La Nuova Sardegna

Olbia

Sbarco dei migranti tra diritti umani e questioni giuridiche

di Tiziana Simula
Sbarco dei migranti tra diritti umani e questioni giuridiche

Il caso SeaWatch al centro dell’incontro della Camera penale Il difensore di Carola Rackete: solo il 10% a bordo delle Ong

01 novembre 2019
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OLBIA. Forzò il blocco italiano ed entrò nel porto di Lampedusa dopo aver atteso per 17 giorni in mare senza ricevere una risposta con un carico di umanità a bordo della nave. «Non è stata una provocazione ma un’esigenza. Salvo vite umane non migranti, il Mediterraneo sta diventando un cimitero», aveva detto Carola Rackete, la comandante tedesca della Ong SeaWatch durante l’audizione all’Europarlamento. Per il suo gesto era stata arrestata (è accusata di resistenza a nave da guerra). Ma il gip di Agrigento non aveva convalidato l’arresto ritenendo, così come sostenuto dalla difesa della capitana, che si fosse di fronte all’adempimento di un dovere, cioè quello di salvare vite umane in mare. Così come impone la legge del mare.

Il caso della SeaWatch – la vicenda giudiziaria di Carola Rackete è ancora aperta: la Procura di Agrigento ha presentato ricorso in Cassazione contro la mancata convalida dell’arresto – è stato lo spunto per una riflessione più ampia su un tema di grande attualità: quello dell’immigrazione e del ruolo delle Ong, analizzato sul fronte dei diritti umani e su quello penale. Due fronti drammaticamente inconciliabili. Che il titolo del convegno “Il ruolo delle Ong fra Antigone e Creonte”, bene sintetizza. A proporre l’analisi ad una platea composta soprattutto da avvocati, la Camera penale della Gallura presieduta dall’avvocato Giovanni Azzena, in collaborazione con l’avvocato Paola Puddu, e l’intervento di due specialisti del settore: l’avvocato del Foro di Bologna Alessandro Gamberini, difensore della Ong Sea Watch e di Carola Rackete, e Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica e magistrato del tribunale di Sorveglianza a Sassari.

Partendo dal caso della SeaWatch, l’avvocato Gamberini ha parlato delle attività di soccorso in mare e dei problemi giuridici che si creano attorno a queste attività, cercando di chiarire «fino a che punto è possibile disobbedire all’ordine dell’autorità, e fino a che punto questa disobbedienza trova una forma di tutela nell’ordinamento».

Poi, l’accenno al ruolo delle Ong. «La questione dell’immigrazione viene identificata con le Organizzazioni non governative ma i numeri dicono altro: i migranti sbarcati in Italia attraverso il Mediterraneo con le Ong non sono più del 10%. Per il resto arrivano con i barchini, si avventurano in mare partendo dalla costa libica, spesso naufragando», ha aggiunto Gamberini. Il presidente di magistratura democratica ha sviluppato la riflessione su altri aspetti. «La criminalizzazione del soccorso in mare è un banco di prova del costituzionalismo», ha detto De Vito. Il magistrato si è soffermato sull’autonomia e indipendenza della magistratura e del suo essere “Antigone”, «avendo come riferimento non le leggi immortali, ma i principi saldi della Costituzione». Altri temi toccati, la solidarietà e il diritto penale e i pericoli del linguaggio giuridico. I lavori sono stati introdotti e moderati dall’avvocato Giovanni Azzena.

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