La Nuova Sardegna

Oristano

Alla Malvasia 2005 di Columbu l’ennesimo riconoscimento

di Alessandro Farina

Bosa, nuovo lusinghiero giudizio delle Guide Espresso sul prodotto “Riserva” della storica azienda “Uno dei primi 10 vini in Italia”, ma soprattutto formidabile ambasciatore della Planargia nel mondo

07 aprile 2013
3 MINUTI DI LETTURA





BOSA. È da dieci e lode, ma soprattutto tra i primi dieci in Italia, il Malvasia di Bosa Riserva 2005 della vitivinicola Giovanni Battista Columbu. Il pregiato vino prodotto nelle valli di Planargia spicca ancora una volta nelle Guide Espresso curate da Enzo Vizzari, e si guadagna un posto di tutto rispetto nel servizio pubblicato in questi giorni.

«Ci fa enormemente piacere essere ambasciatori dei nostri luoghi nella più importante vetrina enologica mondiale (Il Vinitaly, ndc) a fronte di una scelta aziendale (ma che è anche di vita) in armonia col posto in cui viviamo. Che insieme ad altri “resistenti” continueremo ad amare e presidiare» commenta Gianmichele Columbu. Che insieme alla famiglia perpetua il lavoro del padre Giovanni Battista, fondatore e vero padre dell’azienda, e che da qualche anno guida l’associazione La strada della Malvasia.

“...Il Malvasia di Bosa Riserva di Giovanni Battista Columbu vendemmia 2005 ha confermato la prodigiosa originalità, l’unicità, di questo raro bianco dolce-non dolce che sfugge ad ogni classificazione tradizionale…”. «Con queste parole il curatore delle Guide Espresso Enzo Vizzari, nel numero in edicola questa settimana, presenta la nostra malvasia tra i dieci vini italiani scelti come degni alfieri del “vigneto Italia” nel mondo, nello special dedicato al Vinitaly» spiega Gianmichele Columbu.

Con una soddisfazione condivisa con gli altri colleghi, ambasciatori della Planargia. Non prima di sottolineare che «Questo conferma che i vini come il nostro, seppur con limiti di produzione, possono diventare dei piccoli capolavori di qualità, identità e originalità come confermano i sondaggi realizzati da Veronafiera per il Vinitaly».

La fase pionieristica nella promozione del Malvasia è insomma alle spalle, mentre si profila con sempre maggiore decisione la necessità di valorizzare questo prodotto della terra legato inscindibilmente al territorio.

«Nel nostro caso pluridecennale, è stata una vera e propria “resistenza”, servita però a convincerci sempre di più che l’identità di un vino passa per il suo territorio e la sua storia e viceversa. Va bene la globalizzazione in termini comunicativi, ma senza cedere all’omologazione del gusto perdendo così l’occasione di produrre un vino autentico, che nel bicchiere racconti se stesso e le sue genti», sottolinea Gianmichele Columbu.

Su una tipologia produttiva che, in sintesi, sfugge alle logiche dei grandi numeri, ma che «Il mercato premia con sempre maggior frequenza». Perché «La Malvasia di Bosa rappresenta un vino monovarietale che esprime appieno il concetto di terroir, permettendo di lavorare nella più stretta tradizione come nell’innovazione, quando questa rimane però nel solco dei caratteri identitari del territorio», sono le perentorie definizioni.

Ma oltre l’aspetto enologico per la Malvasia c’è di più: «Ci riconosciamo nella pattuglia di cocciuti contadini che da sempre, con i pochi mezzi a disposizione, imparando anche dai propri errori, producono, difendono e credono al vino Malvasia di Bosa, restituendogli la meritata dignità, prestigio e visibilità». Senza dimenticare «Gli oscuri periodi di oblio e di scelte sbagliate, in barba a mode e modelli estranei, inevitabilmente destinati all’insuccesso».

Un pensiero condiviso, a leggere la lettera dei giorni scorsi inviata agli amministratori locali per fare chiarezza dopo le polemiche seguite alla Bitas, condiviso dalle aziende aderenti alla Strada della Malvasia.

In Primo Piano

Video

25 Aprile, a Cagliari un corteo di 20mila persone sfila per le vie della città

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative