La Nuova Sardegna

Olbia

Incendio di Capo Figari, caccia aperta ai mandanti

di Giampiero Cocco
Incendio di Capo Figari, caccia aperta ai mandanti

Interrogato in carcere il piromane di Golfo Aranci fa scena muta davanti al Gip Muntoni: «I nostri investigatori sono al lavoro, presto chiuderemo il cerchio»

05 settembre 2013
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TEMPIO. Mirko Morlè, il ventiquatrenne di Golfo Aranci finico in carcere per l’incendio di Capo Figari, non ha voluto parlare con il giudice. Ieri mattina, durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Marco Contu, il giovane golfarancino si è avvalso della facoltà di non rispondere. La sua versione dei fatti, d’altronde, l’aveva già raccontata agli investigatori della vigilanza ambientale, che sin dal primo crepitare di fiamme sulle alture di Capo Figari e le coste di Cala Moresca e Greca avevano appuntato i loro sospetti su Mirko Morlè.

«Ho dato fuoco al monte perché mi hanno mandato», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato nel carcere di Nuchis il giovane incendiario, parole che hanno aperto un fronte investigativo non ancora concluso.

«Sulle motivazioni e sui presunti mandanti di quel devastante rogo – ha spiegato ieri mattina, durante la conferenza stampa Giancarlo Muntoni, il capo dell’ispettorato forestale gallurese – i nostro investigatori sono ancora al lavoro. Il loro ruolo e le loro finalità sono al centro delle nostre attenzioni, e riteniamo, a breve di poter chiudere il cerchio anche attorno a loro». Un rogo su commissione, dunque, ideato per dare segnali inequivocabili a qualcuno del paese.

Il movente non è stato svelato dagli investigatori, che ritengono, dopo mesi di indagini, d’aver acciuffato il bandolo di una intricata matassa che ha avuto come terminale il giovane, manipolabile per la sua fragilità psichica. Problemi che però, almeno stando alle prime indiscrezioni, non comporterebbero una patologia mentale grave al punto da disporre un accertamento neuropsichiatrico.

Resta da capire, e questo è il punto focale sul quale si stanno concentrando gli investigatori, cosa sia stato promesso al giovane piromane per mettere in atto, in una giornata di maestrale, un atto ritorsivo che ha portato all’incenerimento di mezzo promontorio di Capo Figari. I postumi di quel disastroso incendio sono ancora ben visibili sul territorio, con una larghissima ferita scura che attraversa il verde della macchia mediterranea – gli ettari andati a fuoco sono oltre cinquecento, tanto da essere nitidamente visibili e individuabili nelle fotografie satellitari trasmesse da una società specializzata alla Regione Sarda – mentre la fuliggine e le ceneri ricoprono, oltre che le aree attraversato dal fuoco, anche i fondali cristallini di Cala Moresca e Cala Greca, le cui candide sabbie sono attraversate da lunghe striscie nere. Un danno ecologico, ambientale e paesaggistico inestimabile, anche se le capacità di riproduzione delle essenze mediterranee che caratterizzano la vegetazione autoctona locale sono straordinarie, basta aspettare le prime piogge per averne conferma. Un incendio in cerca di mandanti, dunque, mentre l’esecutore materiale, Mirko Morlè, è già stato bloccato e messo in condizioni di non ripetere tali “giochi” che, stando alle sue stesse ammissioni (intercettato da cimici e telefonini) avrebbe più volte messo in atto in segno di sfida o per far vedere «a qualcuno» la sua capacità di reazione. Mirko Morlè resterà in carcere in attesa che i suoi difensori valutino il da farsi. Nel frattempo a Golfo Aranci, nella zona attraversata dal rogo, gli esperti della forestale stanno effettuando sopralluogo per rilevare eventuali tracce di desertificazione.

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