La Nuova Sardegna

Olbia

Centro storico, si leva un grido di dolore

di Stefania Puorro
Centro storico, si leva un grido di dolore

Il libro nero dei negozianti: «Dal Comune solo intralci e niente aiuti: le nostre strade sono morte, non viene più nessuno»

19 marzo 2013
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OLBIA. Il cuore della città non batte più. Spento, desolatamente vuoto, triste. Il volto del centro storico ha perso da anni, ormai, il suo splendore. E non solo per la crisi che ha portato, a rotazione, all’inevitabile chiusura di un numero sempre crescente di attività.

Il grido di dolore, unico e forte, arriva dai commercianti. Da quelli che ancora resistono, che continuano a sperare che quel cuore riprenda a pompare, e da quelli che, oltre a lavorare, vivono al centro. Niente divisioni, stavolta. Tutti i negozianti sono compatti. Chiedono al Comune un intervento radicale e decisivo. Per ottenere una vera svolta.

«Siamo arrivati a un punto tragico - attacca Marianna Soro, negoziante e rappresentante Confcommercio -. La crisi non c’entra, stavolta. Anche se le sue conseguenze sono state drammatiche per tutti. Non siamo qui per sollecitare il superfluo, ma per ottenere ciò che ci spetta. Il degrado del centro storico è sotto gli occhi di tutti e uno dei tanti segni è dato dalla pavimentazione del Corso che continua a saltare. E che dire dei continui lavori? Un’agonia senza fine con transenne e altri ingombri che diventano intralci per settimane e settimane».

«Il centro è un deserto, la piazza è un tugurio, non esiste un minimo di pianificazione - aggiunge Roberta Conte -. All’arredo urbano, come al solito, penseremo noi: ma al resto? Sono tantissime le cose che non vanno, ma bisognerebbe partire dalle emergenze risolvibili in tempi stretti, che creano danno e che tengono la gente lontana da quella che dovrebbe essere la zona più bella della città. Parliamo dei costi dei parcheggi: un euro per mezzora di sosta è eccessivo E poi: ci sono dei palazzi (come quello che un tempo ospitava la Finanza) i cui lavori sono fermi da tempo, ogni angolo è degradato. E spesso i lampioni rimangono spenti. Programmi veri? Nessuno. Vorremmo dire ai cittadini: “Tornate al centro”. Ma bisogna essere in grado di offrire qualcosa».

Betty Pileri, titolare di una gioielleria al Corso, abita anche al centro. «Da quando sono stati eliminati i marciapiedi, il passaggio delle macchine, oltre a far saltare il lastricato, fa tremare i muri. Dopo anni di sofferenza, a causa di interminabili lavori, ci hanno lasciato nel degrado totale. E la cosa peggiore è che qui si va avanti sperando che qualcosa accada».

Le giovani Fabiana e Milena, che gestiscono Benetton intimo, tirano fuori anche un altro problema: «E la sicurezza? Vandali e teppisti sono liberi di agire senza problemi e viviamo nell’abbandono. Ci auguriamo che con l’apertura del nuovo municipio la situazione possa cambiare, perché così non si può andare avanti e perché non si può aspettare solo l’arrivo dei crocieristi».

Gino Piro, presidente del Consorzio centro Città, proprio di recente ha avuto un incontro con la Confcommercio. «È il momento di fare squadra - dice - perché quello del centro storico è un problema sociale. Passano gli anni e le stagioni, ma il cuore di Olbia è sempre abbandonato per la mancanza di un progetto serio. I mille sacrifici che facciamo per tenere le attività aperte (e in molti non ce l’hanno fatta) non bastano. A breve convocheremo una riunione con tutti i commercianti per decidere, insieme, che cosa chiedere all’amministrazione. Basta stare fermi e basta vivere nell’incertezza. Quando guardo negli occhi alcuni colleghi e vedo in loro solo rassegnazione, mi rendo conto che è davvero un brutto segno. Non vogliamo arrivare a un testa a testa con gli amministratori, ma bisogna fare in modo di capire dove si vuole andare insieme».

Marina Villa è tra le prime, al mattino, ad arrivare in piazza Regina Margherita quando apre la storica edicola di famiglia. «Non esagero se dico che questo è diventato un “cesso storico”. Tristezza, abbandono, incuria, disagi: c’è di tutto. Qui non viene più nessuno. E la situazione è peggiorata da quando non passa più il bus in piazza. Alle spalle dell’edicola, dieci mesi fa, era stato installato un maxi schermo: doveva servire per attirare persone, per riunire gli olbiesi al centro. Non è stato mai messo in funzione». D’accordo con lei Piera Maloccu: «C’è da ammalarsi, in questa situazione. La crisi ci ha dilaniati, ma la mancanza di programmazione e di scelte sbagliate (una è quella di aver tolto il bus) hanno pesato all’inverosimile».

«Programmazione da parte del Comune? Certo che è mancata - spiega Antonella Meloni, di Zenzero -, ma anche da parte di noi commercianti le iniziative sono state scarse o inesistenti. Più bravi i colleghi di viale Aldo Moro. Va bene essere uniti, e per questo è necessario incontrarci, ma bisogna creare un vero e proprio ponte di comunicazione tra noi e il Comune: senza il dialogo non si va da nessuna parte».

Ma il centro, così come dicono in molti, non è rappresentato solo da un paio di vie. «In questo momento - spiegano dalla pasticceria Caldieraro, altra storica attività di via Catello Piro - ci sono lavori in corso dei quali non c’era stato detto nulla in anticipo, e raggiungere le nostre attività è un’ardua impresa. Abbiamo chiesto ai vigili di consentire il passaggio delle auto partendo da via Genova, ma non è stato possibile. Noi siamo qui da 26 anni, ci hanno chiusi e richiusi mille volte e la nostra sofferenza e disperazione non ha mai fine».

Elena Musu, titolare di Ka International (tessuti per arredamento e tendaggi), sottolinea la poca comprensione da parte dell’mministrazione e la mancanza di idee. «Non avrebbero dovuto portare l’università al centro? C’è una cosa, però, che vorrei rimarcare: anche via Catello Piro fa parte del centro, ma nessuno ne tiene conto. Per anni abbiamo chiesto le luminarie, sono riuscita a ottenerle una sola volta a seguito di una petizione. In un incontro con l’amministrazione, ho chiesto se ci fosse un piano per il centro storico. Non ho avuto risposta».

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