La Nuova Sardegna

il commento

Sì al riconoscimento dell'insularità: convergiamo sulle riforme

Gianfranco Ganau
Gianfranco Ganau
Gianfranco Ganau

Il dibattito aperto dall’editoriale del direttore della “Nuova” Antonio Di Rosa e proseguito con gli interventi di Christian Solinas e Roberto Frongia si arricchisce del contributo di Gianfranco Ganau, capogruppo Pd alla Regione ed ex sindaco di Sassari.

03 novembre 2019
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Intervengo nella discussione aperta dal direttore Antonio Di Rosa su classi dirigenti e sviluppo con l’editoriale “Se la Sardegna non è Milano” che affronta il tema dell'insularità e del suo riconoscimento come di un diritto paritario che finalmente trova ampia condivisione nella politica e nella società regionale. Credo sia utile ricordare, anche in questa sede, le ragioni della rivendicazione peraltro riconosciuta dai trattati europei (Amsterdam 1997 art. 158) che indicano la condizione di insularità come condizione di svantaggio permanente per la maggior esposizione a fenomeni migratori, spopolamento, difficoltà dei trasporti, approvvigionamento energetico, fragilità della produzione agricola, della pesca, mancata differenziazione dell'economia che necessita di discipline speciali e politiche mirate che non configurano un trattamento privilegiato ma l'applicazione di un criterio di uguaglianza.

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La Sardegna è l'isola europea più isolata rispetto al continente, con un mercato interno ridotto (1.600.000 abitanti) è disperso (68 abitanti per chilometro quadrato). Non gode di una vera continuità territoriale sia aerea che marittima e gli interventi per garantirla si scontrano con il concetto di "aiuti di stato" che di fatto né impediscono la realizzazione. È calcolato che il costo aggiuntivo complessivo per il solo trasporto marittimo è pari a 660 milioni di euro all’anno. È esclusa dalle grandi reti infrastrutturali nazionali ed europee. È l'unica regione priva di autostrade ed esclusa dalle risorse per i piani Autostrade nazionali. Non ha collegamenti ferroviari di alta velocità. L'indice infrastrutturale - fatto pari a 100 la media nazionale - è uguale a 50. Indice che scende al 43,9 per la sola rete stradale e all'imbarazzante 17,4 se consideriamo solo la rete ferroviaria. Con la conseguenza che il 75% dei trasporti merci e passeggeri si svolge su gomma e su una struttura viaria fortemente inadeguata. Siamo l'unica regione italiana priva di energia a basso costo con grave penalizzazione dei cittadini, delle famiglie e sopratutto delle imprese. Si è calcolato che sostituendo una quota pari al 20% delle vendite finali di derivati del petrolio con metano, si otterrebbe un risparmio complessivo di 432 milioni all’anno, oltre ad un evidente miglioramento delle emissioni climalteranti.

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È evidente che queste condizioni giustificano la situazione di arretratezza della nostra regione in termini di economia, sviluppo, opportunità di lavoro e studio rispetto al resto del paese. In assenza di specifici strumenti solidaristici i divari sono destinati ad accrescersi come testimoniano i tassi di disoccupazione e le percentuali di istruzione universitaria che risulta pari a poco più della metà della media europea (12,5% vs 22,4%). Si è calcolato che l’essere isola comporti un costo maggiore di 2,5 miliardi di euro all’anno. Pari ad una intera finanziaria regionale ogni 3 anni. Per tutti questi motivi la battaglia per il riconoscimento dell'insularità come condizione di svantaggio permanente è una battaglia fondamentale per l'isola. E ribadisco che sbaglia chi ancora minimizza il significato della battaglia per il riconoscimento in Costituzione del principio d’insularità: è un battaglia identitaria che deve diventare una battaglia di popolo e che oggi convince la stragrande maggioranza dei sardi. Solo con una larga condivisione sarà possibile ottenere che l’attuale proposta di legge popolare si muova dalla scrivania del presidente della commissione affari istituzionali del senato per iniziare l’iter parlamentare.

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Mi fa piacere che il presidente Solinas, intervenuto nella discussione, utilizzi il tema della ampia condivisione sul tema dell’insularità per fare una interessante apertura per un rilancio delle istituzioni in un clima di rispetto e riconoscimento reciproco che porti ad una ampia collaborazione per la definizione di riforme strutturali condivise e durature, superando la logica della “controriforma” a tutti i costi per differenziarsi da chi ha governato in precedenza. Su temi di vitale importanza per l’isola, come la trattativa sulla vertenza entrate, abbiamo proposto un percorso di ampio coinvolgimento di tutti i rappresentanti politici e sociali, in grado di costituire un fronte comune capace di far valere le ragioni delle nostre giuste rivendicazioni. Purtroppo una risoluzione della III commissione non ha trovato ad oggi spazio nel confronto consiliare. Così come su temi importanti come quello della Sanità dove sarebbe utile studiare i necessari interventi migliorativi e non stravolgere una riforma, in gran parte inattuata, non abbiamo registrato ad oggi alcuna forma di coinvolgimento. Prendiamo atto della dichiarata volontà di apertura di una nuova fase e restiamo in attesa di segnali che consentano di affrontare temi decisivi per il futuro della nostra isola che riguardano anche la continuità territoriale, l’energia e ambiente, l’urbanistica e assetto del territorio, l’ istruzione, e la riforma della regione ed enti locali. Solo con un ampio confronto che tenga conto di quanto fatto in precedenza e coinvolga in modo ampio, oltre che le forze politiche, quelle sociali e tutta la società sarda, ed una reale volontà di sintesi delle diverse posizioni, sarà possibile individuare percorsi condivisi che siano in grado di rappresentare quell’ampio schieramento oggi raccolto sulla proposta di riconoscimento della condizione di insularità, unica strada per vedere riconosciuti diritti negati e fare riforme durature, perché condivise.

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