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In piazza non si gioca a pallone, lo vieta un’ordinanza

In piazza non si gioca a pallone, lo vieta un’ordinanza

ABBASANTA. D’ora in poi dribbling, assist e marcature costeranno cari ai patiti del calcio. A chi scenderà in campo saranno comminate multe dai 25 ai 500 euro, ma solo se le partitelle saranno...

19 agosto 2013
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ABBASANTA. D’ora in poi dribbling, assist e marcature costeranno cari ai patiti del calcio. A chi scenderà in campo saranno comminate multe dai 25 ai 500 euro, ma solo se le partitelle saranno disputate nello slargo prospiciente la parrocchia di Santa Caterina, in piazza della Vittoria e nelle vie limitrofe, dove da alcuni giorni vige il divieto di giocare a pallone o di cimentarsi in altri sport “rumorosi”. Il provvedimento è scattato in seguito alle lamentele di residenti e passanti, condizionati dalle traiettorie del pallone e stanchi degli schiamazzi dei ragazzi che sceglievano il centro storico per svagarsi un po’. Alcuni abitanti del quartiere da tempo si lamentavano del fastidio provocato dal rumore incessante della palla che rimbalzava contro i muri delle abitazioni o di edifici pubblici, e dal vociare classico che accompagna qualunque disputa sportiva. Per riportare la quiete nel quartiere e ridare tranquillità alle persone anziane che vivono nella zona o che l’hanno scelta come punto di ritrovo, il sindaco ha emanato un’ordinanza che vieta l’ attività sportiva. Il disturbo della quiete pubblica non è però l’unica ragione che giustifica il provvedimento. «Determinate condotte costituiscono pregiudizio per i diritti fondamentali altrui, condizionano in modo negativo la fruizione degli spazi comuni e il decoro del paese» scrive il sindaco Stefano Sanna, che fa esplicito riferimento a «Comportamenti che possono arrecare danno ai beni pubblici o privati e molestare i passanti e le persone che sostano in detti spazi». Per l’amministrazione, che evidentemente non teme di diventare impopolare agli occhi delle giovani leve, le restrizioni non pregiudicheranno il diritto dei ragazzi di svagarsi tirando calci al pallone dal momento che «La comunità dispone di spazi appropriati deputati alla pratica sportiva».

Maria Antonietta Cossu

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