterminazione, e che, nel frattempo, sta tentando di costruire uno Stato democratico nella difficile realtà dei campi profughi. Ad assistere alla proiezione dell'intenso documentario “1514. Le nuvole non si fermano” c'era anche Rossella Urru, la giovane cooperante di Samugheo rapita in Algeria da un gruppo di terroristi legati ad Al Qaeda nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011, e liberata il 19 luglio dell’anno scorso.

Un film che, come ha spiegato la stessa regista Carlotta Piccinini, parte dal racconto della “SaharaMarathon”, evento sportivo internazionale di solidarietà, come pretesto poetico per narrare la storia dei Saharawi. A Matteo Durli dell'associazione “El Ouali” di Bologna, tra gli organizzatori della maratona, il compito di parlare della triste storia dei Saharawi, ma anche del miracolo di una gara podistica della pace che, purtroppo, quest'anno è saltata per mancanza di sicurezza. «La nostra scelta di campo _ ha spiegato Carlotta Piccinini durante il dibattito moderato da Gianna Sio, vicepresidente di “Pitzinnos de su mundu” _ è stata quella di dare voce direttamente agli uomini e alle donne dei campi profughi». Persone che, nonostante le evidenti difficoltà quotidiane, mostrano una positività sorprendente. Con le donne che, in una società dove la religione è considerata un fatto rigorosamente privato, hanno un ruolo attivo e fondamentale. «La visione di questo film _ ha confessato la stessa Rossella Urru _ mi ha profondamente emozionata, anche perché molte di queste persone le ho conosciute di persona, e sono riuscite a testimoniare meglio di come potrei fare io la vita nelle tendopoli del deserto algerino». Rossella Urru ha anche invitato le associazioni e i cittadini a non abbassare la guardia sul fronte della cooperazione, che – a causa della crisi economica internazionale e dei conflitti e dell'instabilità nei Paesi vicini (Mali e Libia, ma anche la stessa Algeria) - sta conoscendo una forte diminuzione.

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