La Nuova Sardegna

Nuoro

Sfratti, esplode il caso via Lucania

di Valeria Gianoglio

La palazzina è della Camera di commercio. L’ultimo occupante: non mi possono mandare via

11 dicembre 2013
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NUORO. Per qualche giorno, prima che qualcuno gli chiedesse di toglierlo, il suo striscione di quattro metri per sessanta centimetri, ha raccontato ai nuoresi che passavano tra via Lucania e viale del Lavoro, il dramma che combatte ormai dal 2005, da quando gli è arrivato il primo avviso di sfratto.

“Sfrattati dalla Camera di commercio-Nu – si leggeva nel lenzuolone appeso dentro il cortile – edificio di edilizia residenziale pubblica costruito con il contributo dello Stato e con patto di futura vendita ai propri dipendenti, per costruire un edificio commerciale e direzionale”.

Ma anche adesso che lo striscione non c’è più, e che all’arrivo dell’ufficiale giudiziario mancano appena sette giorni, Francesco Addis, noto Ceccio, nonostante sinora abbia perso nei primi due gradi di giudizio civile, non ha ancora smesso di credere nel miracolo. O meglio, in una vera giustizia, come precisa lui.

Cinquantasei anni, nuorese, geometra e dipendente del Comune, Ceccio Addis, da otto anni ormai, oltre al suo lavoro al Comune di Nuoro, ha dovuto affiancare quasi una seconda attività. Una sfiancante battaglia fatta di cause, ricorsi, carte bollate, richieste in Regione, e denunce. «Il fatto è che – spiega – ho dovuto difendermi da quella che ritengo essere una vera ingiustizia. Mi stanno mandando via dalla casa dove ho sempre vissuto, prima con mio padre, poi con la mia famiglia. Mi stanno mandando via anche se la legge in base alla quale queste case sono state costruite prevedeva che un giorno queste case dovessero essere rivendute a chi le occupava». L’appartamento in questione fa parte di un edificio di edilizia residenziale pubblica che era stato costruito tra via Lucania e viale del Lavoro dalla Camera di commercio nel lontano 1951 grazie ad alcuni contributi a fondo perduto. Secondo lo spirito originario dell’iniziativa, quell’edificio avrebbe dovuto ospitare, in cambio di un affitto modesto, i dipendenti della stessa Camera di commercio nuorese che in un futuro non troppo lontano avrebbero potuto comprare l’appartamento che occupavano. Ci entra anche la famiglia Addis, in uno di quegli appartamenti. All’epoca era ancora vivo il padre di Ceccio Addis, Nicolino. E per tanto tempo gli Addis vivono in affitto senza alcun problema.

La puzza di guai, tuttavia, comincia a farsi insistente quando, come accerta la stessa Regione alla quale Ceccio Addis ha chiesto un parere, «già a partire dal 1974 la Camera di commercio ha manifestato la volontà di revocare la locazione degli appartamenti, senza indicare specifiche cause di decadenza come previste dalle norme che regolamentano l’edilizia residenziale pubblica».

Ma la situazione diventa ancora più critica quando papà Addis, purtroppo, muore, e dopo un po’ di tempo scompare anche mamma Addis. Vengono a mancare, ovvero, gli inquilini originari dell’appartamento e nel frattempo la Camera di commercio manifesta in modo ancora più esplicito l’intenzione di rientrare in possesso di tutti gli appartamenti dell’edificio tra via Lucania e viale del Lavoro. Dei sette alloggi affittati a ex dipendenti dell’ente o ai loro conviventi, col tempo, riesce a rientrare in possesso di cinque.

Nel 2005, l’avviso di sfratto arriva anche a casa di Ceccio Addis ma quest’ultimo, a differenza degli altri suoi compagni, decide di opporsi e fare causa davanti al giudice civile. I primi due gradi di giudizio gli danno torto e in buona sostanza glielo danno perché il giudice ritiene che in quanto inquilino “subentrante” al padre non abbia gli stessi diritti di quest’ultimo.

«Esiste una legge regionale che smentisce questa versione – precisa lui – e spero che la Corte di Cassazione finalmente la riconosca». Il punto è che perché si definisca il giudizio di terzo grado potrebbero anche servire anni, e nel frattempo, però, a metà ottobre è stata respinta la sua richiesta di sospensiva. Il 17 dicembre, dunque, lo sfratto diventerà esecutivo. «Cosa farò quel giorno? – dice lui – Certo non ho intenzione di incatenarmi o di perdere la mia dignità. Andrò via, sicuramente, perché per il momento così mi impongono di fare, ma non ho alcuna intenzione di interrompere la mia battaglia. In quella casa io ci ho sempre vissuto, e la legge prima o poi riconoscerà i miei diritti».

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