La Nuova Sardegna

Nuoro

La tradizione secolare dei cori

di ALESSANDRO MELE
La tradizione secolare dei cori

La festa ha agito da stimolo per la nascita di un autentico stile nuorese

27 agosto 2016
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di ALESSANDRO MELE

La Sagra dedicata al Cristo Redentore, celebrativa dell’opera dello scultore Vincenzo Jerace, figlia della fede indiscutibile di sua Santità Leone XIII e degli accorati appelli, ricchi di nostalgia e di senso di solidarietà con la terra natia, del Nobel Grazia Deledda, figlia illustre di Nuoro, per la quale la città si appresta e celebrare il 90° anniversario dell’assegnazione dell’ambito riconoscimento internazionale per la letteratura, raggiunge il suo 116° compleanno; una storia affascinante che acquisisce un aspetto quasi mitologico con l’andare degli anni. Di questa lunga ed avvincente storia, fanno senza dubbio parte, le molteplici formazioni corali cittadine, le quali da sempre hanno dedicato alla statua del Redentore e al Monte Ortobene, pensieri, parole, canti carichi di emozionalità e pathos ed opere scolpite per sempre nell’immaginario collettivo di tutti i nuoresi e di tutti i sardi. La peculiarità assoluta, la quale costituisce caratteristica principale e della Sagra e delle formazioni corali nuoresi, consiste nell’essere delle novità assolute all’interno del panorama isolano, difatti, così come la festa costituisce un punto di partenza ma anche un punto di arrivo e un esempio di fede, non solo per la città ma per l’intera regione, anche l’avvento della coralità di scuola nuorese, suscita lo stesso tipo di sensazione; questo spirito da “pater familias” è giustificabile con l’onda d’urto scatenata fin dai primi anni ’50 da quelle voci, da quelle poesie, da quelle melodie, che hanno portato un vero e proprio vento di cambiamento e innovazione, costituendo chiave di volta nella innovazione del canto sacro e tradizionale, dal canto a tenore, dal “cuncordu”, dal canto delle varie confraternite, si è dunque passati alla ricerca di una nuova sonorità capace di colpire il cuore di chi ascolta con canti d’amore e di fede, anche essi provenienti spesso dalla tradizione orale abbinata all’eleganza compositiva e all’inventiva , per evolversi ancora in quella che è la coralità d’autore, la quale prosegue di pari passo con la ricerca del suono aulico tipico della musica colta, insomma, in tutta la Sardegna ed oltre mare capita spesso di sentirsi rapiti dall’orgoglio nel sentire la frase “di scuola nuorese”, proprio perché, per una volta, si è riusciti a importare egregiamente una particolare peculiarità e a renderla immortale, come un affresco michelangiolesco ma con il dono della parola, come un quadro di Caravaggio ma con la capacità di trasmettere emozioni uditive inimmaginabili.

Sia la Sagra del Redentor sia la coralità nuorese possono vantare già il dono dell’immortalità; una sensazione di legame indissolubile tra le due cose è tangibile attraverso le testimonianze di affetto che negli anni sono intercorse, sia da parte dei cori che da quella dei direttori, maestri non solo di coralità ma anche un profondo senso umano unito a una certa passionalità, come non citare ad esempio l’estro pittorico di Giampaolo Mele Corriga, colonna portante della coralità nuorese che ha regalato al suo Redentore una bellissima allegoria di colori oltre che una vita dedicata alla valorizzazione della sua terra con versi e musiche indimenticabili che hanno portato il suo storico sodalizio alla ribalta per i suoi 65 lunghissimi anni e lo faranno ancora, o dei versi dell’eclettico Bobore Nuvoli, il quale nel 1997 scrive la poesia “Su Redentore”, una vera e propria preghiera dal sapore tipico dei “gosos” carica di emozionalità, per non parlare del compianto Tonino Puddu, il quale nell’anno della sua prematura dipartita, ha fortemente voluto dirigere il suo coro in occasione della messa solenne del 29 agosto, una dimostrazione di amore struggente perfettamente visibile nella forza delle sue mani cariche di gratitudine per la assodata fortuna di sentirsi nuorese a tutto tondo.

Tra Maestri e Padri di Folklore, si son fatti largo negli anni i nuovi figli di una Nuoro Città dei Cori, Alessandro Catte, Giampaolo Selloni, Giampaolo Caldino, Michele Turnu, figlio acquisito di quello stato d’animo che il Maesto Giampaolo Mele chiama “nuoresitudine”; e tanti altri che esportano la coralità di scuola nuorese in giro per la Sardegna grazie alle proprie doti insite nel dna di tutti i nuoresi, vari sono infatti i cantori che su tutto il territorio nazionale portano il proprio talento. L’Ortobene insomma, si dimostra essere culla di folclore, altare di nostalgia per chi è dovuto partire rimembrando la celebre “Adios Nugoro amada”, e tempio di ispirazione per una Nuoro viva e amante della sua essenza più vera.

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